Perché fermare il consumo di suolo

2212
alluvione emilia romagna
Un'immagine presa dall'elicottero dei Carabinieri sull'alluvione in Emilia Romagna
Tempo di lettura: 2 minuti

֎La nostra storia contemporanea è scandita dal consumo di suolo; eppure, non si intravede alcun cambiamento radicale all’orizzonte. Il dissesto idrogeologico non si fronteggia soltanto con le opere, se non a monte delle città, ma lasciando spazio alla natura֎

Un anno fa l’Emilia-Romagna contava morti, sfollati e danni ingenti all’intero patrimonio. Non è la prima volta che tali eventi incidono in modo gravoso in Italia e purtroppo non sarà nemmeno l’ultima. Questo anniversario contiene una beffa, in quanto proprio nei giorni scorsi eventi estremi hanno flagellato la Lombardia e il Veneto che, forse memori dei propri trascorsi, ha costruito diversi bacini di laminazione dopo che l’alluvione del 2010 mise in ginocchio Vicenza. Senza questi strumenti avremmo contato l’ennesima tragedia.
Questi progetti, sebbene siano utili ed efficaci, tamponano momentaneamente il problema, che deve essere affrontato con una visione progettuale di lungo termine. La nostra storia contemporanea è scandita dal consumo di suolo; eppure, non si intravede alcun cambiamento radicale all’orizzonte. Il dissesto idrogeologico non si fronteggia soltanto con le opere, se non a monte delle città, ma lasciando spazio alla natura.
Non è ammissibile imbrigliare i fiumi entro una maglia di cemento ma occorre riqualificarli e rinaturalizzarli perché un fiume, se lasciato in pace, è più sicuro. Paludi ed aree golenali servono a placarne l’irruenza, inoltre creano nicchie ecologiche. Molti amministratori non considerano che anche un piccolo torrente è dinamico e mutevole, in rapporto costante con i territori e le falde acquifere.
Le bombe d’acqua che cadono con intensità sempre più forte rilasciano enormi quantità d’acqua che costituiscono una risorsa preziosa per placare la siccità. Alcuni grandi paesi, come l’India, erigono delle dighe-tampone in grado di trattenere e riutilizzare l’acqua, anche se talvolta questo bene viene privatizzato, creando conflitti tra popolazioni locali.
In Emilia-Romagna il consumo di suolo è eccessivo e innumerevoli abitazioni sono a forte rischio in quanto dislocate in territori franosi. Noi continuiamo a ricoprire di asfalto e cemento. L’Italia custodisce un territorio fragile e geologicamente giovane che non richiede una bulimia costruttiva asfissiante ma un’unica e semplice legge: zero consumo di suolo.
Gli aiuti alle popolazioni colpite si sono rivelati insufficienti e tardivi mentre abitazioni ed industrie erano immerse nel fango fino ai piani superiori. Ciò che si è rivelato preziosa è la solidarietà capillare tra imprenditori e cittadini. Ravenna e Faenza, custodi di una storia millenaria, si sono mobilitate per difendere le vestigia storiche.
Diversi agricoltori ravennati hanno sacrificato i loro terreni per salvare i mosaici bizantini tra i più belli al mondo, mentre Faenza ha scelto di rendere cerimonia la memoria coinvolgendo i rioni.
Giovani e giovanissimi hanno trasformato le piazze nel teatro della loro sensibilità, organizzando spettacoli teatrali e momenti di condivisione. Da subito in prima linea contro il fango, hanno dimostrato che sono i piccoli atti quotidiani a cementare una comunità, anche di fronte ad eventi climatici che non sono più soltanto epocali, ma frequenti e devastanti.

 

Francesco Sannicandro