Ucraina, eolico e pasticci italiani

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Il caso del parco eolico della Erg Wind Sardegna «Nulvi Ploaghe» (SS) da 121,5 MW. Il pensiero unico che vorrebbe la penisola coperta di torri eoliche e di specchi fotovoltaici per fornire, in modo intermittente e poco affidabile, appena una parte non maggioritaria del fabbisogno della sola energia elettrica, continua a produrre errori ed orrori

Non è stato facile ricomporre il puzzle che viene fuori da articoli di giornali e sentenze del Consiglio di Stato succedutesi recentemente in merito agli impianti per la produzione di energia da fonti rinnovabili (Fer). In particolare dalle pronunce che riguardano la Regione Sardegna.

Nei giorni scorsi i giornali sardi hanno «sparato» la notizia di uno «Schiaffo giudiziario senza appello al governo Draghi, il Consiglio di Stato boccia le pale nell’Isola» ed il pensiero è andato subito alla decisione assunta dal governo il 10 marzo scorso di sbloccare una serie di impianti Fer di cui 4 in Puglia e 1 in Sardegna. Quest’ultimo è in realtà il potenziamento del parco eolico della Erg Wind Sardegna «Nulvi Ploaghe» (SS) da 121,5 MW. L’impianto è però il medesimo finito sotto la tagliola del Consiglio di Stato con la sentenza n. 08754/2021 pubblicata il 31 dicembre 2021.

Con quella decisione, i giudici di Palazzo Spada hanno sancito la legittimità del diniego opposto all’impianto nel dicembre 2019 dall’allora Ministero per i Beni culturali (Mibact). Legittimità riconosciuta in prima istanza dal Tar Sardegna che aveva respinto integralmente sia il ricorso introduttivo sia i motivi aggiunti, condannando la Erg Wind Sardegna al pagamento delle spese di lite. Su quell’impianto si era pronunciata anche la Commissione tecnica di verifica dell’impatto ambientale – Via e Vas del ministero dell’Ambiente dicendo che «gli aerogeneratori ricadono in aree idonee per l’installazione di impianti Fer».

Il procedimento, occorre dire, è antecedente all’entrata in vigore del decreto-legge n. 77 del 2021 e del decreto legislativo n. 199 del 2021 che hanno «tagliato le unghie» all’opposizione ai parchi eolici e fotovoltaici paesaggisticamente devastanti, «legalizzando» il pensiero unico in loro favore.

La non applicabilità di tali norme al procedimento in discussione ha consentito al Consiglio di Stato di ribadire che nel caso della Regione a Statuto speciale Sardegna, la competenza in materia paesaggistico-ambientale è in via esclusiva della stessa Regione la quale aveva, con una deliberazione della Giunta regionale del 2015, individuato le aree «non idonee» all’installazione di impianti industriali di rinnovabili. La Regione Sardegna su questa base ed il Mibact su valutazioni paesaggistiche ed archeologiche avevano posto il veto al potenziamento dell’impianto Erg. Ma la posizione del Ministero guidato da Franceschini è evidentemente cambiata, allineandosi al «sì» all’impianto in sede di Consiglio dei Ministri del 10 marzo scorso. L’esecutivo guidato da Draghi, cui per legge è devoluta la questione al fine di comporre il conflitto sorto tra Ministero dell’Ambiente e Mibact, ha infatti deliberato lo sblocco al potenziamento di questo impianto con torri alte 180 metri per portarlo a 121,5 MW, nonostante la sentenza del Consiglio di Stato. La Regione Sardegna sta ora aspettando che il relativo procedimento di compatibilità ambientale giunga al termine e venga emesso il relativo decreto per impugnarlo dinanzi al competente Tar del Lazio. In quella circostanza la Sardegna cercherà di far valere i principi ribaditi dal Consiglio di Stato nella sentenza del 31 dicembre 2021 e confermati in un’altra sentenza (la n. 02464/2022 pubblicata il 4 aprile scorso) su un ulteriore impianto eolico in quella regione. Ma l’esito non è affatto scontato. Come era facile prevedere, le norme facilitative per l’installazione di impianti di rinnovabili stanno innescando contenziosi che, nel quadro della ripartizione costituzionale delle competenze in materia paesaggistico-ambientale ed alla luce delle recenti modifiche costituzionali dalla ambigua valenza, coinvolgeranno sicuramente la Corte Costituzionale. Il tutto in un quadro di approvvigionamento energetico reso complicatissimo dall’aggressione russa all’Ucraina e dalla necessità di affrancarsi dal gas fornito da Mosca all’Europa.

Nelle previsioni di produzione di energia da fonti rinnovabili sancite nel Piano nazionale integrato per l’energia e il clima 2030 (Pniec) ci sono impianti che probabilmente non vedranno mai la luce così come il potenziamento di molti di quelli esistenti. Il pensiero unico che vorrebbe la penisola coperta di torri eoliche e di specchi fotovoltaici per fornire, in modo intermittente e poco affidabile, appena una parte non maggioritaria del fabbisogno della sola energia elettrica, continua a produrre errori ed orrori.

 

Fabio Modesti