Fuso risponde ad Orefice

554
Tempo di lettura: 2 minuti

Caro Prof. Orefice,

La ringrazio per l’attenzione che ha voluto riservare al mio libro e per gli apprezzamenti che esprime.
Riguardo alla Sua «modesta proposta», Le preciso che io sono chimico di formazione e, in tutta franchezza, mastico poco di modello standard. Di conseguenza non mi sento assolutamente in grado di esprimere un giudizio di merito. Sicuramente, Lei ha le competenze e le motivazioni per esprimere le Sue critiche. Non posso quindi che limitarmi a svolgere alcune considerazioni di carattere generale, dal punto di vista del divulgatore generalista.

A me sembra ci siano profonde differenze, di metodo e di sostanza, tra il modello standard e le teorie di Reich. Mentre queste ultime erano totalmente frutto della fervida immaginazione dello psicanalista, i fondamenti del modello standard mi sembrano legati alle evidenze sperimentali che si cerca di interpretare. Inoltre mi sembra che nessuno consideri in maniera dogmatica il modello standard. Anche i suoi sostenitori sono consapevoli dei suoi limiti e della sua incompletezza, prova ne è che si continua a lavorare per andare oltre tale modello. Persino una trattazione divulgativa di tale modello, presente su un sito «istituzionale» come quello dell’Infn, evidenzia tali limiti, fornendo anche al lettore indicazioni precise su quali siano i problemi tuttora aperti (che il modello non riesce a spiegare) e quali siano i tentativi in corso per cercare di risolverli. Si veda questa pagina e le seguenti (cliccando «next»).

Sono assolutamente d’accordo con e Lei che «La Scienza diviene “patologica” non già quando si scosta da quella Ufficiale, ma quando si scosta dal Buon Senso». Ma, secondo me, non ha neppure senso parlare di «scienza ufficiale». Esiste solamente la scienza punto e basta. Quella basata sull’osservazione e sulla logica e continuamente disponibile a rivedere se stessa, senza preclusioni o arroccamenti.

Riguardo al «al vezzo tutto italiano di correre, sempre e comunque, in aiuto dei più forti, irridendo i più deboli», Le posso assicurare che detesto anch’io tale diffuso malcostume e se Lei conoscesse le mie vicende personali, si renderebbe conto che la mia non è solo una dichiarazione verbale.
La ringrazio ancora e Le invio i miei più cordiali saluti.
Silvano Fuso