Il nostro inverno dipende dal vulcano islandese

715
Tempo di lettura: 2 minuti

Il biossido di zolfo, emesso in grande quantità, una volta che si deposita nella stratosfera, riflette i raggi del Sole. Finora emmesse intorno alle 60mila tonnellate ogni 24 ore. Se questa tendenza continuerà ancora per qualche settimana allora assisteremo a profonde variazioni climatiche non solo in Islanda, ma in tutta l’Europa del nord e successivamente anche nel bacino del Mediterraneo

È un fatto ormai assodato che gran parte dei vulcani terrestri inattivi da decenni e da secoli si stiano risvegliando. Dal Giappone alle Hawaii fino all’Islanda. Ed è proprio il vulcano islandese Barbarbunga che più di tutti gli altri preoccupa i meteorologi del pianeta.
L’eruzione di questo imponente vulcano non accenna a diminuire, anzi per i vulcanologi è solo l’inizio, si teme che durerà mesi se non qualche anno. È questa per l’Islanda la più seria e imponente eruzione da oltre 200 anni. Ed è questa anche la preoccupazione degli scienziati. Si sa infatti che i vulcani nelle loro eruzioni oltre ad altri gas emettono moltissima anidride solforosa o biossido di zolfo (SO2). Questo elemento ha la caratteristica, una volta che si deposita nella stratosfera, di riflettere i raggi del Sole, come si può vedere dall’illustrazione del prof Giovanni Macedonio, e quindi ridurre gli effetti benefici del sole soprattutto sulle terre dell’emisfero più settentrionale.

Nel 1783 e per ben 6 anni consecutivi a causa di una prolungata ed imponente eruzione del vulcano, sempre islandese, Katla, si ebbero gli inverni più rigidi del secolo dove la neve cadde abbondante anche in tutt’Italia e dove nella Valle Padana ci fu una nevicata record che raggiunse i 2 metri d’altezza. In Inghilterra il Tamigi si ghiacciò e tale rimase per svariati mesi. In quei lunghi anni di freddo l’agricoltura ne risentì in maniera drammatica e soprattutto in Irlanda i morti per carestia alimentare furono migliaia, da lì l’inizio del grande esodo degli irlandesi verso gli Stati Uniti d’America.
Ora questo rischio torna prepotente anche nei nostri giorni e se le previsioni dei vulcanologi islandesi è quella di un’eruzione senza fine, allora potrebbero essere guai per tutta l’Europa e già quest’inverno potrebbe essere come quello del 1783/84. Attualmente dal cratere fuoriescono quantità impressionanti di SO2, si calcola intorno alle 60mila tonnellate ogni 24 ore. Se questa tendenza continuerà ancora per qualche settimana allora assisteremo a profonde variazioni climatiche non solo in Islanda, ma in tutta l’Europa del nord e successivamente anche nel bacino del Mediterraneo. Si spera quindi che le previsioni degli scienziati islandesi siano sbagliate.