Ma la Xylella va a votare?

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Interventi di finanziamenti, veti e non dagli enti preposti in date ben lontane dalla tornata elettorale. La campagna elettorale tace sul pasticcio Xylella che non è un problema agricolo ma un grosso problema culturale per la nostra regione. Cosa si è fatto e cosa non si è fatto? E perché c’è la sordina verso coloro che stanno facendo qualcosa ed ottenendo anche risultati? Domande che resteranno senza risposte dopo sette anni di disastri

La Xylella non va a votare e continua il suo lavoro ma per la politica è silenzio stampa sui problemi Xylella. Così gli imprenditori devono pazientare prima di capire che cosa succederà, se avranno gli aiuti, se arriveranno una volta chiesti e se le varie procedure per le domande saranno accettate o sorgerà qualche inghippo nella formulazione e così si dovrà ricominciare (come è successo per alcune misure europee…). Questo per i grandi proprietari e per i piccoli?

Sì perché prima gli interventi regionali poi quelli nazionali e comunitari hanno dell’irrazionale, del dannoso per la Puglia, i piccoli agricoltori, il paesaggio, la cultura e la storia di una regione intera. Perché le conseguenze negative sono enormi, e gli interventi più dannosi del danno, l’irrazionalità, poi è massima.

Schizofrenia in azione

Basti pensare che mentre il ministero dell’Ambiente ha classificato le «misure per la competitività delle filiere agricole strategiche e per il rilancio del settore olivicolo nelle aree colpite da Xylella fastidiosa» (Legge 205/2017) come «sussidio ambientalmente dannoso» (Sad) poiché incentivano «un reimpianto con piante tolleranti al batterio che favorisce una riduzione di diversità di specie esponendo le stesse a nuove epidemie in futuro» la Regione Puglia ha approvato i criteri e le modalità di concessione dei contributi per 40 milioni di euro per il reimpianto di Leccino e Favolosa FS17 in zona infetta… Se non è schizofrenia questa che altro è?

Possibile che le grandi menti della politica italiana facciano tanta confusione? Basterebbe riflettere sul fatto che il batterio, come ha stigmatizzato il dott. Marco Scortichini in una recente intervista a «Villaggio Globale»: «colonizza numerose altre piante spontanee difficilmente eliminabili. Quindi poter pensare di eliminare del tutto la Xylella da un territorio così vasto, quando questa si è insediata così diffusamente è tecnicamente impossibile». Si tratta poi di un batterio che è comune a varie piante e, come ha detto il prof. Marco Nuti in un’altra intervista pubblicata su «Villaggio Globale»: «gli insetti vettori sono polifagi e la Xylella fastidiosa ha diversi ospiti cosiddetti secondari. Cosa facciamo, tabula rasa di un intero territorio?».

Eppure è esattamente quello che si sta facendo con meticolosità: una distruzione colposa che assomiglia ad una sorta di deforestazione…

Ma anche l’Europa dice la sua e nell’ultima seduta del Comitato Fitosanitario permanente a Bruxelles, fa sapere il Sottosegretario alle Politiche Agricole, Giuseppe L’Abbate, si è giunti ad un accordo informale su un testo condiviso del nuovo Regolamento comunitario per il contrasto alla Xylella fastidiosa che soppianterà la Decisione di esecuzione (UE) 2015/789. «Fermo restando – si sottolinea – l’abbattimento immediato delle piante riscontrate infette per sottrarle all’azione di diffusione dei vettori, la cosiddetta sputacchina, viene ridotta a 50 metri dagli attuali 100 l’area soggetta a taglio obbligatorio intorno alle piante infette, viene dimezzata l’ampiezza della zona cuscinetto che passa da 10 a 5 km nel caso delle aree gestite con misure di contenimento come la Puglia e, infine, viene ridotta dagli attuali 20 a 5 km anche la zona di intervento obbligatorio».

Ma che senso ha tutto questo? Di fronte a ricercatori e docenti di valore che dubitano e dimostrano l’errore delle scelte fatte, e di fronte a procedimenti curativi che stanno dando ormai risultati conclamati, perché si continua con gli abbattimenti? C’è qualcosa di perverso che ci sfugge? Non sarebbe il caso di dire stop e cambiare strada? non è possibile assistere impotenti alla distruzione di un pezzo così importante della storia di una regione.

E dopo 7 anni dalla comunicazione sulla presenza del batterio in Puglia, qualche riflessione su ciò che sta accadendo si impone.

Molte le domande fatte a specialisti ma nessuna risposta è arrivata. Siamo sotto elezioni ed ogni affermazione potrebbe essere strumentalizzata… e sì, perché la Xylella va a votare e i contadini pugliesi, come noto, hanno l’anello al naso.

Cosa è successo in questi anni?

I fatti

Il Cnr ha svolto e svolge un ruolo preminente in tutta la faccenda. Un fatto «curioso» è che ad occuparsi di Xylella, un batterio, sono principalmente virologi e non batteriologi. Abbiamo il recente caso Covid che ci ha dimostrato che dei virus si interessano i virologi e non altri settori della patologia umana. Nel caso della Xylella si è fatto riferimento, in gran parte, a virologi che hanno una «forma mentis» sulla gestione delle malattie delle piante differente da quella dei batteriologi. Questi ultimi propendono a curare le piante, i virologi, non avendo a disposizione formulati efficaci per il contenimento dei virus fitopatogeni, propendono verso l’eradicazione delle piante malate.

A guardare gli interventi regionali, si nota che fino ad un certo punto la Regione era partita bene ma poi qualcosa si è inceppato, cosa? Sembra che la politica non sia stata in grado di gestire questa tragedia. Quando e dove è successo il blackout? Sicuramente la risposta è sempre la stessa: i politici risentono di vari condizionamenti. Quando è stata imposta dall’Unione europea, dapprima l’eradicazione e, successivamente, i monitoraggi delle zone contenimento e cuscinetto, è stata abbandonata l’ipotesi «cura».

E si è inceppato qualcosa quando sono state avanzate critiche agli studi svolti da chi abbia tentato di apportare conoscenze sulla convivenza con il batterio mediante pratiche di difesa e gestione corretta degli oliveti. Si è proclamato che «la Xylella non è curabile» ed il concetto è stato trasferito agli agricoltori e tecnici. Ciò ha comportato l’abbandono degli oliveti e la rinuncia ad intraprendere qualsiasi tentativo di gestione fitosanitaria del problema.

E, di fronte alle evidenze scientifiche, non si è tentato neppure di prendere in considerazione la cura invece degli abbattimenti.

È stata invece intrapresa una massiccia opera di dissuasione sui media e i social che hanno, di fatto, scoraggiato i più ad intraprendere azioni di contenimento della malattia. Esistono, tuttavia, alcune realtà che hanno intrapreso la gestione degli oliveti secondo i criteri della convivenza con il batterio. Tali aziende sono tornate produttive pur essendo circondate da ampie porzioni di territorio ospitanti oliveti completamente disseccato.

E così la strategia per gli uliveti è diversa da altri casi. Ad esempio in agricoltura ci sono casi noti di patogeni che colpiscono il Pesco, il Melo, la Vite… eppure non si parla di eradicazione ma si cura pazientemente ogni anno. Ma l’ulivo è sfuggito a questa logica tradizionale che fa parte della storia dell’agricoltura perché la Xylella è un batterio da quarantena e, quindi, va soggetto ad una legislazione sovranazionale che intende limitarne quanto più possibile l’ulteriore diffusione nel territorio europeo. In questi casi vengono predisposte misure che tendono ad eliminare il patogeno dall’area.

Sembra quasi un’azione concordata per costringere la nostra olivicoltura tradizionale a cambiare cultivar… È un danno secco anche alla biodiversità se si considera che l’Ogliarola salentina e Cellina di Nardò per quanto riguarda il contenuto in polifenoli rappresentano un’eccellenza mondiale… E proprio di questo si dovrebbe tenere conto perché la sostituzione di cultivar pregiate comporterebbe una grave perdita per il comparto olivicolo. Vanno intraprese azioni di sostegno verso coloro che si stanno adoperando per mantenere in vita tale patrimonio.

Con qualche finanziamento avviato e con altri interventi di enti locali si tenta di difendere questo patrimonio ma è necessario che la questione sia gestita da una regia seria, scientificamente preparata e avulsa dalla politica di bassa lega. Aspettiamo le votazioni, ma il batterio l’avrà capito o andrà a votare anche lui?

 

Ignazio Lippolis