4. Transizione o transazione? Le foreste

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Alberi e foreste al bivio: biomasse per pochi o benefici per tutti?

Al centro del dibattito c’è il Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) che costituisce uno dei più gravi assalti al patrimonio naturale italiano dove tra nuovi trafori, strade e impianti sciistici, pressoché nulla è destinato alla tutela o al ripristino degli ecosistemi. L’evento organizzato da «I Gufi», Isde, Wwf, Parents for future e Green Impact. L’intervento di Franco Tassi

«Tutti devono conoscere quello che sta accadendo con il finanziamento pubblico per la produzione di energia dalle biomasse forestali; del fatto che di verde questa green economy ha solo le chiome degli alberi abbattuti in suo nome, una enorme beffa a danno delle generazioni future che i governanti dichiarano di voler favorire e che invece troveranno solo boschi impoveriti», parte così il saluto di Fabio Clauser, che con i suoi 102 anni è il decano dei forestali italiani, presente al convegno nazionale «Alberi e foreste al bivio: biomasse per pochi o benefici per tutti?» evento organizzato dal Gruppo unitario per le foreste italiane (Gufi), dall’Associazione medici per l’ambiente (Isde), dal Wwf Forlì-Cesena, dal Parents for future e dal Green Impact.

Al centro del dibattito c’è il Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) che costituisce uno dei più gravi assalti al patrimonio naturale italiano dove tra nuovi trafori, strade e impianti sciistici, pressoché nulla è destinato alla tutela o al ripristino degli ecosistemi. Di questa idea è la Lipu-BirdLife Italia che a commento della bozza del Pnrr, il cosiddetto Recovery plan, afferma come «da un lato c’è la completa assenza di programmi complessivi per ripristinare la biodiversità italiana, fatta eccezione per un progetto sul fiume Po e azioni sui parchi nazionali, dall’altro lato c’è l’assalto che si prepara al territorio naturale nazionale, con una moltitudine di opere favorite da un programma di semplificazione delle normative ambientali».

Sempre la Lipu-BirdLife Italia e BirdLife Europa hanno denunciato la scarsità di interventi a favore della biodiversità italiana, in contrasto con quanto stabilito dal Recovery plan, e hanno pubblicato un dossier con i punti più critici del Pnrr italiano e alcune proposte correttive, dossier trasmesso alla Commissione europea che denuncia come sulla natura l’Italia investe solo lo 0,51% dei fondi.

Di finzione ecologica parla anche Greenpeace Italia che ammonisce come il Pnrr di Draghi sulla tutela dell’ambiente sia davvero deludente.

Nessuna vera priorità per la cura della biodiversità, nessun intervento serio per l’agricoltura ecologica, ma in compenso una porta spalancata per l’idrogeno blu di Eni (prodotto da gas e usando tecniche rischiose e neppure convenienti come il famoso Carbon Capture and Storage).

Perché come dichiara Franco Tassi, Coordinatore centro parchi internazionale, si pensava che il cambiamento nel terzo millennio avrebbe portato ad un periodo di civiltà e invece i parchi oggi sono dimenticati. Quello a cui si assiste oggi è un analfabetismo ecologico con la difficoltà di distinguere il bene e il male con tutti che pensano al profitto immediato, che di fatto si traduce in un guadagno notevole per pochi e un danno per tutti.

Quello a cui si assiste oggi, prosegue Tassi, è che le associazioni sono divise e non c’è più la grinta di una volta quando si lanciò, ad esempio negli anni 80, la protezione del territorio del 10%. In quegli anni nessuno ci credeva e invece la sfida fu vinta e ora si protegge circa il 14%. Ora si uccidono gli animali nei parchi e pochi sono quelli che insorgono. I tagli che avvengono nei parchi portano dissesto idrogeologico in una Italia che ha il 70% di territori acclivi, pratica questa che crea disastri nelle città sottostanti. E nessuno va a vedere il perché succede questo ignari, più o meno coscienziosamente, che il motivo principale di tali situazioni sia che ci sono stati dei tagli nei boschi. Il bosco è un ecosistema dove ci sono molte dimensioni e non solo quella produttiva; abbiamo in primis l’obbligo di difendere la biodiversità, il benessere, la salute. Siamo insomma ad una svolta in cui si deve capire che l’economia deve cambiare e non continuare a dare un prezzo a tutte le cose ignorandone il valore. L’importanza di una foresta sana non è equiparabile al prezzo della legna che se ne ricava tagliando i suoi rami.

Il sistema parco non sta andando verso una transizione ecologica bensì verso una traslazione tecnologica con un ministero dell’Ambiente, oggi soppresso e sostituito solo nel nome, ma che di fatto anche quando c’era ha fatto poco per le foreste.

E la soluzione è da trovare… bisogna far rinascere i parchi e i paesi intorno ad essi e si dovrebbero investire soldi per garantire occupazione giovanile specializzata, protezione dei territori, futuro per il nostro pianeta.

 

Elsa Sciancalepore