Ci evolviamo grazie ai virus

1511
dna scienza
Tempo di lettura: 3 minuti

Il biologo italiano suggerisce che la riproduzione sessuale agisca come un sistema conservatore contro l’inserimento di nuove varianti genetiche nel DNA delle cellule (col supporto dei sistemi di riparazione del DNA) e, invece, l’evoluzione delle specie può avere luogo solo quando questo sistema di conservazione fallisce nel contrastare l’inserimento, all’interno del genoma dell’ospite, di parti di DNA esogeni (e RNA) provenienti dai «parassiti» obbligati, come virus e fagi, che stabiliscono una simbiosi con i loro ospiti

Evoluzionismo

L’endogenosimbiosi (dalla combinazione delle parole: endo-geno-simbiosi), ovvero la capacità dei «portatori di geni» (in inglese: gene carriers), quali virus, retrovirus e batteriofagi, di condividere parti del loro genoma in un rapporto simbiotico endogeno con i loro ospiti, è stata proposta nel 2015 da Roberto Cazzolla Gatti, Ph.D., professore associato in ecologia e biodiversità presso la Tomsk State University (Russia), in un articolo caricato su bioRXiv e pubblicato nel marzo di quest’anno sulla rivista «Biologia».

Questa ipotesi prende spunto dall’endosimbiosi, proposta da Lynn Margulis nel 1967, ed è stata suggerita per spiegare un altro processo (oltre ai modelli evolutivi classici di mutazione-adattamento e di simbiogenensi) che permette l’espansione della diversità della vita sul nostro pianeta.
Il dott. Cazzolla Gatti ha sostenuto nella sua ipotesi che «la causa più probabile dell’evoluzione della riproduzione sessuale, ovvero il parassitismo, rappresenta anche l’origine della biodiversità». In altri termini, il biologo italiano suggerisce che la riproduzione sessuale agisca come un sistema conservatore contro l’inserimento di nuove varianti genetiche nel DNA delle cellule (col supporto dei sistemi di riparazione del DNA) e, invece, l’evoluzione delle specie può avere luogo solo quando questo sistema di conservazione fallisce nel contrastare l’inserimento, all’interno del genoma dell’ospite, di parti di DNA esogeni (e RNA) provenienti dai «parassiti» obbligati, come virus e fagi, che stabiliscono una simbiosi con i loro ospiti.
«Come due linee evolutive parallele — Cazzolla Gatti ha scritto nel suo articolo originale — la riproduzione sessuale sembra preservare ciò che l’endogenosimbiosi permette di diversificare. Con il primo processo, le specie possono adattarsi lentamente e a tempo indeterminato ai fattori esterni, regolando se stesse, ma non “creano novità” (ovvero, non si formano nuove specie, N.d.R.). L’endogenosimbiosi, invece, porta alla speciazione a causa di improvvisi cambiamenti nelle sequenze dei geni».
Questa idea mette in discussione i modelli di selezione naturale canonici, basati sulla gradualità del modello mutazione-adattamento, offrendo maggiore sostegno alla teoria dell’equilibrio punteggiato proposta da Jay Gould e Eldredge.
Ora, due studi indipendenti pubblicati di recente sulla rivista «eLife» (Henzy, J. E., & Johnson, W. E. 2016. Phylogenetic sleuthing reveals pair of paralogous genes. Elife, 5, e17224 and Enard, D., Cai, L., Gwennap, C., & Petrov, D. A. 2016. Viruses are a dominant driver of protein adaptation in mammals. Elife, 5, e12469) hanno empiricamente confermato l’ipotesi di Cazzolla Gatti e le hanno consegnato lo status di una nuova teoria evolutiva.
In primo luogo, il dott. Jamie E. Henzy e il dptt. Welkin E. Johnson dal Boston College (Usa) hanno dimostrato che la complessa storia evolutiva delle Ifit (Interferon Induced proteins with Tetratricopeptide repeats), una famiglia di geni antivirali, è stata plasmata da continue interazioni tra gli ospiti mammiferi e i loro molti virus.
Poi, il dottor David Enard e colleghi presso l’Università di Stanford (Usa) hanno stimato che i virus hanno indirizzato quasi il 30% di tutte le modifiche adattive di aminoacidi nella parte del proteoma umano conservato all’interno dei mammiferi. I loro risultati suggeriscono che i virus sono uno dei fattori di cambiamento evolutivo dominanti per i proteomi mammiferi e umani.

«Non solo gli organelli possono stabilire simbiosi con altre cellule, come ha suggerito la dott. Lynn Margulis — ha sostenuto il dott. Cazzolla Gatti — ma interi frammenti di materiale genetico proveniente da parassiti simbiotici possono essere inclusi nel DNA ospite, modificando l’espressione genica e inducendo il processo di speciazione».
In precedenza, era stato stimato che circa il 7-8% di tutto il genoma umano contenesse circa 100.000 frammenti di DNA proveniente da retrovirus, noti come retrovirus endogeni. Ma attualmente abbiamo più prove a dimostrazione che si possa trattare di una sottostima e che la quantità del materiale genetico endogena proveniente da fonti esterne potrebbe essere molto superiore e molto significativa per l’evoluzione delle specie.
Insieme con la mutazione dei geni e l’acquisizione di organelli, dovremmo aggiungere un nuovo elemento alle teorie biologiche, considerando la simbiosi con «parassiti endo-genetici» un altro processo evolutivo fondamentale, che ora ha un nome: endogenosimbiosi.

 

Ignazio Lippolis