Frane e dissesto idrogeologico, dramma infinito

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Una frana in atto a S. Marco in Lamis sul Gargano
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In occasione della X Giornata mondiale dell’acqua, durante il convegno, organizzato dall’Accademia nazionale dei Lincei, il Presidente Napolitano ha esposto un chiaro messaggio in cui sottolinea che il tema del dissesto idrogeologico è, nel nostro paese, un problema da non sottovalutare

Anche il Presidente Napolitano si è espresso in merito al tema del dissesto idrogeologico che in Italia è un problema «drammaticamente attuale» i cui effetti hanno coinvolto e coinvolgono un gran numero di abitanti. Il messaggio è stato illustrato in occasione della X Giornata mondiale dell’acqua, durante il convegno «Frane e dissesto idrogeologico: consuntivo», organizzato dall’Accademia nazionale dei Lincei. Il Presidente ha esposto un chiaro messaggio in cui sottolinea che il tema del dissesto idrogeologico è, nel nostro paese, un problema da non sottovalutare.

La diffusione del rischio idrogeologico in Italia, fortemente collegata alle particolari caratteristiche geologiche del territorio, è un processo che è stato fortemente aggravato dall’azione dell’uomo e dalla mancanza di una cultura della prevenzione in grado di individuare e monitorare le situazioni di rischio e di intervenire efficacemente non solo per gestire le emergenze a danno avvenuto ma anche per garantire la prevenzione con norme rigorose e accurate ispezioni. Condotte di irresponsabile superficialità e infrazioni delle norme poste a difesa del territorio sono troppo spesso causa di danni irreparabili che mortificano il nostro ambiente e pregiudicano l’equilibrio dell’ecosistema, con effetti catastrofici per le persone, per i loro beni e per il benessere dell’intera nazione.

Le dimensioni del problema hanno limiti che sfuggono dalla comprensione umana ed è proprio questa maestosità del fenomeno che impone una più severa azione di repressione dell’abusivismo e dei reati ambientali, processi questi da integrare con un programma di bonifica e di messa in sicurezza dell’intero territorio nazionale. In questa prospettiva è necessario analizzare il contributo di analisi offerto dall’intera comunità scientifica, dai centri di ricerca e dalle associazioni impegnate nella tutela del territorio e delle risorse naturali, al fine di preservare per le generazioni future questo bene prezioso che è rappresentato da un ambiente intatto e fiorente in tutte le sue parti. Ma concentriamoci sulla definizione della comunità scientifica presente in Italia e tutelata dalle parole del Presidente Napolitano che la definisce l’organo di tutela ambientale per eccellenza.

Parlando di comunità scientifica e centri di ricerca, non si può certo non parlare dell’Ispra (Istituto superiore per la protezione e la ricerca Ambientale). Ed è l’Ispra, istituto che ormai da tempo soffre le pressioni di una realtà fortemente poco attenta alla ricerca ambientale, che torna a far parlare di sé.

I ricercatori dell’Ispra sono scesi dal tetto ma vedono ancora fortemente minacciata l’indipendenza e il valore della ricerca ambientale in Italia. Se, infatti, passasse il regolamento in discussione alle Camere (decreto governativo 193), i poteri di controllo gestionale, scientifico e contabile dell’Ispra sarebbero affidati al ministro dell’Ambiente. Non più ricerca scientifica a servizio della collettività ma una coesione del potere politico, gestionale e scientifico che vedrebbe una possibile subordinazione dell’Ispra al ministro dell’Ambiente «di turno», con una conseguente politicizzazione della ricerca ambientale, che invece, per essere professionale e assoluta, dovrebbe rimanere libera ed autonoma. A seguito di questa analisi, una riflessione viene in maniera spontanea: ci sono problemi di comunicazione ai vertici degli organi dirigenziali o a tutti piace parlare di tutela e di rispetto ambientale senza poi mettersi nelle condizioni di perseguirlo in maniera coerente?