֎Nel Genovese un piano urbanistico cambia la destinazione d’uso di un castagneto. Il proprietario è contrario e imbastisce una causa, ma il Consiglio di Stato gli dà torto perché la possibilità di costruire non è obbligatoria֎
I piani urbanistici, si sa, sono un duro banco di prova per le amministrazioni comunali. Per la loro elaborazione si investono molti denari cercando di coinvolgere urbanisti di vaglia, archistar, professionisti esperti. Di solito i piani urbanistici costituiscono strumenti politicamente molto delicati, si rompono maggioranze, cadono amministrazioni, si compattano interessi trasversali.
Soprattutto, nella loro formazione si cerca di soddisfare quante più aspettative possibile, in pratica si firmano cambiali politiche con l’imprenditoria edile, si mettono in piedi vere e proprie alleanze politico-fondiarie. E in molti casi i piani urbanistici non vedono mai la luce perché la sintesi tra le richieste di edificabilità e le possibilità di realizzarle non riesce.
Il castagneto sacrificato
Può anche accadere, però, ed è il caso di cui ci occupiamo, che un nuovo piano urbanistico vada contro i desiderata del proprietario dei suoli interessati rendendoli edificabili contro il suo volere. È accaduto questo in Liguria nel piccolo Comune di San Colombano Certenoli (Genova), poco più di 2.500 abitanti, dove un suolo di un terzo di ettaro di bosco coltivato a castagneto da frutto e prato-pascolo è stato tipizzato nel nuovo Piano urbanistico comunale, appunto contro il volere del proprietario, edificabile per poter costruire «anche ad uso residenziale, con indice di edificabilità fondiario (da esprimere in termini di SU con l’utilizzo dell’IUI) 0,01 mq/mq (non superiore a 0,01mq/mq), numero piani max 3, altezza dell’edificio max 9, 00 m». Ma il proprietario si è opposto in tutti i modi alla trasformazione di destinazione d’uso di quel suolo che nel precedente Piano di Fabbricazione era tipizzato come area agricola ed a lui stava bene così. Si è così rivolto al Presidente della Repubblica con un ricorso straordinario sul quale, come previsto dalla procedura, si è espresso con un parere il Consiglio di Stato, prima Sezione, presieduta dall’ex Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, con Mario Draghi Presidente, Roberto Garofoli.
Il parere del Consiglio di Stato
I massimi giudici amministrativi non hanno condiviso le tesi del proprietario del bosco ed anzi hanno sollevato una questione di carenza di interesse a proporre ricorso per l’annullamento della deliberazione di approvazione del Piano urbanistico comunale «in quanto la lesione alla propria sfera giuridica da esso lamentata non sussiste in termini di attualità e concretezza e comunque trattasi di un pregiudizio la cui neutralizzazione non richiede necessariamente l’annullamento dell’atto oggetto di contestazione». In sostanza, sostengono i giudici di Palazzo Spada, «la nuova destinazione […] non determina una lesione attuale e concreta della sfera giuridica del ricorrente proprietario, atteso che essa, in base agli atti posti a disposizione del Collegio, non impone affatto la lamentata trasformazione nei sensi avversati dal [ricorrente]. Da ciò deriva pure la mancanza di una necessaria e non altrimenti ottenibile utilità della richiesta decisione di annullamento del provvedimento impugnato in capo al ricorrente. Vi è, infatti, da considerare che lo strumento urbanistico, nel determinare la destinazione delle parti di cui si compone il territorio comunale, ha efficacia conformativa del diritto di proprietà, stabilendo le modalità e i limiti di esercizio delle facoltà che ne costituiscono contenuto e concreta esplicazione. La previsione di edificabilità del suolo, nel regolamentare lo ius aedificandi, attribuisce al proprietario la mera facoltà di trasformarlo, così ampliandone i contenuti, ma non ne impone affatto l’obbligo. L’edificazione, pertanto, è rimessa alla esclusiva iniziativa del proprietario, il quale può liberamente scegliere di non realizzarvi costruzioni, mantenendone le attuali caratteristiche».
I giudici dicono di più e sembrano contestare al proprietario dei suoli che ha presentato ricorso il fatto di disconoscere il favore fattogli dall’amministrazione comunale. Scrivono, infatti, «in tale contesto, pertanto, la previsione urbanistica avversata non si presenta pregiudizievole e lesiva della sfera giuridica del ricorrente, connotandosi, invece, quale disposizione di favore, che, rispetto alle previgenti disposizioni di piano, conforma in termini ampliativi i contenuti del diritto di proprietà senza escludere affatto la permanenza dell’utilizzo del suolo nella sua attuale conformazione». Dal bosco di castagni di San Colombano Certenoli è tutto…
Fabio Modesti