Lanciata Dscovr, sentinella ecoambientale della Terra

885
Il lancio del Dscovr
Tempo di lettura: 3 minuti

Nato da un’idea dell’ex Vicepresidente americano Albert Gore, nell’ambito di un progetto di studi Nasa di osservazione della Terra da satellite. Gli studi riguarderanno diversi settori: il global warming, misure sulla quantità di luce riflessa dalla Terra (albedo), formazioni nuvolose, condizioni delle vegetazioni, impatto dei raggi UV e controllo del buco nell’ozono. La missione del satellite Smap lanciato il 31 gennaio

Finalmente ce l’ha fatta. Non tanto per un ulteriore ritardo per il lancio (programmato per il 13 gennaio), ma perché ha atteso qualche anno in attesa che la missione venisse approvata in modo definitivo.
Il satellite Dscovr, una vera e propria «sentinella eco-ambientale» del nostro pianeta, è stato lanciato giovedì scorso (in Italia poco dopo la mezzanotte) con l’ormai affidabile razzo vettore Falcon 9, lo stesso lanciatore della società privata statunitense «SpaceX», che già da tempo invia in orbita le navicelle «Dragon» (ora senza equipaggio, ma con rifornimenti per la Stazione Spaziale Internazionale, e tra non molto, con a bordo astronauti).
Dopo il distacco da terra dalla «sua» rampa numero 40 di Cape Canaveral, il Falcon 9, con la sua parte superiore un po’ modificata, ha regolarmente posto in orbita il Dscovr (Deep Space Climate Observatory, Osservatorio Climatologico dallo Spazio Lontano), un satellite nato con il nome «Triana», dal nome del primo marinaio dell’equipaggio della nave di Cristoforo Colombo che avvistò l’America, in un progetto comune tra Nasa e Noaa, l’Agenzia per lo Studio dell’Atmosfera e degli Oceani.
La storia di questo satellite è lunga e parte da lontano. Previsto per essere lanciato nella stiva del Columbia per il lancio del gennaio 2003 (conclusosi con il tragico rientro a terra e l’esplosione dello shuttle), il suo lancio fu rimandato poi nel 2008 per un lancio con il razzo Delta II.
A causa dei tagli al bilancio, il satellite è rimasto per qualche anno «in magazzino», fino a quando, finalmente, si è deciso di lanciarlo con il razzo Falcon 9 della società privata di Elon Musk.
Il satellite dovrà raggiungere un punto di «librazione» in L-1, un punto dello spazio tra Terra e Sole (cioè a 1.500.000 chilometri dalla Terra) e da questa posizione effettuerà nuovi e più approfonditi studi sulla meteorologia e soprattutto sui cambiamenti climatici in atto sul nostro pianeta. È un progetto, quello da cui nasce Dscovr, nato da un’idea dell’ex Vicepresidente americano Albert Gore, nell’ambito di un progetto di studi Nasa di osservazione della Terra da satellite.
In particolare, per osservare la Terra da lontano, e non dalle orbite basse; un po’ la distanza del nostro pianeta, dicono gli scienziati della missione, come visto dal celebre scatto chiamato «Blue Marble», effettuato nel dicembre 1972 dagli astronauti dell’Apollo 17, nell’ultima missione con equipaggio inviata verso la Luna.
Gli studi riguarderanno diversi settori: il global warming, misure sulla quantità di luce riflessa dalla Terra (albedo), formazioni nuvolose, condizioni delle vegetazioni, impatto dei raggi UV e controllo del buco nell’ozono.
È un periodo di lanci di satelliti «ambientali» con occhi elettronici puntati sul nostro pianeta.
Di recente, il 31 gennaio, è stato lanciato un altro satellite per l’osservazione della Terra. Battezzato Smap (Soil Moisture Active Passive), è stato messo in orbita da un collaudato vettore Delta II dalla base californiana di Vandenberg, e il suo compito sarà di misurare e mappare le composizioni chimiche di molte regioni terrestri, oltre a studiare e aggiornare in dettaglio il ciclo dell’acqua, quello del carbonio, ecc., grazie ad un radar e un radiometro molto sofisticati, che studieranno anche, scrutando sotto le nubi e attraverso la vegetazione di alcune regioni del nostro pianeta per tre anni.
Grazie alla sua orbita polare (con un periodo di 98,5 minuti) potrà monitorare l’intero pianeta. Ogni otto giorni (corrispondenti a 117 orbite) passerà sopra lo stesso punto della superficie, ma dal momento che la sua fascia di osservazione sarà ampia 1.000 chilometri potrà coprire di misurazioni la stessa zona ogni due o tre giorni a seconda della latitudine.
Smap, che ha un peso di 944 chilogrammi, di cui 356 costituiti dalla strumentazione scientifica, rimarrà in orbita per almeno tre anni durante i quali produrrà la più dettagliata (con soli 9 chilometri di risoluzione) e accurata mappa dell’umidità presente nel suolo terrestre mai ottenuta dallo spazio.
L’umidità del suolo risulta fondamentale nel ciclo energetico terrestre; l’evaporazione raffredda la superficie e la bassa atmosfera mentre porta umidità all’alta atmosfera dando vita a nubi e piogge. Oltre a stabilire il livello di umidità, Smap potrà anche rilevare se il terreno è ghiacciato oppure in fase di scongelamento. Questo aspetto è molto importante, poiché poter osservare le tempistiche dello scongelamento primaverile e le variazioni nella lunghezza di questa stagione, rivolta alla crescita della vegetazione, aiuterà a stabilire con maggiore precisione quanto carbonio le piante rimuovono dall’atmosfera ogni anno.