Caccia maleducata e regioni col… vizietto

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Anche la Liguria vuol farsi Stato

La Corte costituzionale con la sentenza n. 138 depositata il 6 luglio scorso, si è espressa su modifiche apportate alla legge ligure sull’attività venatoria del 1994 ed alla legge regionale del 2006 di attuazione del regime di deroghe previsto dall’articolo 9 della Direttiva U.E. «Uccelli» per la protezione degli uccelli selvatici

Le scorribande legislative delle Regioni in materia di caccia ormai non si contano più. Questa volta è toccato alla Regione Liguria prendersi le bacchettate della Corte costituzionale che, con la sentenza n. 138 depositata il 6 luglio scorso, si è espressa su modifiche apportate alla legge ligure sull’attività venatoria del 1994 ed alla legge regionale del 2006 di attuazione del regime di deroghe previsto dall’articolo 9 della Direttiva U.E. «Uccelli» per la protezione degli uccelli selvatici.

La Presidenza del Consiglio dei Ministri, che ha impugnato le norme dinanzi alla Consulta, ha eccepito l’invasione di campo della Regione Liguria in competenze che sono a piena titolarità dello Stato. In particolare la Regione Liguria ha modificato una norma della legge regionale sulla caccia relativa alla realizzazione di appostamenti per l’attività venatoria stabilendo che «anche gli appostamenti realizzati con il consenso del proprietario o conduttore del fondo, costituiti da attrezzature smontabili o da ripari di fortuna che non comportino modificazione del sito, ivi compresi i cosiddetti «palchi» per la caccia in forma tradizionale al colombaccio, sono considerati temporanei. Il cacciatore deve rimuovere il materiale usato per la costruzione dell’appostamento al venir meno del consenso del proprietario o conduttore del fondo», aggiungendo nella parte finale un ulteriore periodo per il quale «il consenso si intende validamente accordato nel caso in cui non esiste un formale diniego». Cioè, vengo a casa tua con il tuo favore ma non me ne vado più se non mi cacci espressamente. Una sorta di maleducazione codificata per legge.

La Consulta ha bocciato la norma maleducata sancendo che «la disciplina del diritto di proprietà attiene alla competenza esclusiva dello Stato in materia di ordinamento civile» e che «l’ordinamento del diritto privato si pone quale limite alla legislazione regionale, in quanto fondato sull’esigenza, sottesa al principio costituzionale di eguaglianza, di garantire sul territorio nazionale l’uniformità della disciplina dettata per i rapporti tra privati». La norma approvata dal Consiglio regionale ligure, invece, afferma la Consulta, «introduce una presunzione di consenso del proprietario del fondo al mantenimento su di esso del materiale usato per la costruzione degli appostamenti temporanei, che eccede i limiti del legittimo intervento del legislatore regionale, invadendo la competenza riservata allo Stato nella materia “ordinamento civile”. La norma impugnata comprime, infatti, le facoltà assicurate dal codice civile al proprietario del terreno, presumendo il suo consenso a mantenere su di esso i materiali utilizzati per l’installazione degli appostamenti temporanei, e, inoltre, impone a questo uno specifico onere formale nell’espressione del diniego, così derogando al principio generale della libertà delle forme di manifestazione della volontà negoziale stabilito dall’ordinamento civile».

L’affannosa corsa delle Regioni a farsi Stato, contro ogni regola costituzionale, pare non avere limiti. La Corte costituzionale ha bocciato anche un’altra norma introdotta dal legislatore ligure relativa, questa volta, all’attuazione dell’importante e delicato articolo 9 della Direttiva 79/409 CEE «Uccelli», per intenderci quello che disciplina le possibili deroghe ai divieti di cattura ed abbattimento delle specie tutelate di uccelli selvatici. Infatti quel Consiglio regionale ha stabilito che nelle Zone di protezione Speciale, designate ai sensi della Direttiva citata, i cacciatori possano esercitare l’attività venatoria nel mese di gennaio «per due giornate settimanali a scelta del cacciatore».

La norma regionale, però, contrasta con le disposizioni dell’art. 5, comma 1., lettera a), del decreto dell’allora ministro dell’Ambiente 17 ottobre 2007 «Criteri minimi uniformi per la definizione di misure di conservazione relative a Zone speciali di conservazione (Zsc) e a Zone di protezione speciale (Zps)» con cui si statuisce che l’attività venatoria nelle Zps si deve svolgere «per due giornate, prefissate dal calendario venatorio, alla settimana».

Facilmente la Consulta ha bocciato la nuova norma ligure affermando che i criteri minimi contenuti nel decreto del ministro dell’Ambiente sono inderogabili perché «hanno carattere vincolante per le Regioni, in quanto espressione di livelli uniformi di protezione ambientale in attuazione delle citate direttive europee». Meditate Regioni, meditate.

 

Fabio Modesti