Il Piano Taranto non risponde alle necessità tecniche dell’Arpa Puglia

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foto V. De Palmis
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L’Ordine dei geologi della Puglia invita la Regione a riconsiderare la proposta di Deliberazione della Giunta regionale sul «Piano per l’assunzione del personale Arpa Puglia». La Regione ha formulato una proposta di un piano di assunzione di figure professionali del Comparto e della Dirigenza, caratterizzate da un eccessivo sbilanciamento in favore di alcune categorie professionali (ingegneri) a scapito di altre necessarie (geologi, chimici, biologi, fisici, naturalisti, periti, architetti, etc.)

La Legge 151/2016,  che si pone come obiettivo l’attuazione del Piano nelle misure e nelle attività di tutela ambientale e sanitaria dello stabilimento Ilva di Taranto, prevede numerose attività di vigilanza, controllo e monitoraggio delle matrici ambientali coinvolte nonché accertamenti di tipo tecnico sulle innovazioni tecnologiche previste, e questo per ottemperare a diverse prescrizioni di tipo ambientale che si riflettono su aspetti impiantistici legati anche all’utilizzo delle migliori tecnologie disponibili (Bat).
La Legge prevede anche che queste attività saranno svolte, a Taranto, attraverso il potenziamento dell’Arpa Puglia, mediante il trasferimento di risorse finanziarie straordinarie da destinarsi annualmente alla stessa Agenzia regionale per «procedere ad assunzioni di personale a tempo indeterminato per un contingente strettamente necessario ad assicurare le attività».
Con riferimento alla Legge 151/2016, a fronte di una dettagliata proposta di Arpa Puglia, la Regione ha formulato una (proposta) di un piano di assunzione di figure professionali del Comparto e della Dirigenza, caratterizzate da un eccessivo sbilanciamento in favore di alcune categorie professionali (ingegneri) a scapito di altre necessarie (geologi, chimici, biologi, fisici, naturalisti, periti, architetti, etc.).
Uno sbilanciamento che comporta una totale dominanza delle figure ingegneristiche per gli incarichi Dirigenziali, per i quali sono previsti esclusivamente due tipologie di dirigente-ingegnere: ingegneri industriali (elettrici, meccanici e della sicurezza) e ingegneri civili/ambientali, non considerando altre categorie professionali.
Sebbene sia acclarata l’importanza della figura dell’ingegnere per alcune tematiche, è indubbio che questi ultimi non possano garantire la necessaria multidisciplinarietà richiesta dal coordinamento delle azioni da mettere in campo. Su questo presupposto si basa anche il Ccnl del personale Arpa che prevede espressamente la figura del «Dirigente Ambientale» nel ruolo tecnico da utilizzare quando una professione non chiude in sé tutte le competenze necessarie per espletare una specifica attività.
Va sottolineato infatti che un aspetto importante del suddetto Piano è quello della indispensabile integrazione tra i diversi comparti ambientali ed i molteplici aspetti di sostenibilità: occorre valutare le modalità di trasferimento di inquinanti, il diverso uso di risorse primarie e le interazioni tra i diversi comparti e le conseguenze che determinate scelte comportano sull’ambiente (terrestre e marino) e sulla salute, evitando attenzioni unilaterali e puntando al coordinamento delle azioni di prevenzione e protezione ambientale.
Queste funzioni possono dunque essere garantite esclusivamente da una corretta proporzione (sia tra i dipendenti del comparto sia tra quelli della classe dirigenziale) tra le varie figure professionali che determinano il patrimonio su cui, una agenzia come l’Arpa, deve poter contare. Il tutto riveste particolare importanza se consideriamo l’Arpa fortemente sottodimensionata in termini di personale tecnico qualificato e necessario a rispondere alle delicate problematiche legate alle matrici ambientali suolo, sottosuolo e ambiente idrico (matrici maggiormente investigate e studiate negli studi finanziati e realizzati dalle istituzioni preposte alla tutela della salute pubblica e dell’ambiente negli ultimi 6 anni).
In questo senso risulta fondamentale intervenire sul contenimento dell’inquinamento atmosferico da fonti convogliate e diffuse; sul controllo della corretta gestione delle risorse idriche e delle acque meteoriche; sul contrasto all’inquinamento da acque di scarico; sulla corretta gestione dei rifiuti, dei sottoprodotti e dei materiali stoccati; sulla messa in sicurezza operativa e sull’attuazione degli interventi di bonifica di suolo ed acque sotterranee; sul ripristino e recupero ambientale dei siti dismessi; sull’uso di risorse e consumi di energia; sulla tutela della sicurezza e della salute.
Certamente non sono da sottovalutare i controlli richiesti all’Agenzia dal ministero dell’Ambiente rispetto ai numerosi procedimenti collegati al siderurgico, come le verifiche dei fondi scavo, il monitoraggio della falda oltre che le determinazioni analitiche necessarie per discriminare i rifiuti dalle matrici di riporto distribuite un po’ ovunque nell’areale tarantino.
In ultimo, e non per importanza, si riconosce la necessità di far rilevare che il Piano Taranto non può costituire lo strumento per la stabilizzazione dei precari dell’Agenzia, per la quale sono stati previsti e sono in corso altri strumenti normativi e relative procedure amministrative, ma rappresenta un filone dedicato e concentrato per esercitare una più adeguata e commisurata forma di controllo della criticità ambientale rappresentata nel territorio di Taranto dallo stabilimento siderurgico.
E a tal proposito ci si chiede se tutti gli 80 precari Arpa indicati nella proposta siano impegnati in attività connesse all’area di crisi ambientale di Taranto, e quindi operanti nella sede di Taranto, e se potrebbero effettivamente essere utilmente impiegati per il raggiungimento degli obiettivi perseguiti dalla Legge 151/2016.
L’ordine dei geologi della Puglia invita, pertanto, la Giunta regionale a riconsiderare la proposta del Piano Taranto riformulandola in funzione delle reali necessità di personale tecnico per una efficace attuazione delle attività di tutela ambientale e sanitaria dei territori pugliesi.