Il problema

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La Scuola, in Italia, attraverso le riforme necessarie dettate dall’evoluzione scientifica deve collocarsi nella prospettiva di questo principio. Il problema sorge quando la fisionomia governativa assume connotazioni particolari proprie delle maggioranze parlamentari che la esprimono. Già la salvaguardia del principio enunciato è un assunto politico; ma sono le politiche contingenti proprie delle maggioranze che, allineate sul proprio programma, spesso designano percorsi o alimentano strutturazioni che rispondono non al principio costituzionale ma al disegno partitico di riferimento. E così il diritto affermato si declina secondo particolarità dettate dall’utilità e dalla ricerca del consenso.

Dobbiamo riconoscere che la fisionomia del sistema scolastico italiano si è trasformata da modello gentileniano in modello democratico attraverso l’azione dei partiti e delle parti sociali, con incidenza forte della sinistra a favore del modello di massa contro il conservatorismo e il rimpianto romantico della scuola elitaria.
Il passo dalla struttura ai contenuti disciplinari è corto; la sclerosi strutturale ha provocato vuoti legislativi e degenerazioni per cui spesso, nella storia del sistema italiano, il sindacato attraverso i contratti nazionali ha supplito alle mancanze legislative e dopo i governi hanno disconosciuto le rivendicazioni degli operatori della conoscenza provocando il conflitto e le contrapposizioni. Ne è uscita sacrificata l’oggettività della scienza formativa, depauperata dalla morsa risoluta del sistema.
Le politiche, quindi, dovranno cedere il passo alla politica ampia della formazione, fondata non sulla fisionomia dei partiti ma sulle scienze della formazione, dell’educazione e della didattica con cui si può uscire dalle ambiguità e rientrare nel diritto delle persone da formare.