Greenpeace all’Enel: stop centrali a carbone

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Due i progetti sotto accusa: quello di Porto Tolle, in provincia di Rovigo, e quello di Galati, in Romania. Le stime emerse prevedono un numero di 85 casi di morte prematura e 234 milioni di euro danni ambientali e sanitari per ogni anno di funzionamento. «Enel è un’azienda che procede spedita verso il passato ignorando il futuro»

Greenpeace, attraverso l’azionariato della Fondazione Banca Etica, torna a chiedere a Enel di cambiare rotta, cominciando ad archiviare i progetti di nuove centrali a carbone, in Italia come in Europa. Due, in particolare, i progetti da cui partire: quello di Porto Tolle, in provincia di Rovigo, e quello di Galati, in Romania.

Per il progetto di Porto Tolle, centrale che sorge nel delta del Po, Greenpeace ha realizzato un rapporto che utilizza un modello scientificamente validato dall’Università di Stoccarda (EcoSenseWeb), per determinare gli impatti sanitari di una conversione a carbone dell’impianto.

Le stime emerse prevedono un numero di 85 casi di morte prematura e 234 milioni di euro danni ambientali e sanitari per ogni anno di funzionamento. Nei 40 anni di vita della centrale si avrebbero dunque circa 3.400 casi di morte prematura. Le emissioni dell’impianto interesserebbero un’area, la Pianura Padana, con livelli già elevati di polveri sottili e due regioni, Veneto e Lombardia, le cui città si trovano già oltre i limiti di legge, di prossima entrata in vigore, per il PM2,5. L’opzione a gas metano ridurrebbe di quasi 7 volte questi impatti. Greenpeace ha consegnato questa analisi al ministero dell’Ambiente, che il 30 novembre scorso ha riaperto la procedura di Valutazione d’impatto ambientale.

L’altra centrale a carbone su cui Greenpeace ha sollevato le sue osservazioni è quella di Galati, in Romania, sulle rive del Danubio a 50 chilometri dal delta del fiume, patrimonio mondiale dell’Umanità per l’Unesco. Gli 800 Megawatt che Enel vorrebbe realizzare e alimentare a carbone, secondo uno studio realizzato con una metodologia già impiegata dall’Agenzia europea per l’Ambiente, determinerebbero una mortalità prematura stimabile in 40 casi l’anno e danni ambientali e sanitari per 235 milioni di euro all’anno. Questi dati sono già elemento comune della protesta di diverse associazioni, oltre a Greenpeace, nonché di molti cittadini e amministratori locali, incluso il sindaco della città di Galati.

Nelle ultime settimane 1.600 lettere di protesta, dalla Romania, hanno raggiunto i vertici italiani e locali di Enel, chiedendo la cancellazione del progetto. Oggi, all’assemblea degli azionisti, interverrà anche un cittadino rumeno, Mihai Văleanu, che a nome della cittadinanza di Galati e del fronte della protesta ha chiesto a Enel di investire i suoi capitali in fonti rinnovabili, di cui la Romania è ricca, e di abbandonare la strada del carbone, che per quell’impianto Enel dichiara di voler importare dalle miniere dell’ex blocco sovietico dell’Ucraina.

«Enel è un’azienda che procede spedita verso il passato ignorando il futuro – ha dichiarato Andrea Boraschi, responsabile della Campagna Energia e Clima di Greenpeace Italia -. La multinazionale italiana conta di espandere ancora la sua produzione col carbone, nel nostro Paese come in altre regioni dell’Europa, noncurante dei danni che causa alla salute umana, all’ambiente e al clima. Il paradosso è che questa compagnia è controllata direttamente dal Governo: ovvero, rispetto a una situazione come quella di Galati c’è una responsabilità diretta del nostro Paese nel voler realizzare un impianto che le comunità locali non vogliono. Su tali progetti attendiamo un cambio di politiche dall’azienda – ha concluso Boraschi – e siamo determinati a chiedere quanto prima al nuovo Governo quale spazio vuole continuare a dare al carbone in futuro».

 

(Fonte Greenpeace)