Nelle città si fa strada lo sharing mobility. Ecco perché

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Intervista all’Osservatorio nazionale sulla sharing mobility

In Italia i viaggi realizzati in sharing mobility dal 1° gennaio al 31 dicembre 2021 sono stati in tutto 35 milioni circa, il 61% in più di quelli del 2020 e il 25% in più del 2019. Dal punto di vista dell’offerta al 31 dicembre del 2021 i servizi attivi in Italia erano 190, più 32 rispetto all’anno precedente e più 90 circa rispetto al 2019. Il 94,5% dei veicoli in condivisione è già a zero emissioni perché composta da veicoli completamente elettrici o addirittura privi di alcun motore come nel caso delle biciclette tradizionali

La sharing mobility è in continua crescita nelle città italiane. Nel 2021 i livelli di utilizzo dei servizi di vehiclesharing (carsharing, scootersharing, bikesharing, monopattino-sharing) tornano a salire come nel periodo pre-pandemia con un aumento dei viaggi realizzati in sharing mobility, aumenti che hanno coinvolto anche le flotte utilizzate che diventano sempre più leggere, piccole ed elettriche, un sistema che nel suo complesso diventa sempre più green con un fatturato in veloce ascesa.

Noi di «Villaggio Globale» abbiamo voluto porre alcune domande all’Osservatorio nazionale sulla sharing mobility, promosso dal ministero della Transizione ecologica, dal ministero delle Infrastrutture e delle mobilità sostenibili e dalla Fondazione per lo sviluppo sostenibile, che ha organizzato la 6° Conferenza nazionale della sharing mobility, «Lesscars: drive the revolution» occasione in cui è stato presentato il «Rapporto sulla sharing mobility».

Ci ha risposto Luca Refrigeri, Analista all’Osservatorio.

In cosa consiste la sharing mobility in Italia e nel Mondo? Il quadro della situazione ad oggi
I servizi di sharing mobility rappresentano oggi una realtà nel panorama dei trasporti, in Italia e in tanti altri paesi del Mondo. Soprattutto la diffusione della connettività e lo sviluppo delle tecnologie digitali hanno permesso di ampliare l’offerta di mobilità con una gamma diversificata di nuovi servizi importanti per avvicinare l’obiettivo di diminuire l’uso dell’automobile personale nelle città e poter diminuire i livelli di inquinamento, traffico e incidentalità. Difficile oggi immaginare una grande città senza almeno un servizio di carsharing, bikesharing, scootersharing o monopattino-sharing. Un’offerta che cresce di pari passo alla domanda di questi servizi. Basti pensare che in Italia per esempio i viaggi realizzati in sharing mobility dal 1° gennaio al 31 dicembre 2021 sono stati in tutto 35 milioni circa, il 61% in più di quelli del 2020 e il 25% in più del 2019. Dal punto di vista dell’offerta al 31 dicembre del 2021 i servizi attivi in Italia erano 190, più 32 rispetto all’anno precedente e più 90 circa rispetto al 2019. Servizi che hanno messo a disposizione dei cittadini circa 89mila veicoli su tutto il territorio nazionale (+5% rispetto al 2020), ripartiti tra bici (31%), monopattini (51%), scooter (10%) e auto (7%).

Quali sono le città dello sharing e cosa serve per renderlo più diffuso ovunque?
L’eccellenza italiana ed europea in questo campo è senza dubbio Milano, che ha costruito nel tempo un’offerta ampia e varia di servizi di sharing mobility innestati in un contesto dove anche il resto della mobilità condivisa (treni, metro, autobus e tram) si attesta su ottimi livelli. Segue Roma che sta recuperando il gap negli ultimi anni investendo soprattutto sulla pianificazione e il monitoraggio dei servizi.

Questo per parlare delle due maggiori città italiane in termini di offerta e domanda. Ma la notizia più positiva è che a differenza di qualche anno fa la sharing mobility sta crescendo e si sta affermando anche in tante altre città italiane. L’effetto numerico di questa tendenza sta nel fatto che per la prima volta dalla sua nascita, il numero di capoluoghi di provincia con almeno un servizio di sharing mobility è più alto del numero di quelli senza nessun servizio attivo, 62 contro 46 per la precisione. Dal punto di vista territoriale, i capoluoghi con almeno un servizio sono 35 su 48 totali al nord, 11 su 28 al centro e 16 su 32 al sud.

Su questi numeri così positivi giocano senz’altro due fattori: 1) il ruolo delle amministrazioni che stanno via via comprendendo l’utilità di questi servizi, sperimentando anche modelli innovativi di governance perfezionati sulla realtà territoriale specifica 2) l’arrivo di servizi come il monopattino-sharing con equilibri economici tali da garantire la sostenibilità dei servizi anche in territori più complicati.

Lo sharing è sicuro sulla strada?
La sicurezza di un veicolo dipende in grandissima parte dalla persona alla guida, siano essi veicoli in sharing o veicoli personali. Senza dubbio i veicoli in sharing sono ideati per garantire alla persona che guida il massimo grado di sicurezza possibile, per esempio attraverso un aumento delle dimensioni e della solidità dei veicoli, un monitoraggio frequente fatto anche attraverso strumenti telematici. Inoltre il ricambio dei veicoli in flotta avviene più rapidamente della flotta privata.

L’economia della sharing mobility è conveniente?
La sharing mobility è un settore che si sta consolidando e che nel 2021 ha fatturato complessivamente 130 milioni (+52% rispetto al 2020). La sharing mobility è inoltre un settore che offre lavoro sul territorio e che vede aziende italiane nascere e investire sia nel nostro paese sia all’estero. Il tutto offrendo soluzioni di mobilità utili alle persone per muoversi in maniera più intelligente, efficiente e sostenibile all’interno delle città. Quindi direi di sì.

Ci sono impatti ambientali derivanti dallo sharing mobility?
Sì, come in ogni settore d’attività. Ma guardando alla composizione della flotta la sharing si conferma come soluzione di mobilità green considerato che il 94,5% dei veicoli in condivisione è già a zero emissioni perché composta da veicoli completamente elettrici o addirittura privi di alcun motore come nel caso delle biciclette tradizionali. Dati questi che vanno letti soprattutto in relazione alla qualità ecologica del parco circolante privato italiano nel 2021, che facendo riferimento alle sole automobili conta una quota di auto a zero emissioni pari allo 0,3%.

Detto questo ci sono senza dubbio ancora dei margini di miglioramento per quanto riguarda la gestione delle flotte nello spazio stradale, soprattutto guardando ai veicoli in sosta, e per quanto riguarda il ciclo di vita dei mezzi e delle batterie, dunque impiego di materiali e riuso.

La mobilità sostenibile è anche legata allo sharing mobility… quali le aperture future, e questo in termini finanziari, normativi, applicativi?
Per aumentare il grado di sostenibilità ambientale nel modello attuale di mobilità urbana dominato dall’automobile personale occorre senza dubbio puntare sui servizi di mobilità condivisi. Meno automobili vuol dire meno inquinamento, meno emissioni di CO2, meno traffico, più sicurezza per gli altri utenti della strada, più spazio nelle città per i cittadini. Per raggiungere l’obiettivo di diminuire le auto in circolazione un ruolo decisivo ce l’ha il trasporto collettivo che va sviluppato e rafforzato attraverso investimenti, insieme anche alla sharing mobility da sostenere magari attraverso incentivi alla domanda per aumentare il ventaglio di soluzioni che aiutino le persone a poter rinunciare alla propria auto.

 

Elsa Sciancalepore