Navi, le conseguenze del carburante con meno zolfo

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PORTO CIVITAVECCHIA navi a perrini
Foto di A. Perrini
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L’Organizzazione marittima internazionale ha introdotto il limite massimo dello 0,5% di zolfo nei carburanti. Passare a carburanti più puliti potrebbe però aumentare i costi del settore: la Camera internazionale di navigazione stima il passaggio dagli attuali 400 dollari per tonnellata di olio combustibile fino a 600 dollari per tonnellata

I gas di scarico delle navi costituiscono una fonte importante di inquinamento atmosferico, anche per le emissioni di ossidi di zolfo che derivano dall’olio combustibile utilizzato e che possono sia causare piogge acide in grado di danneggiare colture, foreste e specie acquatiche, contribuendo all’acidificazione degli oceani, sia generare polveri sottili.

Prendendo in considerazione il solo comparto delle navi da crociera, uno studio condotto da Transport & Environment  ha rilevato che Carnival Corporation, il più grande operatore al mondo nel settore, ha emesso nel 2017 sulle coste europee circa 10 volte più ossidi di zolfo rispetto ai 260 milioni di auto europee. Royal Caribbean Cruises, il secondo più grande al mondo, è quattro volte peggiore della flotta europea di automobili. In termini assoluti, Spagna, Italia e Grecia, seguite da vicino da Francia e Norvegia, sono i paesi europei più esposti all’inquinamento atmosferico da ossidi di zolfo provenienti dalle navi da crociera, mentre Barcellona, Palma di Maiorca e Venezia sono le città portuali europee più colpite, seguite da Civitavecchia e Southampton (vedi infografica a seguire tratta dallo studio).

inquinamento navi
Queste emissioni, tuttavia, sono rilasciate per lo più lontano dalla terra ferma, quindi il loro impatto ambientale risulta meno visibile. L’aumento considerevole delle spedizioni marittime ha però reso la questione emergente e per questo l’Organizzazione marittima internazionale (Imo), l’organismo delle Nazioni Unite con sede a Londra, dopo un lungo percorso di trattative, ha adottato il limite dello 0,5% di zolfo per il carburante utilizzato nel trasporto marittimo. Dal 1° gennaio 2020, le navi devono dunque utilizzare olio combustibile con un contenuto di zolfo ridotto rispetto al passato, quando era permesso un contenuto fino al 3,5%.

La misura si applica a tutte le navi che operano al di fuori delle aree di controllo delle emissioni navali (Ecas) dove è già attiva una soglia molto più stringente (0,1%).

L’Imo stima che il nuovo limite ridurrà le emissioni di ossido di zolfo delle navi del 77%, con una riduzione annuale di circa 8,5 milioni di tonnellate.

Le forme di carburante navale con alti livelli di zolfo sono anche quelle con livelli più elevati di carbonio e quindi il passaggio a combustibili più puliti potrebbe ridurre anche le emissioni di gas serra associate al trasporto marittimo e quindi contribuire ad affrontare l’emergenza climatica.
A tal proposito l’Organizzazione marittima mondiale, vista l’emergenza climatica, ha l’obiettivo a lungo termine di dimezzare il carbonio dalle spedizioni entro il 2050.

Si fa presente che il trasporto marittimo è soggetto a normative internazionali, supervisionate dall’Imo, ma per motivi storici è stato escluso dai calcoli delle emissioni internazionali di gas a effetto serra ed è quindi escluso dagli obblighi derivanti dagli accordi Onu sul clima, tra cui quello di Parigi del 2015.

Passare a carburanti più puliti potrebbe però aumentare i costi del settore: la Camera internazionale di navigazione stima il passaggio dagli attuali 400 dollari per tonnellata di olio combustibile fino a 600 dollari per tonnellata. Questi maggiori costi di spedizione potrebbero essere assorbiti e dunque gravare su tutta la catena di produzione e di trasporto. L’impatto sui prezzi del combustibile potrebbe anche estendersi oltre il comparto marittimo, andando ad alzare i prezzi dei voli aerei.

(Fonte Arpat)