Quattro satelliti studieranno la riconnessione nella magnetosfera

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La missione fornirà la prima vista tridimensionale della riconnessione che avviene nella magnetosfera terrestre. È un fenomeno che si verifica quando i campi magnetici si connettono, si sconnettono e riconfigurano in modo esplosivo, rilasciando scoppi di energia che possono raggiungere l’ordine dei miliardi di megatoni di tritolo, sparando particelle nello spazio a velocità vicine a quelle della luce

Un «grappolo» di quattro satelliti si trova da ieri nello spazio con il compito di svelare in dettaglio l’interazione fra il vento solare e la nostra magnetosfera.
Li ha lanciati ieri dallo spazioporto di Cape Canaveral, in Florida, un razzo vettore Atlas 5 della United Launch Alliance, pesante al distacco dalla rampa 430 tonnellate. Sono i quattro satelliti, tutti uguali, della missione MMS (Magnetospheric Multi Scale), che l’ultimo stadio «Centaur» del razzo vettore americano, con il potente motore RL-10, ha inserito su un’orbita fortemente ellittica.
MMS è la quarta missione del Solar Terrestrial Probes Program della Nasa, e i quattro satelliti «gemelli» sono stati realizzati dal centro Goddard Space Flight dell’ente spaziale statunitense, dopo dieci anni di sviluppo del progetto.
Tutte le operazioni si svolte con regolarità, e ora i satelliti sono pronti alla loro missione operativa: studiare un fenomeno chiamato riconnessione magnetica, che i ricercatori pensano sia il catalizzatore di alcune delle più potenti esplosioni nel nostro Sistema Solare.
Vediamo brevemente come si sono svolte le operazioni di lancio e immissione dei satelliti in orbita. Nel corso del lancio, spettacolare che ha illuminato il cielo notturno, Atlas con i suoi due booster a propellente solido ha immesso il gruppo di satelliti MMS su un’orbita preliminare di 167 x 591 chilometri, con inclinazione 28,72 gradi sull’equatore.
Dopo un’ora di volo per inerzia, lo stadio superiore Centaur è stato acceso nuovamente per quasi 5 minuti, collocando così il gruppetto di satelliti MMS su un’orbita di 2.550 x 70.080 chilometri.
A questo punto ognuno dei quattro satelliti MMS è stato rilasciato in sequenza dallo stadio superiore Centaur a intervalli di cinque minuti. Ogni satellite è costituito da una piattaforma ottagonale con diametro di 3,5 metri e altezza di 1,2 metri per un peso al lancio di 1.360 chilogrammi.
Nel corso delle prossime settimane, gli scienziati ed ingegneri della Nasa comanderanno il dispiegamento dei tralicci e delle antenne dei veicoli spaziali: verranno dispiegate 8 aste che fuorusciranno da ognuno dei satelliti. Si tratta di due aste radiali lunghe 5 metri che all’estremità ospiteranno dei magnetometri, più altre due aste rigide lunghe 15 metri che verranno estese in senso assiale e che saranno equipaggiate con sensori di campo elettrico e 4 filamenti radiali lunghi 60 metri anch’essi dotati di sensori per il rilevamento dei campi elettrici.
La strumentazione delle navicelle include anche analizzatori di plasma e rivelatori di particelle energetiche per un totale di 25 sensori ospitati in 11 strumenti scientifici.
I satelliti si collocheranno in posizione a tetraedro, in preparazione alle osservazioni scientifiche che inizieranno ai primi di settembre.
La missione fornirà la prima vista tridimensionale della riconnessione che avviene nella magnetosfera terrestre. È un fenomeno che si verifica quando i campi magnetici si connettono, si sconnettono e riconfigurano in modo esplosivo, rilasciando scoppi di energia che possono raggiungere l’ordine dei miliardi di megatoni di tritolo, sparando particelle nello spazio a velocità vicine a quelle della luce.
Gli scienziati sperano, non solo di poter comprendere meglio i meccanismi della riconnessione magnetica, ma anche di poter comprendere meglio questi eventi violenti, che possono interrompere i sistemi tecnologici come le reti di comunicazione, la navigazione GPS e le linee elettriche. Studiando la riconnessione localmente, i quattro satelliti MMS potranno permettere agli scienziati di studiarla in ogni luogo, come nell’atmosfera del Sole e delle altre stelle, nei pressi dei buchi neri e delle stelle di neutroni e ai confini fra l’eliosfera del nostro Sistema Solare e lo spazio interstellare.