Attribuiamo il termine di cammino ai progetti quando applichiamo al loro corso il termine corrispondente latino di iter. La progettazione si sviluppa attraverso fasi che cadenzano un cammino finalizzato e così la successione delle operazioni segue la strategia connessa. Tale cammino deriverebbe dalla visione di ideali oppure da un’ideologia o dalla decisione di volere realizzare la politica e, in questo caso, il progetto ne è parte.
Le tattiche potrebbero essere sottaciute ma le azioni eseguite le riveleranno e sveleranno anche le motivazioni che stanno alla loro origine. Operare secondo un progetto o, prima, lavorare al suo impianto costituisce un affascinante impegno di osservazione e di ricerca che non può mancare a quanti si cimentano nel grande campo dell’educazione e della formazione umana e culturale. Un esempio: i centri di accoglienza e di recupero contro le dipendenze, senza progetto vitale per i singoli utenti, resterebbero distributori di molecole chimiche e grandi assenti nel cambiamento esistenziale. In questi casi abbiamo notato come i momenti di studio e di ricerca necessari per offrire agli utenti l’aiuto di senso sono spesso insufficienti: urge il progetto!
C’è un altro modello di cammino generalizzato che va oltre i confini geografici e le appartenenze etniche; è quello della civiltà. Questa sembra astratta perché trascende le localizzazioni e le patrie. Le conquiste, le scoperte, le invenzioni appartengono al genere umano seppure attribuite ad un genio innovatore. La stampa come la ruota o la radiofonia, il fuoco come la leva o la scissione dell’atomo sono passi di tutti gli uomini e il cammino conseguente è il cammino di tutti, quello che viene chiamato progresso della civiltà.
La capacità del ricordo e la possibilità di confrontare e collegare effetti a cause costituiscono il cammino della storia. La si visita solitamente come sequenza degli avvenimenti e delle trasformazioni ma sarebbe meglio che la si ripercorresse procedendo dagli effetti alle cause attraverso il processo di derivazioni a parte post: la storia a ritroso.
Il suo studio, nell’insegnamento, l’abbiamo intrapreso «a ritroso» iniziando dalle ultime pagine del libro di testo, analizzando i fatti più recenti alla ricerca delle loro cause.
La ricerca, intesa come istorìa, è la storia che amiamo conoscere e che diventa magistra vitæ perché chiarisce il senso dei nessi, le concatenazioni causali, la capacità previsionale degli effetti futuri alla luce dell’esistente. Il cammino della storia è itinerario nel passato ma anche processo verso il futuro che poi è il nostro presente di studio. Ad esempio, per realizzare l’analisi dei nessi nell’osservazione delle rivoluzioni ci illuminano le conseguenze sociali che sono a noi più prossime e che scopriamo derivanti da premesse socio-politiche o dalle condizioni che si sono ripetute nell’arco del tempo e da cui si sono disposti gli uomini al sovvertimento dell’ordine costituito: azioni contro la tirannide o a favore delle dittature. I risorgimenti vari e le trasformazioni statuali sono macchine cingolate che fissano i nuovi parametri sociali la cui origine è il padre e la madre del parto degli avvenimenti a venire. Il 1848 è diventato, per l’Europa, l’anno-simbolo dei rivolgimenti di questo tipo; esso è comprensibile se lo leggiamo anche alla luce di tutti i nazionalismi che sono stati fondati e sono giunti fino a noi; ne tentiamo l’interpretazione mentre ancora fervono scontri in quest’Europa dell’est.
Nell’ambito della scienza il cammino è il crescendo delle conoscenze, frutto diretto dell’osservazione. Senza questa la teorizzazione sui fenomeni sarebbe prossima al fallimento. Diventa scienza la teoria che estende le dinamiche di un fenomeno ad altri eventi possibili e le applica ad altre situazioni similari. Si tratta di sequenze che si riversano sull’umanità e di cui essa ha sempre sete. L’allunaggio è stato frutto di una gara spietata tra due potenze leader nello spazio ma tutto l’uomo, nell’esplorazione dell’universo, stava col fiato sospeso in quella prima tappa oltre il nostro pianeta.
A seguito di quell’avvenimento tanti pubblicisti si domandarono se quei primi passi sulla superficie del nostro satellite avessero decretato la fine della simbologia romantica per i poeti, i sognatori amanti e gli artisti: la luna aveva esaurito la sua attrattiva sentimentale? Ma ciò non aveva niente a che vedere con la scienza!
Nelle sue varie branchie il progresso scientifico si slaccia dal legame con i ricercatori e si estende sino ai confini della terra anche se nella prassi pochi si accaparrano dei benefici economici e del profitto che ne deriva (vedi in medicina, nella tecnologia, ecc.).
Il cammino della filosofia è accidentato e di altro genere: somiglia ad una catena montuosa dalle cento cime e dalle cento valli o al prato fiorito di mille colori. Come ape cercatrice di nettare ti posi su ogni corolla e cerchi, ti nutri, conservi, porti all’arnia, consegni alla comunità ed altri da larve cammineranno verso la vita adulta. Studi le riflessioni e i procedimenti, alleni il pensiero e mediti le argomentazioni, non sosti con i remi in barca, attendi risposte alle domande di senso e al tuo tempo assegni il valore relativo mentre cerchi il ritmo della verità che si svela ed anch’essa appare relativa mentre ascendi la grande montagna.
I cercatori della verità non sono come quelli dell’oro che gareggiano nel collocarsi a monte dello scorrimento dell’acqua o in avamposto nella miniera che a sorpresa ti riserva di rintracciarne una pepita. L’ascesa appartiene a tutti, la verità è di tutti quando si ama la luce e si benedice la fatica dell’ascendere. Il godimento della rivelazione non è l’esclusiva dell’eremita, questi sa che con lui ogni uomo sale, ogni mente vede… nel salmodiare sommesso della sua cella laboriosa o nel deserto sterminato, sa di essere dalla solitudine o dalla clausura voce dell’umanità intera, antenna spinta a captare discorsi ultraterreni, per tutti gli uomini.
La storia della filosofia è il cammino di confronti: dubiti, affermi e disquisisci con altri il senso delle cose e del ragionamento. Ai due grandi interrogativi che cosa è la natura e poi che cosa è l’essere si sono aggiunti tutti gli altri quesiti, come che cosa è la ragione, qual è il senso, come e che cosa interpretare, il tempo, la felicità, il diritto e il dovere, il singolo e lo stato, l’etica e la libertà. È il cammino dei pensieri deboli e forti, tra accidentale ed essenziale, tra formale e materiale, circa l’opportuno e il disvalore. Il cammino singolo si articola in cammini plurimi, per oggetti univoci o analoghi, convergenti o divergenti. Il pensiero e i pensieri, tra chi spera e chi dispera, tra nichilismo e speranza, sono il viaggio tra nulla e Assoluto.
Quanti tipi di cammino! Ancora, quello della lingua. Parli le parole che ti sono state consegnate, strutturi discorsi secondo le regole che ti hanno assegnato: eppure viaggi nell’eloquio che confronti con altre parlate, progredisci nel linguaggio che non è più quello dei tuoi antenati. In Italia declini parole e coniughi verbi non nello stile di Cicerone o di Dante. Adotti sistemi sincopati perché il web ha poche pagine ma molti lettori. In un anno oggi la lingua si trasforma più di quanto sia avvenuto in un secolo e non è necessario essere dei «manzoni» per sciacquare nei fiumi di internet l’eloquio criptato ed essere intesi! Conosciamo i dintorni di questo cammino, sappiamo che è proteso al futuro ed ogni essere parlante è autore, grammatico e retore… e la lingua va!
Gli insegnanti a scuola hanno dinnanzi questa novità: già da piccoli i loro alunni leggono e scrivono con la grammatica tecnologica del web. Maestri ed insegnanti hanno un bel da fare per assegnare al sistema spontaneo la struttura grammaticale e, forse, si attendono ancora pagine protocollo stilate alla vecchia maniera, con traccia assegnata per lo svolgimento composto in linea, a metà colonna a favore delle inevitabili osservazioni e correzioni: la purezza della lingua! Quale e come? La lingua va! Forse su cellulari o su iPad sta crescendo un Esperanto delle nuove generazioni, sconosciuto a Ludwik Lejzer Zamenhof, un sistema comunicativo di linguaggio essenziale non strutturato.
Nella scuola gli alunni vivono la dicotomia tra il dire sincopato veloce della comunicazione in tempo reale e la struttura linguistica dei «compiti» che parlano più al dovere di fornire testi che al bisogno di comunicare pensieri, emozioni e sentimenti.
E poi, c’è il cammino dell’universo. La sua origine è nelle ipotesi. Conosci lo spazio via via e pianti un paletto dopo l’ultimo rilevamento della sonda, del satellite artificiale o della navicella, avamposto del tuo occhio scrutatore; cerchi l’acqua perché essa ha vita e la consente ad altri esseri. Non è un cammino certo. Si tracciano le distanze mentre sorge la domanda sul tempo. Da Galileo, scrutatore dello spazio nel sistema solare, assegniamo nomi a tutte le tappe della conoscenza ora che popoliamo di artifici le orbite terrestri e gli spazi intersiderali. Il cammino umano tra queste tappe è solo l’inizio della perlustrazione dell’indefinito, ricerca non delle pareti come confini ma di orbite delle quali si stilano leggi e si ridisegnano itinerari. Il km è davvero unità di misura terra-terra, ad esso gli astronomi sostituiscono le distanze siderali e le autostrade dello spazio si allargano e si moltiplicano mentre si popolano stazioni spaziali per l’esperimento e la dilatazione delle imprese. Il numero dei km difetta poiché la sequenza dei tanti zeri non offre un nome: si rapporta quell’estensione all’unità dell’«anno luce» perché il calcolo non si perda nell’ignoto. Quanto ci sia di civile e quanto di militare in questo cammino ce lo diranno i conflitti futuri.
Il cammino della pace. I trattati si intrecciano e si intersecano: le politiche si scontrano spesso con il pacifismo. Non di rado i cultori di questo giustificano gli interventi armati in nome della difesa di diritti o per la riappacificazione tra popoli, tribù, etnie.
I proclamatori della non-violenza credono che dalle azioni di guerra non possa sbocciare la pace: l’esemplificazione storica dà loro ragione; ma se c’è un Gandhi c’è anche un Napoleone. I conflitti sono ispirati da interessi, da urgenze per le quali le appropriazioni sono considerate vitali ed irrinunciabili. Le giustificazioni fanno parte delle diplomazie fino al punto che, oggi, gli interventi armati contrastano anche con le decisioni dell’Onu ma questo stesso organismo, fondato per il mantenimento della pace internazionale contro i pericoli di conflitti, procede con forze armate per difesa o interposizione oppure si ferma dinnanzi al veto del solito paese privilegiato.
Le epoche storiche, sui libri e nella didattica, sono scandite dai trattati di pace stipulati dopo conflitti sanguinosi ed anche lunghi. Ma dagli accordi ecco germinare le premesse degli scontri successivi, come è avvenuto tra il primo e il secondo conflitto mondiale o tra questo e l’oggi. Gli autori, frastornati, caratterizzano le epoche o gli evi tra un trattato di pace e quello successivo e Vico ci dice che i fenomeni si ripetono.
Quindi affermare che il cammino della pace è accidentato è un eufemismo. Dall’arcobaleno di Noè alle bandiere contemporanee della pace registriamo il succedersi di altri diluvi, compreso quello di bombe che scandiscono i rapporti tra gli uomini. Dopo la shoah credevamo che l’uomo non sarebbe giunto più a tanto orrore! Quanto è successo fino alle violenze in Africa, in Medio Oriente, in Oriente, nelle Americhe e in numerosissimi luoghi del terrorismo, ci convince che la pace, prima di essere un trattato, è un’educazione; la cosa è dimostrata anche dai tentativi del negazionismo che è figlio del ripudio e del razziamo. Se l’educazione è la soluzione, allora l’immagine del cammino lascia il posto al reale itinerario mentale secondo il quale la terra che occupi, l’aria che respiri, le risorse di cui godi sono patrimonio di tutti fino al punto che tu stesso non sei tuo. Il rapporto tra le politiche dei governi e la mentalità educata è il solo cammino che consentirebbe alla pace di essere durevole e diffusa.