Piano casa, Roma impugna la legge pugliese

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Il problema è che nel corso della discussione in Commissione consiliare ed in Aula quest’ultima legge si è trasformata in un vero e proprio autobus su cui sono salite norme del tutto estranee ma che ne hanno decretato in qualche modo l’esito dell’impugnazione da parte del Governo

È accaduto quel che si sapeva sarebbe accaduto e cioè che il Consiglio dei Ministri, nella seduta del 31 gennaio scorso, ha deciso di impugnare dinanzi alla Corte costituzionale la legge pugliese (n. 38/2021) di proroga del Piano casa a tutto il 2022. Ed ha impugnato anche la legge n. 39/2021 che riguardava, nella proposta originaria del consigliere Antonio Tutolo, la possibilità per i Comuni di incrementare l’indice fondiario in area agricola fino a 0,1 mc/mq. Il problema è che nel corso della discussione in Commissione consiliare ed in Aula quest’ultima legge si è trasformata in un vero e proprio autobus su cui sono salite norme del tutto estranee ma che ne hanno decretato in qualche modo l’esito dell’impugnazione da parte del Governo.

È quel che emerge leggendo le motivazioni portate dal Dipartimento degli Affari regionali in sede di Consiglio dei Ministri per l’impugnazione della legge di proroga del Piano casa. Si evince che la goccia che ha fatto traboccare il vaso è stata proprio una norma contenuta nella legge 39/2021 (impropriamente chiamata «legge Tutolo») che di fatto ha rinnegato il patto sancito dalla Puglia con il governo centrale di non consentire interventi in aree tutelate dal Piano paesaggistico (Pptr).

Un patto che ha già evitato il giudizio della Consulta durante lo scorso anno, sancito da una legge regionale che ha abrogato la disposizione che consentiva interventi del Piano casa in quelle aree.

Oggi, con la legge n. 39/2021 il governo ha rivisto vivere quella norma cancellata perché l’articolo 3 «Interventi in aree individuate dal Pptr» consente ai Comuni di assentire «le demolizioni-ricostruzioni previste dal Piano casa in aree paesaggisticamente vincolate in deroga alle norme del Pptr oltre che al Testo unico sull’edilizia del 2001».

In questo modo, motiva il Dipartimento Affari regionali di Palazzo Chigi, non si fa che confermare, «in una lettura sistematica» con la norma di proroga temporale del Piano casa cui è strettamente collegata, «l’ampliamento della portata del piano casa oggetto della presente impugnativa».

In definitiva, dice il governo centrale alla Regione Puglia, stai tentando di prendermi per il naso e non basta imbellettare le norme con richiami di stile al rispetto delle disposizioni di tutela paesaggistica se poi le rendi inefficaci nella realtà. Sei, inoltre (fa intendere il Dipartimento guidato da Mariastella Gelmini) poco affidabile perché vieni meno al patto che abbiamo stipulato «a seguito di uno specifico impegno assunto nei confronti del Governo dal Presidente del Consiglio regionale della Puglia con nota prot. 3725 del 25 febbraio 2021 in sede di interlocuzione sulla legge regionale n. 35 del 2020». Ma non finisce qui.

Dopo aver ricordato che dinanzi alla Corte costituzionale pende un giudizio di legittimità sempre del Piano casa pugliese su richiesta del Consiglio di Stato (ce ne siamo occupati qui), il Dipartimento per gli Affari regionali, evidentemente d’intesa con il Ministero della Cultura, afferma che le norme di proroga del Piano casa pugliese sono illegittime «in quanto, in combinato disposto con l’art. 3 della legge regionale n. 39 del 2021, consentono di derogare al Pptr approvato d’intesa con lo Stato, […] e violano il principio di leale collaborazione «introducendo una disposizione abrogata su impegno assunto dalla Regione e derogando in via unilaterale al piano paesaggistico […]».

Il Dipartimento ricorda come la Corte costituzionale, anche con la recente sentenza n. 170/2021, ha stigmatizzato la prassi delle proroghe successive nel tempo rimarcando che «il prolungato succedersi delle proroghe di una disciplina derogatoria, in contrasto con le esigenze di una regolamentazione organica e razionale dell’assetto del territorio, presenta un innegabile rilievo, […] un dato meritevole di attenta considerazione». E si potrebbe continuare. Ma ora ci si chiede che cosa intenda fare la Regione guidata da Michele Emiliano.

Tanto per cominciare, la Giunta regionale si costituirà in giudizio contro l’impugnazione governativa? Perché se così fosse, e dando per scontato che stare in giudizio è una scelta squisitamente politica, vorrebbe dire che l’esecutivo regionale sostiene norme che hanno già infranto il patto con il governo centrale. In secondo luogo, perché non è ancora pronto un disegno di legge che affronti con pragmaticità l’attuale momento? Basterebbero poche norme che, ad esempio, limitino l’operatività del Piano casa ai soli centri abitati utilizzando i Documenti programmatici di rigenerazione urbana (Dpru), eliminando oppure limitando i cambi di destinazione d’uso dei fabbricati e le relative dimensioni, senza andare ad incidere nei territori paesaggisticamente tutelati. In questo modo il comparto edilizio continuerebbe a «portare piatti in tavola», parafrasando chi strenuamente sostiene l’insostenibile attualità del Piano casa pugliese così com’è. Poi ci si aspetterebbe che l’Anci nazionale e regionale dicano qualcosa su come i Comuni sono orientati a gestire la difficile situazione. E non basta a giustificare il silenzio sapere che in Puglia il vero problema di applicazione del Piano casa è Bari di cui Antonio Decaro, Presidente nazionale dell’Anci, è Sindaco.

 

Fabio Modesti