E dopo 30 anni si muore ancora…

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Chernobyl
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Il primo incidente nucleare, le cui conseguenze interessarono tutto il Continente europeo e non solo, ad essere stato classificato come livello 7, il massimo livello della International Nuclear Event Scale (Ines), il secondo e ultimo caso classificato come livello 7 avverrà a quasi trent’anni di distanza e sarà quello della centrale nucleare di Fukushima in Giappone, che vede però la situazione in Bielorussia, Russia e Ucraina ancora gravissima

Sono passati 30 anni da quel 26 aprile del 1986 data dell’incidente nucleare più grave di tutti i tempi, l’incidente nucleare di Chernobyl, cittadina in Ucraina, allora territorio dell’Unione Sovietica.
Sono passati 30 anni da quando il reattore numero quattro della centrale nucleare di Chernobyl esplose con la liberazione di vapore surriscaldato ad altissima pressione che sparò in aria, in un primo momento, il pesante disco di copertura che chiudeva il cilindro ermetico contenente il nocciolo del reattore e, successivamente, causò il violento incendio della grafite contenuta nel nocciolo, incendio che in alcune ore disperse nell’atmosfera una enorme quantità di isotopi radioattivi.
Il primo incidente nucleare, le cui conseguenze interessarono tutto il Continente europeo e non solo, ad essere stato classificato come livello 7, il massimo livello della International nuclear event scale (Ines), il secondo e ultimo caso classificato come livello 7 avverrà a quasi 30 anni di distanza e sarà quello della centrale nucleare di Fukushima in Giappone, che vede però la situazione in Bielorussia, Russia e Ucraina ancora gravissima.
Ancora 3 milioni di persone vivono in zone dove i livelli di contaminazione continuano ad essere elevati soprattutto nelle derrate alimentari, con altissimo tasso di tumori e leucemie soprattutto nei bambini, che sono i soggetti più vulnerabili.
Solo in Bielorussia sono oggi 1.141.000 le persone, di cui 217.000 bambini, che vivono nelle zone contaminate, dove si registra un aumento del carcinoma capillifero della tiroide, di un precoce sviluppo di cataratta e di leucemie.
Stefano Ciafani, direttore generale di Legambiente, afferma: «Anche se sono passati 30 anni dall’incidente del 26 aprile 1986 la situazione continua ad essere grave e le persone, soprattutto i bambini, continuano ad ammalarsi. L’incidente di Chernobyl dimostra non solo l’assurdità della scelta nucleare ma anche l’impossibilità di gestire e controllare le conseguenze di un tale incidente. Chiediamo alla Commissione europea e alla Comunità internazionale di intervenire per mettere subito in sicurezza il reattore che ancora contiene 180 tonnellate di combustibile».
Sono trascorsi 30 anni dall’incidente nucleare più grave di tutti i tempi ma sulla messa in sicurezza della vecchia centrale continuano ad esserci ritardi importanti.
Si registrano 1.000 metri quadrati di crepe nel vecchio sarcofago che protegge il reattore quattro e il nuovo sarcofago chiamato «The Arch», alto 110 metri, lungo 164 e largo 257, realizzato con 29mila tonnellate di strutture metalliche avente una durata di vita stimata in 100 anni, che doveva essere completato quest’anno vede la chiusura lavori rimandata a novembre 2017.
La vita delle persone che abitano la zona contaminata è fatta di scelte per limitare al minimo l’esposizione alle radiazioni eppure sembrerebbe che i potenti del mondo abbiano dimenticato questa grande tragedia rilanciando l’energia nucleare e citandola come energia pulita e sicura.
Anche a pochi passi da Chernobyl, nel nord della Bielorussia a soli 55 km dal confine con la Lituania, si sta investendo nella costruzione della nuova centrale nucleare di Ostrovets.
Occuparsi, in primis, delle popolazioni colpite dal disastro partendo proprio dai bambini, che sono i soggetti più vulnerabili e che ancora, a distanza di 30 anni, continuano ad ammalarsi e a morire e liberare i nostri territori dalle centrali nucleari, energia vulnerabile e pericolosa investendo, di contro, nelle energie verdi, vero futuro sostenibile per il pianeta Terra.. questo quello che la società civile chiede a gran voce.