Covid-19, ecco perché tanti dubbi

2756
Image by Gordon Johnson from Pixabay
Image by Gordon Johnson from Pixabay
Tempo di lettura: 4 minuti

La fisica, con la teoria del caos, ha dimostrato che è impossibile prevedere il tempo nel medio e lungo termine. Troppe cause interagiscono tra loro e le previsioni sono attendibili solo nel breve termine, poi sono solo probabilistiche

Nell’affrontare il problema del Coronavirus, diversi esperti molto titolati hanno detto cose differenti, arrivando anche ad insultarsi a vicenda. Il pubblico, ma anche i decisori, perde fiducia nella scienza, e tutti si sentono in diritto di dire la loro. Alcune branche della scienza, è vero, offrono certezze: un peso lanciato dalla torre di Pisa cade al suolo secondo leggi ben definite, espresse con equazioni che prevedono l’accelerazione e il tempo di percorrenza fino al suolo. Se si ripete l’osservazione, lo scarto tra i risultati sarà trascurabile. Quando i problemi si fanno più complessi, però, il livello di indeterminazione (già presente nella fisica) aumenta. Se le cause di un evento sono molte, basta che varino anche di poco perché gli esiti siano molto differenti.

La filosofia della scienza ci dice che anche se osserviamo un fenomeno molte volte, questo non significa che la sua occorrenza sia universale. Una legge sul colore delle falene delle betulle è: tutte le falene sono nere. Non posso dire che sia vero, perché non posso vedere tutte le falene di questo mondo. Una falena bianca, però, falsifica la legge «tutte le falene sono nere». Questa va sostituita con l’enunciato probabilistico «La maggior parte delle falene è nera, ma alcune sono bianche». Se il colore nero diventa svantaggioso, prevale il colore bianco: è la selezione naturale. Le falene delle betulle da bianche sono passate a nere quando, a causa dell’inquinamento, le betulle sono passate da bianche a nere: gli uccelli, gli agenti selettivi, hanno mangiato le falene bianche, diventate visibili sulle cortecce nere, e le nere sono diventate dominanti.

Nelle scienze della vita le «leggi» sono probabilistiche

Qualcuno ci ha detto che il Coronavirus è una banale influenza, altri che è pericolosissimo. Ognuno pensava di aver ragione e che gli altri avessero torto, ma non esiste una «legge» che dia ragione a uno e torto agli altri. Tutti avevano ragione e torto: moltissimi si sono infettati e non se ne sono accorti, altri si sono ammalati e sono guariti, altri sono andati in terapia intensiva e sono guariti, e altri sono morti.

Epidemie annunciate, come l’aviaria, si sono estinte senza alcun intervento: i vaccini sono rimasti inutilizzati. Ma la legge «tutte le epidemie si estinguono da sole senza vaccinazioni» è fasulla, e va sostituita con qualcosa di più cauto: alcune epidemie si estinguono senza vaccinazioni, altre no. O meglio, tutte si sono estinte senza vaccinazioni ma alcune hanno causato numeri enormi di morti.

I vaccini non salvano la nostra specie dall’estinzione: salvano dalla morte chi è sensibile a quel patogeno. La nostra specie è molto varia geneticamente, proprio come le falene, e questa variabilità è la risposta alle epidemie: i sensibili al patogeno muoiono, gli altri sopravvivono, sviluppando resistenza all’agente selettivo: il Coronavirus.

Per aggirare la selezione naturale abbiamo evoluto la scienza, adattandoci alle avversità. La medicina è una scienza molto diversa dalla fisica: affronta problemi molto più complessi. La fisica, con la teoria del caos, ha dimostrato che è impossibile prevedere il tempo nel medio e lungo termine. Troppe cause interagiscono tra loro e le previsioni sono attendibili solo nel breve termine, poi sono solo probabilistiche.

In questi casi si adotta il principio di precauzione che ci dice di portare l’ombrello se ci sono probabilità che piova. Nel caso del Coronavirus non solo non abbiamo portato l’ombrello, proprio non l’avevamo in casa.

Parliamo del dopo

Ora dobbiamo pensare al «dopo» e quindi è necessario comprendere come ricostruire dalle macerie sociali ed economiche che il virus si sarà lasciato alle spalle. Da notare che, invece, l’ambiente ha tratto giovamento dalla débâcle virale.

Ma andiamo con ordine. Il governo ha nominato una Task Force per gestire la ripartenza. Si comincerà con decisioni eminentemente economiche e sociali, ma poi dovremo usare i miliardi per la ricostruzione in modo da ricostruire i sistemi di produzione e di consumo in modo da non ripetere gli errori del passato. Nel gergo politico-scientifichese questo significa che le scelte si dovranno basare sulla sostenibilità, un concetto che si basa su tre sfere: 1. ambientale, 2. sociale, 3. economica.

Le leggi della sfera 1 governano anche le sfere 2 e 3 (senza l’ambiente l’esistenza di società ed economia è impossibile), le leggi della sfera 2 governano anche la sfera 3, mentre le leggi della sfera 3 sono di sua esclusiva pertinenza.

Contro ogni logica abbiamo obbedito ad una gerarchia inversa: le leggi della sfera economica hanno prevalso su quelle delle altre sfere (sociale e ambientale). Le conseguenze di questa distorsione di priorità è sotto i nostri occhi, dal cambiamento globale alle pandemie. Con un fortissimo impatto anche sulla sfera economica che, infatti, non è in grado di imporre le proprie leggi, se esse sono in contrasto con le leggi naturali e sociali.

La ripartenza dovrebbe rivedere le priorità e indirizzare gli sforzi per disegnare nuovi sistemi di produzione e consumo, anche a fronte di enormi spese pubbliche che dovrebbero essere in grado di guidare la ripartenza.

La composizione della Task Force governativa, invece, ripete lo schema del passato, con un nutrito gruppo di esperti delle sfere economica e sociale, con un po’ di tecnologia. La sfera ambientale non è rappresentata.

La normalità può essere un problema

Il ritorno alla normalità presenta un problema: la normalità. Riapplichiamo la stessa ricetta con l’aspettativa di ottenere risultati differenti.

Purtroppo, nel nostro Paese, le scienze della natura e dell’ambiente non hanno mai ricevuto grande attenzione da parte dei decisori che, invariabilmente, decidono di non valersi degli esperti in questo campo per disegnare il futuro del Paese.

Economisti, architetti, sociologi, psicologi, tecnologi, giuristi sono necessari per traghettarci fuori dalla crisi, ma non sono sufficienti. La sfera 1, le cui leggi governano le sfere 2 e 3 di pertinenza dei «prescelti», però, è almeno altrettanto necessaria. Non per prendere decisioni economiche e sociali che non le competono, ma per controllare la sostenibilità delle proposte delle altre sfere ed evitare gli errori del passato.

Contrariamente ai governi precedenti, il governo in carica ha inserito ripetutamente obiettivi di sostenibilità nel proprio programma e, quindi, dovrebbe essere sensibilissimo ai problemi ambientali. Evidentemente, però, la nostra cultura non è matura abbastanza per trarre conseguenze dirette tra gli enunciati di principio e l’azione concreta. Gli economisti sono chiamati a riparare ai danni che loro stessi hanno causato e gli esperti di ambiente sono lasciati fuori dalla porta. Le lezioni non sono bastate.

 

Ferdinando Boero, Professor of Zoology, Dipartimento di Biologia, University of Naples Federico II