I Contratti di fiume per difendere territori fragili

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Realacci: «I Contratti di fiume possono contribuire ad uno sviluppo che punta su qualità e innovazione che incrocia la bellezza dei territori, la loro cultura e la loro identità. Anche per i Contratti di fiume userei il baratto amministrativo, leve fiscali per sostenere chi si occupa di pubblica utilità»

Si è svolta nell’Aula dei gruppi Parlamentari della Camera dei Deputati di Roma la Prima Conferenza dell’Osservatorio nazionale dei Contratti di fiume (Cdf), istituito a novembre 2017 presso il ministero dell’Ambiente e della tutela del territorio e del mare (Mattm).

L’Osservatorio promosso e coordinato dal Mattm, di cui fanno parte l’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra), le Regioni, le Autorità di Bacino distrettuali ed esperti in materia di Cdf, è una struttura centrale di indirizzo e coordinamento, che risponde al fabbisogno di armonizzazione dell’attuazione dei Cdf (di costa, di lago, di falda, ecc.) su scala locale, regionale e nazionale.

Ma cosa sono i Cdf?

Il Cdf è un accordo tra soggetti che hanno responsabilità nella gestione e nell’uso delle acque, nella pianificazione del territorio e nella tutela dell’ambiente.

Si tratta di uno «strumento volontario di programmazione strategica e negoziata che persegue la tutela, la corretta gestione delle risorse idriche e la valorizzazione dei territori fluviali unitamente alla salvaguardia dal rischio idraulico e contribuendo allo sviluppo locale».

Inoltre, il Cdf è uno strumento che mira a raggiungere gli obiettivi delle Direttive europee sulle Acque (2000/60/CE) e sulle Alluvioni (2007/60/CE) supportando e promuovendo politiche e iniziative volte a consolidare comunità fluviali resilienti, riparando e mitigando, almeno in parte, le pressioni dovute a decenni di urbanizzazione sregolata.

Il primo Cdf italiano, il Cdf Olona-Bozzente-Lura fu sottoscritto nel 2004 e da subito si configurò come un’iniziativa nata dal basso coinvolgendo oltre le istituzioni anche i cittadini e le associazioni.

Ad oggi su scala nazionale si contano circa 250 Cdf in fieri, che riuniscono attori pubblici e privati interessati alla buona gestione del bene comune, e sono invece 11 i Cdf attivati di cui tre promossi dalla Regione Lombardia, Olona-Bozzente-Lura (2004) per l’appunto, Seveso (2006), Lambro (2012) e poi ancora il contratto interregionale del Mincio promosso dal Parco del Mincio.

Presenti alla conferenza anche i rappresentanti del Cdf del Tevere, dell’Ofanto, della Bassa Valle del Coghinas in Sardegna, dell’Ancinale per la Calabria, dell’Esino per le Marche, e poi ancora il Cdf Marecchia in Emilia Romagna e il Torrente Sangone per il Piemonte.

Ermete Realacci, presidente della Commissione ambiente alla Camera e presidente onorario di Legambiente, durante la conferenza ha ricordato che: «I Contratti di fiume possono contribuire ad uno sviluppo che punta su qualità e innovazione che incrocia la bellezza dei territori, la loro cultura e la loro identità. Anche per i Contratti di fiume userei il baratto amministrativo, leve fiscali per sostenere chi si occupa di pubblica utilità».

L’evento, organizzato in collaborazione con l’XI Tavolo nazionale dei Cdf, ha poi visto il conferimento del Premio Nazionale Cdf 2018 assegnato al Paper «Proposte di riqualificazione fluviale nel progetto di Sottobacino del Seveso», lavoro eseguito da Franco Raimondi, neolaureato magistrale in Scienze e Tecnologie per l’ambiente e il territorio con una tesi dal titolo «L’analisi delle criticità e proposta di indirizzi di riqualificazione fluviale nel tratto di Seveso all’interno del Parco Nord nell’ambito del Progetto Strategico di Sottobacino del torrente Seveso».

«Una eccellente tesi su un fiume noto e complesso, il Seveso, dove il Contratto di fiume come Progetto di Sottobacino assume un ruolo di coordinamento della pianificazione multiscala del territorio e dello spazio fluviale attraverso un approccio integrato e partecipato nella gestione della qualità delle risorse idriche e del rischio idraulico» questa è stata la motivazione che ha premiato la prima tesi realizzata sul Seveso e conseguita con il supporto del team tecnico dei Cdf di regione Lombardia.

Per proteggere i corsi d’acqua da situazioni di criticità quali inquinamento, crescente urbanizzazione e artificializzazione delle sponde che degradano inesorabilmente l’ambiente fluviale e condizionano la qualità delle acque. Per difendere territori fragili e vulnerabili agli eventi meteo estremi determinati dal cambiamento climatico, fiumi e territori fortemente modificati dall’uomo che hanno perso buona parte della loro naturale capacità di risposta alle pressioni, reazione ad impatti, resilienza.