Trivelle, ipocrisia e «ambientalisti»

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Trivelle petrolio mare
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Il rischio che le multinazionali del petrolio possano avviare le ricerche di idrocarburi in Adriatico meridionale, ed in particolare al largo delle acque di fronte a Monopoli e Polignano, è ora più tangibile. Gli elettori italiani hanno detto «no» all’abrogazione. I comitati «No-Triv» avevano come capipopolo proprio gli amministratori locali, accompagnati da Presidenti di Regioni, varie associazioni ed altra umanità

Imprecazioni, lamenti, gride manzoniane, stracciamenti di vesti contro la mancata proroga governativa, nel decreto-legge «Milleproroghe», della moratoria alle ricerche di idrocarburi in mare. In Puglia, più che altrove, e soprattutto da parte degli amministratori locali dei comuni costieri a sud di Bari, Polignano e Monopoli in testa. Il rischio che le multinazionali del petrolio possano avviare le ricerche di idrocarburi in Adriatico meridionale, ed in particolare al largo delle acque di fronte ai due comuni citati, è ora più tangibile. Due concessioni hanno finora superato lo scoglio della procedura di Valutazione di Impatto Ambientale al ministero dell’Ambiente. Sono istanze di multinazionali (Northern Petroleum Ltd., inglese, e Global Petroleum Ltd., australiana) cui è stato rilasciato il «visto» ambientale da diversi anni. Nei provvedimenti del ministero dell’Ambiente, assunti di concerto con il ministero dei Beni Culturali, mai revocati né annullati in autotutela, si possono leggere valutazioni approfondite degli impatti su ecosistemi marini e fauna, in particolare sui cetacei, prescrizioni molto puntuali cui devono adeguarsi i proponenti e, cosa non sempre presente nei pareri di Via, valutazioni di impatti cumulativi con altri progetti e programmi proposti in quelle acque ed oltre.

Ciononostante, il timore che le prospezioni petrolifere possano arrecare danni e pregiudizio ad habitat e fauna marini, ha fatto sì che si celebrasse un referendum abrogativo delle norme che consentivano tali progetti. E gli elettori italiani hanno detto «no» all’abrogazione. I comitati «No-Triv» avevano come capipopolo proprio gli amministratori locali di cui si è detto prima, accompagnati da Presidenti di Regioni, varie associazioni ed altra umanità. Ed anche noi non siamo certo tranquilli che quelle prospezioni possano aver luogo perché riteniamo che gli impatti sui cetacei dell’utilizzo della tecnologia airgun (cioè l’utilizzazione di forti impulsi di aria compressa «sparati» in acqua per studi scientifici, geologici, sismici o per cercare giacimenti) siano effettivamente molto pesanti. Tanto più in una sorta di «vasca da bagno» qual è il mare Adriatico.

Ci chiediamo, però, se quegli stessi capipopolo «No-Triv», amministratori locali, siano gli stessi che a terra (per una sorta di nemesi tellurica) consentono che vengano approvati progetti edilizi colmi di irregolarità ed illegittimità e spingano per far approvare leggi regionali come quella che ha istituito il cosiddetto parco di Costa Ripagnola. Leggi non «con le quali» ma «dalle quali» bisogna difendere l’ambiente naturale. Leggi che sanano illegittimità ed illiceità di progetti, come quello del resort Serim nei pagghjari sempre a Ripagnola, di cui non è stato valutato alcun impatto sugli stessi ecosistemi marini che, invece, assurgono a baluardo contro le prospezioni petrolifere lontane dalla costa tra i 20 ed i 60 chilometri.

Ecco, l’ipocrisia di fondo che in molte circostanze, ormai, attanaglia le battaglie «ambientaliste», rischia di buttare tutto in caciara ed eludere misfatti ai danni dell’ambiente che sono sotto gli occhi di tutti ed ai quali si tenta pure di dare un vestito di legalità che di candido non ha nulla, ma proprio nulla.

 

Fabio Modesti