Un’Italia senza progetti, ora brucia ora affoga…

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L’incendio nell’Oasi Wwf Astroni
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Questi incendi non sono una novità. Sono la regola di ogni estate. Così come è la regola che molti di noi ne scrivano ogni anno per lamentare lo scempio del patrimonio naturale e per ricordare che se si provvedesse con opere di manutenzione del territorio i danni potrebbero essere in grandissima quantità prevenuti. Il disastro annunciato dello «smontaggio» dei Parchi e della Forestale

– Wwf: Brucia ancora il cuore selvaggio di Napoli

«Nello spettacolo drammatico del fuoco che divora migliaia di ettari di bosco nel cuore del Parco Nazionale del Vesuvio a vantaggio degli abusivi o del Parco regionale dei Nebrodi da tempo nel mirino della mafia, si rispecchia un autentico “smontaggio” dello Stato, ad ogni livello».
Comincia così, sul «Fatto quotidiano» del 14 luglio 2017, un accorato articolo di Vittorio Emiliani (L’Italia brucia e il governo smonta i Parchi) nel quale manifesta anche il disappunto per i contenuti della legge di revisione della 394 del 1991 che il Parlamento si avvia ad approvare malgrado anche la contrarietà di tutte o quasi le Associazioni ambientaliste.
Intanto l’Italia brucia. E brucia soprattutto nel Mezzogiorno e nelle aree protette da Parchi nazionali e regionali.
Questi incendi non sono una novità. Sono la regola di ogni estate. Così come è la regola che molti di noi ne scrivano ogni anno per lamentare lo scempio del patrimonio naturale e per ricordare che se si provvedesse con opere di manutenzione del territorio i danni potrebbero essere in grandissima quantità prevenuti.
È il solito discorso sulla importanza della prevenzione che, personalmente, faccio dal 1995. Da quando, cioè, nominato presidente del neocostituito Parco Nazionale del Vesuvio e preoccupatomi del noto rischio di incendi che la montagna correva, fui avvertito dai rappresentanti del benemerito Corpo Forestale dello Stato (tanto benemerito da essere stato abolito e fatto confluire nella «benemerita» arma dei Carabinieri); fui avvertito, dicevo, che «gli incendi non si spengono, ma si prevengono». E si prevengono con azioni di avvistamento e di pulizia del sottobosco. Cioè con il presidio del territorio. Il quale se non presidiato, specialmente lungo il già di per sé fragile Appennino, quando qualcuno decide di appiccarvi il fuoco, brucia, si indebolisce ulteriormente lungo i fianchi di montagne e colline, e ai danni del fuoco aggiunge quelli dell’acqua e delle possibili frane e smottamenti.
Tutto questo si sa. Tutto questo accade anno dopo anno. E ancora oggi, dopo la devastazione del Vesuvio, di stupende aree dei Monti Lattari, dei Nebrodi, della riserva dello Zingaro, tutte opportunamente messe sotto tutela da leggi dello Stato e delle Regioni; ancora oggi il fuoco, appiccato da delinquenti variamente identificabili nelle motivazioni, ne distrugge centinaia di ettari.
Che fare? È presto detto: il ministro dell’Ambiente e il Presidente della Regione Campania dopo avere condannato l’atto criminoso e auspicato l’arresto dei colpevoli, hanno invocato e ottenuto la presenza dell’esercito in aggiunta ai Vigili del Fuoco e alle tonnellate di acqua (marina, cioè salata) scaricate da Canadair ed elicotteri.
Non ci siamo proprio. Tanto più se si osserva che il «combinato» di Ministro e Governatore della Campania è datato 13 luglio. Quando cioè la distruzione sul Vesuvio di 300 ettari di bosco e vegetazione era già avvenuta durante almeno una settimana di incendi quotidiani appiccati in più punti dell’area protetta.
Fortunatamente non vi sono stati morti e feriti, ma le vittime sono comunque in gran numero. E sono quanti soffrono la distruzione di una natura che dovrebbe mantenersi incontaminata, anche perché protetta da un Parco, e viene distrutta in tutte le sue caratteristiche vegetali e animali. E sono anche quanti, i turisti, sono stati bloccati nella ascesa al cratere del vulcano, e quanti da questo blocco hanno visto annullare i loro proventi economici.
A ciò si aggiunge la rabbia per l’impotenza. Ma, in realtà è anche un’impotenza figlia dell’insipienza. Perché disastri come questo e come del resto l’intera categoria dei disastri naturali, conoscendoli si possono prevenire. Col presidio del territorio di cui dicevo. Come e quando?
Come: dando lavoro a squadre di Lsu (Lavoratori socialmente utili) e di immigrati da varie parti della Terra che non chiedono di meglio che occupare il tempo con lavori di pubblica utilità.
Quando: da aprile ad ottobre per coprire il periodo di massima utilità per la prevenzione e per l’avvistamento degli incendi.
Si potrebbero definire, questi, «gli stagionali del fuoco».
Quindi, se il ministero dell’Ambiente vuole dare una mano a quelle che dovrebbero essere le sue creature più meritevoli di affetto e attenzione, eviti di «smontare i Parchi» come ha scritto Vittorio Emiliani e ne faccia oggetto di protezione con tutte le azioni e gli interventi capaci di prevenire qualunque male piuttosto che di curare il moribondo per farlo uscire dal coma.