Xylella fastidiosa vs nostra identità

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Sorveglianza e il rilevamento; l’identità, la biologia, epidemiologia e il controllo dei vettori; l’identificazione della gamma di ospiti, l’allevamento per la resistenza e la certificazione delle piante ospiti; e la biologia, la genetica e il controllo del patogeno questi i punti sui quali deve muoversi la ricerca

Si è riunita qualche giorno fa per la prima volta la Task Force della Regione Puglia sulla Xylella fastidiosa convocata e presieduta dal presidente Michele Emiliano, alla quale sono stati invitati a partecipare docenti universitari, studiosi, ricercatori ed esperti da tutta Italia.
La Regione Puglia per contrastare la diffusione del batterio ha investito sulla ricerca due milioni di euro. Il presidente Michele Emiliano ha spiegato: «Lo abbiamo detto e lo abbiamo fatto, mettere a disposizione somme ingenti per la ricerca è un atto politico di questa amministrazione che così realizza un preciso punto del programma di governo. Di fronte a un problema complesso come la Xylella per il quale non esiste ancora una cura, l’unica speranza è riposta negli scienziati, nelle loro intuizioni, nelle loro idee. Tutti i nostri auspici sono dentro questo percorso di ricerca».

Quello che si sta cercando di capire in Puglia è se l’estirpazione delle piante, così indispensabile come viene sostenuto dall’Unione europea (Ue), sia l’unica via per risolvere un problema così complesso.
Perché si cerca di trovare una soluzione alternativa a questi abbattimenti che hanno molti limiti sia dal punto di vista naturalistico sia e soprattutto dal punto di vista affettivo vista la grande importanze che l’ulivo ha in una terra, la Puglia, che è una delle regioni italiane in cui viene prodotta la maggiore quantità di olio.
Quello che risulta necessario è arginare l’espandersi della malattia e di fatto si sa solo che finché non si riesce a dimostrare scientificamente che espiantare gli alberi non è necessario si dovrà adempiere agli obblighi internazionali.

Un batterio quello della Xylella fastidiosa che ha radici lontane e importato in Italia a causa di errori dell’Ue nel disporre gli embarghi delle piante ornamentali provenienti dal sud America.
L’uso delle nanotecnologie e delle buone pratiche agricole potrebbero essere soluzioni meno invasive da porre alla base di strategie per curare le piante malate o comunque per ottenere da queste una reazione positiva.
Una Task Force pugliese che lavorerà in coordinamento con il gruppo di ricerca nazionale, con il governo e con tutti gli scienziati che ritengono di poter apportare idee per elaborare una strategia scientificamente valida che possa essere di aiuto per tutti.
E oltre all’impegno nostrano arrivano altre sovvenzioni fino a sette milioni di euro dall’Ue, soldi che serviranno ad avviare una ricerca volta ad aumentare la conoscenza del pericoloso parassita. Franck Berthe, capo dell’unità Salute degli animali e piante dell’Autorità europea per la sicurezza alimentare (Efsa), ha affermato di sperare che l’indagine potrebbe rappresentare il primo passo verso una maggiore condivisione e coordinamento della ricerca e dei dati sulla Xylella fastidiosa in tutta l’Ue e non solo.
Quello che è chiaro è che risulta necessario avviare nuove ricerche sul tema con una maggiore cooperazione globale nella lotta contro la Xylella.
Sorveglianza e il rilevamento; l’identità, la biologia, epidemiologia e il controllo dei vettori; l’identificazione della gamma di ospiti, l’allevamento per la resistenza e la certificazione delle piante ospiti; e la biologia, la genetica e il controllo del patogeno questi i punti sui quali deve muoversi la ricerca finanziata dal programma di finanziamento dell’Ue per la ricerca e l’innovazione che va fino al 2020 con un bilancio di circa 80 miliardi di euro.

Sempre in tema Xylella è interessante mostrare uno studio pubblicato sulla rivista «Scienze e ricerche» n. 17 del 15 novembre 2015 che riporta come titolo: Xylella fastidiosa: nelle pieghe della rappresentazione dell’emergenza, articolo scritto da Margherita Ciervo, professoressa del Dipartimento di Economia dell’Università degli Studi di Foggia.
Lo studio partendo dall’analisi paesaggistica del Salento, terra la cui geografia rischia di essere stravolta dalla modalità di gestione della cosiddetta «emergenza Xylella» va a studiare il batterio e il disseccamento degli ulivi procedendo ad analizzare i corti circuiti fra scienza, informazione e politica, passando dalle ombre sulla diffusione del batterio sino alla costruzione politica della «emergenza Xylella».
La Puglia, come la conosciamo noi, è terra di ulivi secolari che ne identificano il paesaggio, prima nella produzione nazionale di olio di oliva che sembrerebbe ora attaccata dal batterio denominato Xylella fstidiosa, identificato dal Cnr, Istituto di Virologia di Bari. Le misure adottate per fronteggiare l’emergenza prevedono l’abbattimento delle piante, l’utilizzo di ingenti quantità di fitofarmaci su larga scala e il divieto di reimpianto delle piante ospiti del batterio. Questo è quello che si sta manifestando ora in Puglia in applicazione del Piano messo a punto dal commissario straordinario Giuseppe Silletti.
Lo studio manifesta una seria di ombre e apparenti contraddizioni alla base della «emergenza Xylella», ombre che avrebbero spinto Margherita Ciervo ad esplorare i meandri di questa vicenda ed in particolare la frontiera fra realtà e rappresentazione per cercare di leggere ed interpretare il fenomeno in questione che, lungi dall’essere esclusivamente biologico, sembrerebbe anche, se non sostanzialmente, socio-politico.
Un argomento che richiede almeno due riflessioni l’una sulla rappresentazione dell’emergenza e l’altra sulla metodologia di gestione del problema.

Per quanto concerne il primo aspetto, si rileva una divergenza fra la rappresentazione del problema e la realtà nel suo complesso. L’uso di suggestive similitudini con patologie ed epidemie umane hanno alimentato l’immaginario collettivo della catastrofe imminente cercando probabilmente di produrre sul piano emotivo una giustificazioni alla proclamazione dell’emergenza e agli effetti devastanti sul territorio che hanno fatto registrare sino ad ora l’abbattimento di centinaia di migliaia di pante. Un territorio a cui l’essere umano è legato in maniera affettiva e verso il quale si assume un senso di protezione, di responsabilità nella condivisione delle scelte che sono certamente confuse se la percezione del problema è alterata.
In riferimento alla metodologia di gestione del problema Margherita Ciervo rileva una mancanza di chiarezza e coerenza nonché un approccio riduttivo e meccanicistico alla base delle decisioni assunte. In particolare le misure disposte dalla Regione Puglia e poi dal ministero dell’Agricoltura mirano ad eradicare la malattia attraverso l’abbattimento delle piante e l’utilizzo diffuso di fitofarmaci, metodi questi che al di là della necessità di evidenze scientifiche, della mancanza di esperienze di successo legate all’eradicazione, della inefficacia dell’uso dei pesticidi e la dannosità per l’ambiente, la salute animale e umana hanno un problema di approccio e di metodo che potrebbe essere esso stesso causa di ulteriori problematiche.
Le soluzioni proposte dal Piano Silletti mirano a fermare il problema andando a trattare gli ulivi come se fossero oggetti in un contenitore e il territorio come uno spazio banale e inerme che li contiene e sul quale è possibile intervenire per rimuovere ciò che è indesiderato; e sono queste soluzioni che essendo semplificatorie non considerano le reazioni che legano gli ulivi all’ambiente fisico ed antropico nel quale queste piante per secoli hanno vissuto potendo danneggiare gravemente l’equilibrio ecosistemico e territoriale, l’economia locale e la società.
Un approccio sistemico considerando le relazioni coinvolgenti le matrici vitali, il mondo animale e vegetale, le comunità umane, la loro organizzazione territoriale e l’economia locale risulta una risposta al problema, che di contro si è scelto di affrontare andando a dichiarare lo stato di emergenza fitosanitaria straordinaria con la nomina del Commissario delegato e questo in una terra già fortemente turbata dai disastri ambientali, dalle deturpazioni paesaggistiche e vista la valenza identitaria degli ulivi.
Un argomento discusso e per il quale si sta cercando di trovare soluzioni scientifiche nell’affrontarlo e questo quando il Tar del Lazio ha concesso la sospensiva del Piano del commissario straordinario Giuseppe Silletti nella parte in cui dispone l’eradicazione degli ulivi che si trovano nel raggio dei 100 metri rispetto a quelli infetti dal batterio. Una situazione in divenire dove l’unica cosa che di cuore ci si auspica è che ci sia una soluzione per non eradicare la nostra identità.

 

Elsa Sciancalepore