Requiem per l’orso marsicano?

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Accertata l’uccisione di oltre una cinquantina di individui. Grave assenza dell’Ente Parco. Non era stato istituito proprio per la protezione dell’Orso marsicano, non aveva norme e zonazioni idonee a prevenire, evitare e combattere le prepotenti invasioni abusive di bestiame domestico semibrado di provenienza esterna? Sono questi ultimi abusi responsabili dell’alterazione del territorio

La farsa dozzinale (pardon, dodecennale) del salvataggio corale del più importante e prezioso animale della fauna d’Italia sta giungendo al capolinea. Gli orsi continuano a morire (l’ultimo caso: ancora una volta, una femmina in età riproduttiva), e i loro tutori non sanno reagire, come al solito, se non con profluvi di geremiadi e piagnistei. Ora la principale preoccupazione dei responsabili probabilmente sarà quella di restare comunque a galla, assolvendosi tutti tra loro. Resterà soltanto da trovare un comodo «capro espiatorio» sul quale scaricare ogni colpa: 12 anni fa si riversarono valanghe di pretesi misfatti (poi rivelatisi inesistenti) su qualcuno che era assente per grave malattia, e poi nessuno volle, seppe o poté smentirla.
Le ultime uscite suonano folgoranti: «l’orso sarà presto estinto, la situazione è ormai devastante e fuori controllo» ammettono i super-esperti… O meglio, dicono che lo è sempre stato (da quando loro si occupano dell’orso, e cioè dall’inizio del Terzo Millennio: hanno infatti ampiamente dimostrato di non saper proprio nulla del ben diverso periodo precedente). Queste tragiche dichiarazioni sembrano rappresentare la pietra tombale del famoso Patom partorito dal genio burosaurico: un tipico Pateracchiom, «toxic mix» di poteri politici, burocratici, tecnocratici, accademici e mediatici. Affratellati da incapacità e frenesìa di apparire, abbracciati strettamente per partorire il nulla assoluto. Sullo sfondo, la corsa ai fondi europei, e oltre: dai 15 ai 25 milioni di euro, ma un’indagine per appurarne meglio l’entità, la destinazione e i risultati sarebbe tuttora in corso…

Negli ultimi dodici anni, ora qualcuno sembra accorgersene, la situazione del povero orso è peggiorata a precipizio (è stata accertata l’uccisione di oltre una cinquantina di individui, ma sicuramente sono assai di più). A dare il colpo di grazia, è stata l’invasione delle cosiddette «vacche sacre».
Termine che non si riferisce alla cultura indiana, ma a una piaga tipica dell’Aspromonte, dove sono note le connessioni del fenomeno con la criminalità organizzata. Sembra allora giunto il momento di sollevare il velo di Pandora su conflitti di interesse, disturbi e rischi sanitari sempre taciuti. Potremo conoscere finalmente la reale situazione sanitaria su brucellosi, tubercolosi bovina, pseudorabbia, carbonchio, cimurro, e chi più ne ha più ne metta? Sarà consentito capire chi dissemina il territorio della fauna protetta di esche avvelenate di ogni genere? Oppure continueremo ad accettare tutto come un destino inesorabile cui è impossibile opporsi? Il Gruppo Orso Italia martella da un decennio i cosiddetti (ir)responsabili di domande del genere, ma non ha mai ricevuto risposta… O meglio, un goffo tentativo indiretto di risposta autoassolutoria non è mancato. La colpa di tutto sarebbe delle Autorità sanitarie, e qui esplode incontenibile la vena comica della farsa. Perché certo nessuno dei poteri coinvolti sarà del tutto innocente, ma il vero Parco dov’era? Non era stato istituito proprio per la protezione dell’Orso marsicano, non aveva norme e zonazioni idonee a prevenire, evitare e combattere le prepotenti invasioni abusive di bestiame domestico semibrado di provenienza esterna? In conclusione: chi mai avrebbe dovuto denunciare e scacciare, con ogni energia, le «vacche sacre» dal Parco?