Possiamo immaginare i tessuti della vita come substrati, a nostra disposizione, sui quali costruire le migliori risposte alle nostre attese. Ma dobbiamo fare i conti con quei telai, eterodiretti che li preordinano (per esempio, per generare comportamenti umani addestrati ai consumi) e che non solo pretendono di dare una linea obbligatoria, di comportamenti e modi di pensare, allo sviluppo delle identità personali e di intere collettività umane, ma inibiscono anche le nostre naturali libere scelte e iniziative, inducendo una visione riduzionista delle cose e dei fatti della realtà. Siamo operai di fabbriche di tessuti e delle loro manifatture, siamo consumatori dei tessuti e delle merci con essi prodotti, ma non ci rendiamo conto delle semplificazioni imposte, con le tessiture e le loro applicazioni, che finiscono col sottrarre significati nodali, fondamentali per la formazione di una nostra cultura autonoma e per i nostri possibili progetti responsabili di vita.
Sappiamo che i tessuti sono diversi per la trama che li compone: ciò significa che non c’è un solo modo di tessere relazioni fra i filati offerti dalla diversità dell’esistere e del divenire umano. Eppure, proprio dove i filati e i tessuti mostrano la ricchezza di una loro estrema diversità, siamo costretti a prendere atto di una mancanza di possibili scelte e rimedi necessari per affrontare, in modo adeguato, situazioni di crisi.
Rimaniamo paralizzati perché ci troviamo di fronte a situazioni nelle quali la semplificazione della complessità è offerta come unico scenario per la soluzione di ogni tipo di conflitto. Tutti siamo indotti solo a rammaricarci per la pace che non si trova, per la fatale impotenza umana di fronte alle guerre, per la disperazione della quale sono causa quelle crisi politiche, finanziarie e sociali che sfuggono alle nostre scelte e ai nostri controlli. Non abbiamo alternative da spendere in queste situazioni che sono semplicemente presentate come un destino solo da accettare e non come una complessità da affrontare con le risorse, fisiche, socio-culturali, creative, a nostra disposizione.
Sono rare e isolate le denunce di inadeguatezza dei metodi e dei mezzi usati per vantati, divergenti ed equivoci, propositi umanitari (molti interventi, per esempio quelli dell’Onu e del Fmi convivono in uno stesso progetto, pur se operano in contraddizione fra loro in tema di diritti umani). Nessuno contesta gli strumenti spuntati di un riduzionismo che, incapace di affrontare la complessità, viene addirittura usato per cronicizzare assurde e mortali contrapposizioni vantaggiose per chi, con il «divide et impera», vorrebbe esorcizzare le proprie incertezze. Così avviene che la diversità di risorse, umane e materiali, che è fonte di ricchezza per le nostre relazioni, è trasformata in fonte di micidiali e immorali interessi geopolitici e di insanguinati profitti.
Se abbandoniamo il senso comune delle cose, impotente strumento di conoscenza (diffusamente applicato nella pratica delle visioni riduzioniste), se non ci lasciamo, cioè, affliggere da una nostra alienata interpretazione delle cose e dei fatti, allora, le cuciture, le pieghe, il taglio dato a un tessuto, le asole e i bottoni, più che comunicare i modi per essere alla moda, comunicano significati immediatamente connessi con le proprietà dei tessuti vitali: da quelli sociali a quelli che caratterizzano i processi fisiologici degli esseri viventi. Le cuciture sono, infatti, una particolare e virtuosa composizione delle diversità, altrimenti condannate all’inattivo isolamento segnato da linee di confine; le pieghe permettono di conformare, in modo dinamico, i territori per un loro uso equo e razionale; il taglio di un tessuto offre l’opportunità di organizzare strutture che consentono, con minimi sprechi di risorse, la massima attenzione alla gestione di tutto un sistema composto da parti che devono contribuire sinergicamente a una condivisa funzione vitale complessa; le asole e i bottoni danno flessibilità all’allacciamento di relazioni che devono creare sinergie e non devono, invece, consolidare spazi di potere arbitrariamente attribuiti da prepotenti dati di fatto.
Dunque abbiamo a disposizione sistemi che offrono tutte le opportunità per il progresso umano della nostra realtà sociale, politica, culturale e operativa. Forse, già oggi, siamo nelle condizioni sia di poter uscire dallo stato ipnotico nel quale siamo stati ridotti dalla giostra dei consumi, sia di poter riflettere sulle nostre responsabilità, oggi a noi sottratte da quei moderni incantatori di serpenti e pifferai magici che ci tengono in uno stato disumano di profonda catalessi.