Parte Aelous, satellite europeo per lo studio dei venti

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aelous Profiling the world s winds node
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Sono già in programma, dopo Aeolus, EarthCare (lancio nel 2019), che si concentrerà sugli aerosol in atmosfera; Biomass (2021), per lo studio delle foreste e Flex (2022), dedicata all’analisi del ciclo del carbone e della fotosintesi

Si scrive «Aeolus», ma si legge «Eolus», non a caso da «Eolo», il Dio dei venti della mitologia greca.

Ed è un po’ ironia della sorte, il fatto che il lancio sia stato rinviato di 24 ore (a questa sera, ore 23,20 in Italia), proprio per colpa dei venti in quota.

Venti che hanno fermato il lancio numero 12 del razzo italiano Vega. Un lanciatore per carichi medio-bassi, che sinora ha dimostrato tutta la sua versatilità, che viene realizzato al 65 per cento a Colleferro presso gli stabilimenti di «Avio».

In cima al razzo, che fa parte della flotta europea Esa e che decollerà dall’«astroporto» di Kourou, in Guyana Francese (tra gli spettatori vi sarà anche l’astronauta italiana Samantha Cristoforetti) c’è quindi il satellite europeo «Aeolus», che verrà rilasciato dal quarto e ultimo stadio del razzo 54 minuti dopo il decollo, in un’orbita eliosincrona a circa 320 km di quota.

Cos’è Aeolus?

Aeolus è la quinta missione Earth Explorer del programma dell’Esa Living Planet, con cui l’agenzia europea vuole studiare la Terra con strumenti innovativi e in grado di fornirci maggiori informazioni sullo stato di salute del pianeta. Aeolus è basato sull’esperienza della missione Mars Express, la sonda dell’Esa che dal 2003 orbita attorno a Marte, e pesa 1.300 kg. Dovrà diventare una vera e propria «sentinella» per i venti, di cui misurerà velocità e composizione osservando per la prima volta dallo Spazio fenomeni che finora è stato possibile monitorare solo da Terra.

Grazie a Aeolus e al suo strumento principale, chiamato «Aladin», gli scienziati potranno comprendere con precisione le complesse dinamiche dell’atmosfera terrestre e studiare come l’energia, l’acqua e le altre sostanze chimiche vengono trasportate dall’aria in tutto il pianeta. Inoltre, grazie alla mappatura dei venti nella troposfera (la zona dell’atmosfera fino a 15 km) e nella bassa stratosfera (fino a 30 km), sarà possibile anche migliorare i complessi modelli matematici usati nella meteorologia e rendere le previsioni fino a 7 giorni sempre più accurate.

Obiettivo atmosfera: passato e futuro delle missioni Esa

Dopo il distacco dalla Guyana, il Vega si arrampicherà nel cielo (già buio) verso l’Atlantico, con i tre stadi a combustibile solido dalla sigla P80, Z23 e Z9. Poi, si accenderà il motore «Avum», che verrà avviato 6 minuti e 30 dopo il decollo, il quale dopo due accensioni intervallate da un fase balistica di circa 30 minuti, rilascerà il satellite.

Aeolus non è il primo e non sarà l’ultimo dei satelliti europei per lo studio dell’atmosfera terrestre e dei meccanismi che la regolano. Finora l’Esa ha mandato nello spazio quattro satelliti della categoria: Goce (2009), che ha studiato le variazioni del campo gravitazionale, realizzato in gran parte in Italia da Thales Alenia Space. E poi Smos (sempre nel 2009), un satellite dedicato allo studio e rilevamento della salinità dei mari; CryoSat (lanciato nel 2010), concentrato sulle variazioni di spessore dei ghiacci degli oceani e Swarm (2013), una piccola costellazione di tre satelliti per lo studio della ionosfera. Sono già in programma, dopo Aeolus, EarthCare (lancio nel 2019), che si concentrerà sugli aerosol in atmosfera; Biomass (2021), per lo studio delle foreste e Flex (2022), dedicata all’analisi del ciclo del carbone e della fotosintesi.

Il lancio numero 12 del Vega

Progettato negli anni Novanta sui tavoli di ingegneri e tecnici di «Avio» a Colleferro e Torino, Vega è ormai pronto per il suo dodicesimo balzo nello spazio, il primo del 2018 (il primo in assoluto è invece del febbraio 2012). Costruito da Avio, in collaborazione con l’Agenzia spaziale Italia, tramite il Consorzio Elv, e gli altri partner europei, è alto circa 30 metri ed è composto da tre stadi a combustibile solido e un ultimo (una sorta di quarto stadio), dalla sigla Avum, a combustibile liquido, che ha il compito di inserire il satellite nella corretta orbita.

Nel corso dell’anno il lanciatore sarà chiamato ad un’ulteriore missione, il lancio del satellite Prisma dell’Asi. Il 2019 sarà un anno di svolta per il Vega, poiché debutterà sia il Dispenser Small Satellites Mission Service(Ssms), una struttura progettata per la messa in orbita di più satelliti contemporaneamente. Inoltre, dovrebbe decollare il primo razzo nella nuova variante Vega-C, con un primo e secondo stadio più grandi e performanti (sigle: P120C e Z40), con cui vi sarà quasi il raddoppio della capacità di trasporto. Il primo stadio P120C sarà utilizzato anche come uno dei «booster laterali» sulle due versioni di Ariane 6, il nuovo e potente razzo europeo, che debutterà nel 2021 andando a sostituire gradualmente l’attuale Ariane 5.

Antonio Lo Campo