Il Biodinamico e l’aggressione del dogma scientista

2634
carota agricoltura
Tempo di lettura: 3 minuti

È del tutto evidente che chi si scaglia contro con non poca violenza, oltre a non conoscere la validità scientifica di sistemi agronomici come quello biologico e biodinamico, con le assurde e infondate accuse rivolte al comparto, non conosce nemmeno il significato del termine esoterico che con stregoneria e presunte pratiche magiche non ha nulla a che fare

È di rilevante importanza per l’economica italiana tener conto della valenza economico produttiva dell’Agricoltura biodinamica.

La valutazione dell’impatto economico produttivo (Bioreport 2017 – 2018 di Rete Rurale Nazionale del Mipaaft, rapporto annuale sullo stato dell’Agricoltura biologica, capitolo 11 Agricoltura biodinamica), fotografa un quadro molto chiaro. Le aziende biologiche che in Italia applicano l’agricoltura biodinamica sono 4.500. Il dato è coincidente con quello già emerso da una precedente analisi di Coldiretti (maggio 2018). Il campione delle aziende biologiche certificate biodinamiche è di 419 realtà. Gli studi econometrici del Bioreport forniscono dati chiari sul valore dell’agricoltura biodinamica, che si attesta come modello di produzione agricola da reddito di alto pregio.

I numeri del Biodinamico

I dati comparativi del 2018 evidenziano come i dati medi di reddito per ettaro attestano per l’Agricoltura italiana un reddito 3.207 euro/ettaro, mentre l’Agricoltura biodinamica italiana un reddito di 13.309 euro/ettaro. La viticoltura da vino, per esempio, si attesta in Italia intorno ai 17.000 euro/ettaro. Si tratta di colture di qualità, fortemente remunerative e costituiscono un modello esemplare di un’agricoltura che, nonostante la limitata disponibilità di Sau, è vocata alla qualità e all’alta remunerazione come nemmeno l’Agricoltura convenzionale e industriale riescono a produrre.

Biologico e più ancora Biodinamico, negli ultimi 10 anni (pur non potendo fare affidamento sugli enormi finanziamenti di cui gode il convenzionale) sono in crescita netta, anche in termini di margini sui ricavi. Tutto ciò preoccupa non poco le multinazionali dell’agroindustria e i lobbisti politici che portano acqua (non gratuitamente!) al mulino avvelenato delle multinazionali della chimica.

Lobbisti e multinazionali temono possa erodersi quel potere pervasivo ben radicato di attività che si traducono in benefit derivanti dal loro essere al servizio gli uni degli altri. Chiaramente indispettiti temono che nel lungo periodo la crescita del comparto bio possa disincentivare l’agricoltura industriale mettendo in crisi il mercato della chimica in agricoltura. Un rapporto, messo in crisi da un’agricoltura che preserva tanto la salute della terra, la biodiversità e la salute del genere umano.

Ammesso, e non concesso, che siano vere le menzogne sul presunto esoterismo, il fatto che un agricoltore unisca la preghiera alle pratiche agronomiche biodinamiche, che non prevedono in modo tassativo l’uso della chimica (nemmeno l’uso del rame, come invece accade con il più generico biologico), tutto ciò per costoro sarebbe materia del contendere scientifico.

Esoterico non equivale a stregoneria

Il prof. Alessandro Piccolo, presidente della Società italiana di Scienza Biodinamiche, non uno stregone appassionato di esoterismo, è ordinario di chimica agraria all’Università Federico II di Napoli. A testimonianza che, chi si esprime in modo pregiudizievole, falso e violento contro ogni evidenza, lo fa a partire dal fatto che la biodinamica, anche in Italia, è materia d’insegnamento universitario.

È del tutto evidente che chi si scaglia contro con non poca violenza, oltre a non conoscere la validità scientifica di sistemi agronomici come quello biologico e biodinamico, con le assurde e infondate accuse rivolte al comparto, non conosce nemmeno il significato del termine esoterico che con stregoneria e presunte pratiche magiche non ha nulla a che fare.

Non dimentichiamo che l’uso della chimica in agricoltura è responsabile del fenomeno della desertificazione e avvelenamento dei suoli, come è accaduto in Puglia e in particolar modo del Salento. Territorio che, dopo 50 anni di veleni di ogni sorta, sversati e tombati illegalmente sui propri suoli, ha registrato negli ultimi 20 anni fenomeni come l’erosione della biodiversità fino a posizionarsi a livelli sotto la soglia della desertificazione, l’avvelenamento delle falde, il disseccamento dell’olivo e tassi di insorgenze tumorali tra i più alti d’Europa.

Sembra che ai metodi di coltivazione naturali che difendono e sostengono la salute del suolo e dell’umanità, gli amici del glifosate, preferiscono i sistemi agro industriali che si reggono sulla chimica di quelle multinazionali i cui capitali sono allocati nei paradisi fiscali. Non solo non pagano un solo centesimo di tasse nei paesi contribuenti della Ue, per giunta rientrano nella rete dei capitali delle industrie farmaceutiche (big pharma), che «dopo averti avvelenato ti propongono una illusoria medicina per tenerti in stato di dipendenza da farmaco fino alla fine dei tuoi giorni, come un tossicodipendente». Le stesse case farmaceutiche che oltre ad avere capitali in comune con le multinazionali della chimica, condividono gli stessi capitali finanziari con l’industria bellica che produce guerre su tutto il pianeta.

 

Giuseppe Vinci