Piano Colao, ma il cambiamento dov’è?

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Una proposta iper-liberista che ripropone come soluzioni scelte che sono in realtà tra le cause dell’attuale crisi. Prevenzione, precauzione, ambiente e salute assenti o sacrificate nelle proposte del comitato della task force. Duro comunicato Isde

Quello che si voleva scongiurare, all’inizio della pandemia, sta invece accadendo ed anche aumentato. Si diceva «niente sarà come prima», «questo modello di sviluppo è la causa», «è necessario riconciliarci con l’ambiente»… e invece, con il Piano Colao non c’è alcun tentativo di ritrovare un equilibrio con la Natura, si fa una scelta produttivista, con la scusa di velocizzare tutto, tende ad «escludere opponibilità locale» come nel caso del 5G, non si interviene nell’agricoltura, specialmente nelle parti più inquinanti, si parla di fonti rinnovabili in maniera generica.

Di tutto questo, nel dettaglio, se ne occupa l’Isde, Medici per l’ambiente, in un comunicato puntiglioso e chiaro, che riportiamo integralmente a seguire.

 

Il Piano Colao doveva segnare un deciso cambio di passo e mettere sul tavolo del Governo Conte proposte innovative per un superamento di quel modello di sviluppo che sta ipotecando la possibilità di sopravvivenza su questo pianeta e di cui le pandemie, come gli eventi climatici estremi, sono segnali che non possono più essere ignorati. Questo cambio di passo invece non c’è e si continua a programmare ignorando le cause profonde dell’attuale crisi che non è solo sanitaria e economica, ma anche sociale, ambientale e climatica.

Il piano, nella sua genericità, sembra puntare quasi esclusivamente su innovazioni tecnologiche e semplificazione delle procedure amministrative per velocizzare ancor di più proprio quel modello di sviluppo che è all’origine dell’attuale crisi.

Esprimiamo tutta la nostra preoccupazione perché la prevenzione, in particolare quella primaria, in ambito sanitario, che doveva essere al centro di qualsiasi programmazione per il futuro, è completamente assente e il piano per questi aspetti si identifica unicamente con la telemedicina e le nuove tecnologie. Rimane assente un disegno più organico che preveda la riorganizzazione degli ospedali e delle strutture territoriali, attraverso il potenziamento dei servizi di prevenzione e di cura vicini alle persone e l’incremento del personale medico e infermieristico.

Anche per quanto riguarda l’ambiente si persevera con vecchi schemi senza alcun ripensamento circa l’urgenza di ritrovare un equilibrio con la Natura.

L’ambiente è trattato molto marginalmente nel capitolo «Infrastrutture e ambiente», con un accostamento che è indicatore di una visione produttivista di sviluppo, in cui le infrastrutture piuttosto che strumenti per il cambiamento sembrano essere ancora intese come fine a se stesse, spesso inutili e dannose per lo stesso ambiente cui vengono accostate.

La maggiore preoccupazione appare quella di semplificare, velocizzare gli iter autorizzativi, rimuovere ogni ostacolo alla loro realizzazione fino ad «escludere opponibilità locale» come nel caso del 5G, calpestando basilari principi di partecipazione, democrazia e precauzione. Per quanto riguarda le bonifiche ad es. preoccupa che si preveda di semplificare addirittura la certificazione dell’avvenuta bonifica. Semplificazione e velocità nelle decisioni possono derivare solo da obiettivi generali chiari e condivisi di sostenibilità reale.

Il fatto stesso poi che si parli di «capitale ambientale» dimostra che non è mutata la concezione economicista nei confronti dell’ambiente, che viceversa è un bene primario per la sopravvivenza e come tale da salvaguardare.

Le misure previste per ridurre l’inquinamento ripercorrono vecchi stereotipi e non sono chiare né innovative: si parla di fonti rinnovabili in maniera generica in una fase in cui è invece necessario distinguere ed eliminare il ricorso a quelle che, come le biomasse, non hanno nulla di rinnovabile, aggravano l’emergenza climatica e danneggiano la biosfera.

Lo stesso vale per il ciclo dei rifiuti, in cui neppure una parola è dedicata alla loro riduzione e si persevera invece nell’incentivare il loro utilizzo come combustibile.

Non una parola sull’agricoltura industriale e sulla necessità di una sua conversione agro-ecologica in grado di trasformare tale attività da fonte di problemi (desertificazione, perdita di salute e di biodiversità, cambiamenti climatici) a soluzione dei medesimi.
Per non parlare della clamorosa assenza di qualunque riferimento agli allevamenti intensivi, il cui ruolo anche nella genesi delle pandemie non è certo trascurabile.
Prendersi cura del Paese e dei suoi cittadini significa fare prevenzione, evitando i fattori di rischio riconosciuti dannosi per la salute e promuovendo un grande piano di sorveglianza epidemiologica sul territorio basato sulla rete dei medici di famiglia, le Aziende sanitarie locali con particolare enfasi sui Dipartimenti di Prevenzione e i Distretti, e la rete ospedaliera: la sanità è una sola e deve essere interconnessa per prevenire le malattie prima ancora che curarle bene.

Per uscire dalla crisi è necessaria la consapevolezza di ciò che stiamo rischiando e il coraggio per un radicale cambio di rotta.

 

(Fonte Isde)