Uliveti intensivi e agrivoltaico

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energia solare fotovoltaico
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Insolita unione e tanti interrogativi

A Latiano, nel Brindisino, il progetto prevede la produzione di 55 megawatt occupando 94 ettari complessivi di cui 27 ettari di pannelli fotovoltaici. Il tipo di coltivazione richiederà più acqua e trattamenti, la vita delle piante sarà più breve e la qualità dell’olio più bassa. Notevoli i danni agli uccelli

È la nuova frontiera, almeno in Puglia, della produzione di energia dal sole. Si chiama agri-fotovoltaico oppure, con una crasi, agrivoltaico. Solo nell’anno che sta per finire, buona parte dei progetti industriali di produzione energetica da fonti rinnovabili prevede questa formula. Una modalità di produzione di reddito ulteriore per gli agricoltori che cedono i propri terreni per l’installazione di pannelli fotovoltaici cui abbinano, tra le file di cosiddetti «inseguitori» o «girasole», colture arboree. Filari di ulivi condotti con metodo super intensivo.

Ricaviamo le informazioni da un progetto presentato in provincia di Brindisi, in agro di Latiano, da una società di un’importante multinazionale britannica quotata alla Borsa di Londra e con un fatturato annuo di oltre 11 milioni di dollari.

Il progetto prevede la produzione di 55 megawatt occupando 94 ettari complessivi di cui 27 ettari di pannelli fotovoltaici montati su supporti ad inseguimento solare le cui file distano 11 metri l’una dall’altra. I suoli sono agricoli anche dal punto di vista urbanistico. È previsto l’impianto di 55 ettari di uliveti super intensivi con più di 38.000 piante oltre ad una fascia perimetrale di larghezza pari a 5 metri composta da 2.500 nuove piante di ulivo di 4 metri di altezza per una lunghezza complessiva di 10 chilometri. Il costo totale dell’investimento è di oltre 31 milioni di Euro.

L’uliveto super intensivo prevede la disposizione di piante in filari tra le file dei pannelli ad inseguimento. La distanza tra le piante è di 2,2 metri e l’altezza massima di 2,5 metri. L’intensità è di 700 piante per ettaro della superficie agricola utilizzata. La varietà di ulivo utilizzata in questo caso è la cultivar «Favolosa» FS-17, tollerante alla Xylella fastidiosa. In altri casi si utilizzano varietà alloctone come la spagnola Arbequina. Ma che cosa comporta un impianto super intensivo di ulivi?

La maggiore competizione tra le piante, data dalla loro estrema vicinanza, determina maggiori consumi irrigui, di fertilizzanti e di prodotti fitosanitari (almeno il 20% in più rispetto ad un impianto semi intensivo o intensivo) con una concentrazione d’uso di questi ultimi in poco spazio.

La vita media di un impianto super intensivo è notevolmente più bassa ed il reddito medio ricavabile per ettaro/all’anno è solo apparentemente maggiore; in realtà va considerato il costo di impianto di circa 13.000 Euro/ettaro ed il fatto che, dal quindicesimo anno, la produttività del super intensivo comincia drasticamente a decrescere a causa del precoce invecchiamento delle piante.

Inoltre, il valore commerciale di un chilo di olio da super intensivo è più basso di almeno il 30% rispetto a quello ricavato da semi intensivo o intensivo né, utilizzando varietà alloctone, sarebbe possibile ottenere marchi di tutela.

L’impatto paesaggistico dell’impianto fotovoltaico industriale, poi, in alcun modo è ridotto dalla presenza di una coltivazione di questo tipo. Anzi, al detrattore fotovoltaico si aggiunge una modificazione sostanzialmente perdurante del paesaggio rurale già fortemente compromesso dalla Xylella. E c’è chi intravvede seri rischi per le aree ulivetate salentine colpite dal batterio che potrebbero essere obiettivi di conquista dell’agrivoltaico.

Vi è, infine, un possibile impatto degli uliveti super intensivi sulle popolazioni di piccoli uccelli migratori che albergano negli uliveti. La raccolta totalmente meccanizzata e notturna ha avuto un impatto drammatico (con una mortalità osservata compresa tra 30 e 100 uccelli per ettaro) su molte specie di silvidi, di turdidi e di fringillidi in Spagna e Portogallo dove questo tipo di coltivazione è alquanto sviluppato. Lì, ora grazie all’impegno di BirdLife International, la raccolta notturna è stata vietata ma nel progetto proposto dalla multinazionale inglese a Latiano non c’è alcun riferimento a questo parametro di impatto ambientale.

Insomma, è come se la tanto proclamata sostenibilità ambientale del fotovoltaico industriale crollasse ancora una volta ed inesorabilmente quando a questi impianti si uniscono forme di agricoltura super esigenti in termini di consumo di risorse naturali e di utilizzazione di prodotti chimici rendendo, in definitiva, pessima qualità e scarsa remunerazione.

 

Fabio Modesti