La storia della Fibronit e di una cittadinanza quasi attiva a Bari

866
copertina 1 fibronit
Tempo di lettura: 4 minuti

֎Il libro edito da Les Flaneurs edizioni e scritto da Elda Perlino e Lucia Schinzano al centro dell’evento di presentazione che si svolgerà oggi a Bari. Sarà presentato da Salvatore Valletta (Sigea)֎

copertina fibronit«Bari, la cittadinanza (quasi) attiva. Storia della partecipazione e dell’associazionismo: dalla Fibronit alla Consulta comunale all’ambiente» è il libro, edito da Les Flaneurs edizioni, e scritto da Elda Perlino e Lucia Schinzano al centro dell’evento, presentato dal Salvatore Valletta (già presidente dell’Ordine dei geologi della Puglia e socio della Società italiana di geologia ambientale) che si svolgerà oggi a Bari.

Un volume che vuole raccontare la storia dell’associazionismo barese degli ultimi vent’anni, associazionismo, si legge nella prefazione, che si manifesta in maniera eclatante all’inizio degli anni Duemila, in un contesto politico e sociale che vede la nascita di una cittadinanza attiva che attira tanti cittadini che si uniscono e si organizzano in una miriade di movimenti per proporre soluzioni concrete ai tanti problemi ambientali che affliggono la città di Bari e su tutti la presenza di amianto sul sito della ex fabbrica Fibronit. Un passaggio fondamentale nell’affrontare la questione Fibronit è quindi la volontà di creare la prima «Consulta» spontanea, la Consulta all’ambiente del comune di Bari istituita da Maria Maugeri, assessora all’ambiente negli anni 2004-2009, che seppe intercettare la spinta di associazioni e cittadini decisi a collaborare con l’amministrazione per risolvere le questioni ambientali della città.

Un po’ di storia

Era il 9 febbraio del 1995 quando Antonello Fiore, ora presidente della Sigea e Salvatore Valletta depositarono presso la Stazione dei carabinieri di Japigia la denuncia che riportava testualmente: «…segnaliamo che presso lo stabilimento Fibronit di Bari (via Caldarola rione Japigia) nell’area di stoccaggio attigua al cavalcavia di via Magna Grecia, e da esso visibile, in data 8/2/95 e 9/2/95 alcuni operai provvedevano a rimuovere con mezzi meccanici materiale fibro-cemento considerato rifiuto tossico-nocivo dalla L. 27/3/92 n. 257, e a sistemarlo all’interno di diversi container (di colore azzurro, verde, rosso). Tali operazioni erano perfettamente visibili dal sopracitato cavalcavia».

Un’azione sulla vicenda Fibronit che si è svolta negli anni integrando un impegno civico con le conoscenze tecniche e scientifiche, integrazione determinante per creare quell’attenzione, sempre più crescente, necessaria per il coinvolgimento diretto della società civile, dei media, del mondo accademico e delle professioni, e del mondo istituzionale che aveva il compito di vigilare nell’affrontare una vicenda dagli aspetti drammatici. Un dramma che presto varcò i confini regionali sia per la grave situazione di inquinamento ambientale accertato, sia per quello che aveva causato agli operai e agli abitanti dei quartieri prossimi ai capannoni e ai piazzali, nonché per le conseguenze disastrose che avrebbero avuto le ipotesi di intervento sull’area.

Molte le associazioni protagoniste di questo percorso (Anarres, Sviluppo sostenibile, Sigea, Comitato cittadino Fibronit, Città Plurale, Associazione esposti amianto, Sinistra ecologista, Associazione cittadini e territorio, Comitato Marisabella, ecc.).

Un percorso che vede nel nuovo millennio la svolta. È infatti nel 2000 che un documento della commissione parlamentare d’inchiesta sul ciclo dei rifiuti lancia l’allarme sulla ex Fibronit e sull’ex Gasometro definiti bombe ecologiche ed è poi nel 2001 che lo stabilimento dismesso di lavorazione del cemento-amianto Fibronit viene incluso nell’elenco dei siti inquinanti di interesse nazionale. E sarà poi nel 2004 che, all’indomani delle elezioni amministrative che vedono diventare sindaco Michele Emiliano, verrà bloccata ogni possibilità, in quell’area, di edificare palazzi, sottopassi, centri commerciali. E per la bonifica si sceglierà di non trasferire l’amianto altrove ma di confinarlo e tombarlo in situ, un cimitero di rifiuti e morte su cui cresceranno fiori, il Parco della rinascita.

I dati e il libro

Alla vigilia dell’evento Salvatore Valletta ricorda come le iniziative come questa siano utili sia per ricordare le battaglie cittadine intraprese nel tempo per rendere innocuo un sito come quello della Fibronit, che ha determinato centinaia di morti tra lavoratori e non, sia per evidenziare l’importanza nel presente e in futuro che la tutela della salute e dell’ambiente ritorni ad essere la priorità nella gestione dell’Ente locale. Quindi bene hanno fatto le autrici a richiamare l’attenzione alla salvaguardia dell’ambiente e delle popolazioni che lo vivono come monito per le future generazioni.

Valletta inoltra ricorda come sia stato essenziale il lavoro volontario fatto da associazioni quale Anarres che, nel silenzio più totale di chi conosceva la storia Fibronit, ha richiamato l’attenzione sulla pericolosità del sito e poi sulla pericolosità della prospettata possibilità di bonifica per asportazione e movimentazione delle tonnellate di amianto e rifiuti contenenti amianto stoccati in 50 anni di lavorazione del sito industriale. L’importanza, pertanto, dell’azione di associazioni come la Sigea che si è spesa per contrastare il Piano di lottizzazione che insisteva sull’area Fibronit sollecitando l’inserimento della stessa area tra i siti inquinanti di interesse nazionale. Un lavoro incessante di associazioni e giovani geologi che, coinvolgendo i propri docenti universitari, hanno lavorato per far emergere a livello nazionale la problematica Fibronit riuscendo a far prevalere la bonifica per incapsulamento dei terreni inquinati in profondità, senza movimentazione del pericoloso minerale.

Un volume sincero che dà direttamente voce ai diversi protagonisti con interviste pubblicate in cartaceo e altre linkabili online e che richiama all’impegno collettivo per continuare a esercitare la partecipazione attiva e condivisione con la cittadinanza del governo della città.

Sarà per questo che a Bari c’è ora una cittadinanza quasi attiva?

 

Elsa Sciancalepore