Alta Murgia, Parco al contrattacco per contenere i cinghiali

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Cesareo Troia: «ad una settimana dalla introduzione delle gabbie, cinque in tutto (di cui una sabotata) si registrano i primi risultati positivi. Le catture selettive. Cosa si fa in Abruzzo. Governo assente

Cinghiale anno zero: l’Ente Parco dell’Alta Murgia riprende la battaglia per contenere le scorribande dei cinghiali nei seminati con l’installazione di recinti di contenimento (anche all’interno di aziende agricole) e prosegue il censimento, di cui ricorre quest’anno il decennale. Pochi i numeri utili a spiegare la situazione di emergenza che le istituzioni sono costrette ad affrontare. In un recente incontro pubblico sono state presentate le azioni di contrasto in un clima di ottimismo per i risultati positivi della prima settimana.

Intanto il presidente vicario del Parco Nazionale dell’Alta Murgia Cesareo Troia, raggiunto telefonicamente, ha dichiarato che «ad una settimana dalla introduzione delle gabbie, cinque in tutto (di cui una sabotata) si registrano i primi risultati positivi: venticinque esemplari catturati pronti per essere traslocati in centri venatori o in aziende predisposte per la macellazione degli ungulati del Centro Italia». Del trasferimento si sta occupando una ditta pugliese. Su questo punto il presidente vicario ha confermato la necessità di portare gli esemplari catturati fuori regione a causa della mancanza di centri per la macellazione e la trasformazione delle carni di animali selvatici in Puglia.

Un’altra questione spinosa è la sicurezza sulle strade: numerosi ormai gli avvistamenti di branchi di cinghiali che attraversano le provinciali che uniscono le città murgiane, a questo proposito «il Parco — ha dichiarato Cesareo Troia — ha fornito all’Anas i punti in cui inserire i rilevatori degli attraversamenti: si tratta di rilevatori luminosi atti ad avvisare gli automobilisti dell’attraversamento dei cinghiali poco più avanti».

Questi dispositivi luminosi sommati alla riduzione della velocità in corsa delle auto ridurrebbe i danni da potenziali impatti con i cinghiali. L’Anas su invito dell’Ente Parco ha sollecitato lo stesso a indicare i passaggi della rete stradale murgiana di maggior rilevanza, come ad esempio la provinciale che collega Corato a Gravina nei pressi dello svincolo per Poggiorsini. Com’è ovvio i rilevatori non potranno essere posizionati su tutta la rete stradale provinciale (Bari e BAT) ma nei pressi delle aree di frequenti attraversamenti.

Le aree contigue

Resta il problema delle aree contigue al territorio protetto. A questo proposito l’Ente sta promuovendo sui tavoli regionali una regolamentazione della caccia selezionata da attuarsi nelle aree appena fuori dal perimetro del Parco. Cacciatori addestrati con carabine di adeguato calibro, utili a colpire gli esemplari (femmine) indicati dalle ricerche dell’Ispra, alle quali l’Ente Parco fa riferimento per disegnare la strategia d’intervento.

Inoltre sarà rinnovato al Prefetto di Bari l’invito per discutere del problema. Anche all’Anci Cesareo Troia ha lanciato la sfida di promuovere a livello nazionale la ricerca di soluzioni condivise attuabili sull’intero territorio nazionale.

Cosa si fa in Abruzzo

Come detto il problema dei cinghiali è comune anche ad altri territori: in Abruzzo, solo per citarne uno, è stato varato un piano di gestione degli ungulati denominato Wel_Boar_System ed è il primo sistema di valutazione, monitoraggio e gestione del benessere animale dei cinghiali selvatici, catturati dal Parco naturale regionale Sirente Velino all’interno dell’area protetta.

Il progetto, nato dalla collaborazione tra Ente parco, Istituto zooprofilattico sperimentale di Teramo, Asl Avezzano-Sulmona-L’Aquila e Facoltà di Medicina dell’Università di Camerino, ha dato vita alla prima filiera eco-sostenibile, controllata e tracciata delle carni degli ungulati, puntando al contenimento della specie.

Insomma in brevissima sintesi «cinghiali selvatici catturati mediante recinti mobili, trasportati e regolarmente macellati». Il protocollo usato valuta i livelli di benessere animale lungo tutte le fasi del processo ed eliminerebbe o ridurrebbe al minimo eventuali situazioni stressanti, addirittura in una maniera migliore e approfondita rispetto a quanto viene fatto per le specie zootecniche domestiche allevate dall’uomo.

Un’interrogazione

Invece a testimoniare l’assenza del Governo su questa urgente problematica si aggiungono le dichiarazioni della vice presidente della commissione Agricoltura alla Camera dei Deputati Susanna Cenni, la quale ha presentato un’interrogazione a proposito dei danni arrecati alle colture, al bestiame, alla circolazione e in ultimo all’ambiente da parte di una popolazione di ungulati in continua crescita demografica.

«Nella mia interrogazione — commenta l’on. Susanna Cenni — anche alla luce dei recenti gravi incidenti stradali provocati dai cinghiali, chiedevo al Governo se intendesse prendere, insieme alle Regioni, misure concrete e straordinarie per contrastare il fenomeno. Sempre su questa linea di urgenza ho chiesto all’esecutivo di entrare nel merito rispetto all’annuncio di misure concertate con le Regioni e alle modifiche alla legge 157 del 1992 per gestire la fauna selvatica» e continuando insiste sul peso che il mondo agricolo sta sopportando: «le associazioni di categoria li hanno stimati (i danni, N.d.R.), dal punto di vista economico, in 300 milioni all’anno, senza contare le numerose vittime che si registrano periodicamente sulle strade».

Al presidente vicario del Parco dell’Alta Murgia tocca quindi tracciare una strada maestra in concerto con le altre istituzioni protagoniste della vicenda.

In effetti dalla reintroduzione dei cinghiali ad oggi non si è mai smesso di cercare nuove soluzioni per contenere i danni. Il ripopolamento degli ungulati in un territorio protetto sta mettendo a dura prova la gestione di un territorio già gravato da altri problemi di diversa natura, ai quali si aggiunge il continuo sforzo promosso dell’Ente di promuovere la fruizione delle aree protette nell’ottica di un economia verde volano per una ripresa sostenibile.

Vito Stano