La pericolosità idrogeologica in Puglia

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«Un lavoro che impone interventi programmati e di una coerente pianificazione e il tutto avvertendo la necessità di progettazioni di qualità per contrastare il dissesto geo-idrologico evitando assegnazioni con il massimo ribasso e investendo in risorse umane qualificando sul piano tecnico gli uffici pubblici», ricorda il presidente dell’Ordine dei geologi della Puglia, Salvatore Valletta

Il 6-7 agosto 2020 si sono verificate piogge copiose, di gran lunga superiori ai massimi storici registrati dalla rete pluviometrica, nel bacino della valle del fiume Fortore. Una cellula meteorica estesa e persistente con precipitazioni a prevalente carattere di temporale hanno portato al superamento dei livelli di guardia dei corsi d’acqua conseguente alla persistenza di precipitazioni in quella che rappresenta la rete di scolo dei canali di Lesina e la parte alta del Torrente Candelaro. Un’allerta giallo-arancione per rischio idrogeologico, idrogeologico per temporali, idraulico diramata dalla Protezione civile Puglia ha riguardato sistemi idraulici complessi con bacini estesi ed interessati da intense trasformazioni dell’originario assetto idrogeomorfologico anche della parte pedemontana.

Un territorio, quello della regione Puglia, che, in sostanza, in tutte le stagioni mostra la sua fragilità ed esposizione alla pericolosità idrogeologica. E il mondo delle professioni tecniche, specie quella dei geologi, lancia pertanto un monito consapevole della necessità di cambiare rotta per evitare di continuare a subire inermi il perpetrarsi dei danni causati da eventi simili, benché estremi.

«È un lungo elenco quello degli eventi disastrosi che hanno interessato la Puglia e la sua popolazione — ricorda il presidente dell’Ordine dei geologi della Puglia (Org), Salvatore Valletta — basta ricordare le devastanti alluvioni che a più riprese hanno colpito il capoluogo di regione agli inizi del 1900. Il Torrente Picone ha causato alluvioni a Bari nel marzo 1905, nel settembre 1915, nel novembre 1926 e più recentemente nell’ottobre 2005. Ogni anno, in ogni stagione, le cronache registrano gravi fenomeni di dissesto geo-idrologico che indeboliscono le difese della popolazione e colpiscono l’economia di un sistema che ha bisogno più di sicurezza che d’interventistica difesa. L’elenco ha i connotati dell’ovvio: abbandono delle campagne, abusivismo edilizio, assenza di manutenzione dei fiumi, incendi. Gli eventi con vittime nel tarantino (Ginosa 2013) e nel Gargano (2014) e periodici fenomeni meteorologici estremi ci rimandano sistematicamente a storie già vissute».

E quello che occorre fare, evidenzia ancora l’Org, è ripensare la difesa del suolo nel suo complesso prevedendo un approccio multidisciplinare con stanziamenti non più straordinari ma con poste ordinarie in bilancio, individuare le strutture tecniche presenti sul territorio a cui affidare la manutenzione delle opere realizzate, assicurare percorsi certi sulle istruttorie dei progetti, superare la anacronistica gestione commissariale del dissesto idrogeologico. Ma ancor prima va individuata negli organi tecnici della Regione la sede presso cui far ruotare l’iter di pianificazione, programmazione e controllo degli interventi per la difesa del suolo potenziando gli uffici con professionalità specifiche (geologi, forestali, etc.). Necessaria la riprogrammazione della mitigazione del rischio idraulico ed idrogeologico a scala di bacino idrografico e non con interventi spot, spesso senza nessuna connessione fra loro. Un lavoro che implica l’urgenza di studiare i bacini idrografici, monitorare le aste torrentizie ed i versanti e programmare la spesa su dati certi.

Perché per non continuare a vivere le tragedie legate alla pericolosità idrogeologica «bisogna creare una conoscenza e coscienza civile e politica di quello che succede e del perché — continua Valletta —. Ci dobbiamo domandare se si sia fatto tesoro di quel che periodicamente registriamo e a giudicare dallo stato in cui versa il territorio, si dovrebbe dire di no. Diventa così prioritaria la necessità di maggiori investimenti in termini di previsione e prevenzione, attraverso cui affermare una nuova cultura dell’impiego del suolo che metta al primo posto la sicurezza della collettività e ponga fine da un lato a usi speculativi e abusivi del territorio, dall’altro al suo completo abbandono. In una situazione in cui sono sempre più evidenti gli effetti dei cambiamenti climatici in atto, che comportano fenomeni meteorologici estremi caratterizzati da piogge intense concentrate in periodi di tempo sempre più brevi, la gestione irrazionale del territorio porta a conseguenze disastrose».

In una Italia geologicamente fragile, il rapporto «Dissesto idrogeologico in Italia: pericolosità e indicatori di rischio» – Edizione 2018 dell’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra) a livello nazionale evidenzia come su 7.983 comuni ben 7.275, ovvero il 91%, presentino nel proprio territorio superfici a pericolosità idraulica e a rischio frane, ma non solo, anche il «Rapporto sul Rischio posto alla Popolazione italiana da Frane e Inondazioni» del Consiglio nazionale delle ricerche – Istituto di ricerca per la protezione idrogeologica (Cnr-Irpi), in merito a frane e inondazioni mostra come dal 2000 al 2018 ci siano stati 417 morti, 21 dispersi, 679 feriti, e 159.184 evacuati e senzatetto, anche a scala regionale risulta necessario rivedere i vari livelli di pianificazione del territorio adottando regolamenti per la riduzione del consumo di suolo, ridando spazio alle pertinenze idrauliche ed alle aree costiere.

«Un lavoro questo che impone interventi programmati e di una coerente pianificazione e il tutto avvertendo la necessità di progettazioni di qualità per contrastare il dissesto geo-idrologico evitando assegnazioni con il massimo ribasso e investendo in risorse umane qualificando sul piano tecnico gli uffici pubblici», conclude Valletta.

Una riorganizzazione dell’intero comparto, insomma, che diversamente continuerà a renderci spettatori impotenti di eventi calamitosi e questo con notevole dispendio di risorse ed energie se non peggio con la regolare perdita di vite umane.

 

Elsa Sciancalepore