Il laboratorio Abc-Pyramid di Ev-K²-CNR e Isac-Cnr rileva che il particolato e l’ozono vengono trasportati dalle aree inquinate dell’Asia fino ai ghiacciai di alta quota, contribuendo alla loro riduzione e confermando come certi fenomeni non conoscano confini
Per promuovere gli studi sulla composizione dell’atmosfera ed i mutamenti climatici nella regione asiatica, è stato avviato da alcuni anni un prestigioso progetto denominato Atmospheric Brown Clouds (Abc), promosso dall’Organizzazione delle Nazioni Unite per la Protezione dell’Ambiente (Unep) in collaborazione con il Center for Clouds, Chemistry and Climate della Scripps Institution of Oceanography (C4/SIO). L’Italia partecipa a questo progetto attraverso il Comitato Ev-K²-Cnr, con la stazione remota Abc-Pyramid realizzata a quota 5.079 m, nei pressi del Laboratorio?Osservatorio Piramide e non troppo distante dal Campo Base dell’Everest nella Valle del Khumbu.
Dal febbraio 2006 la stazione di monitoraggio climatico più alta al mondo, progettata e realizzata dall’Istituto di scienze dell’atmosfera e del clima del Consiglio nazionale delle ricerche (Isac-Cnr) di Bologna in collaborazione con il Cnrs di Clérmont-Ferrand, fornisce dati, misure e informazioni visibili in tempo reale sul sito http://evk2.isac.cnr.it/, grazie ad un particolare sistema di trasmissione satellitare voluto dal gruppo di lavoro guidato da Paolo Bonasoni dell’Isac-Cnr che permette anche il controllo remoto della strumentazione dall’Italia. Il laboratorio Abc-Pyramid è alimentato no stop da un sistema fotovoltaico, costituito da 96 pannelli solari e 120 batterie.
I primi risultati raccolti sono di grande interesse specie per quanto riguarda aerosol e ozono. «Per quanto concerne la concentrazione del particolato atmosferico (aerosol), le condizioni di fondo dell´atmosfera himalayana possono essere considerate ?normali? per parte dell´anno ? spiega Paolo Bonasoni ?. Purtroppo però, nella stagione pre-monsonica che dà luogo alla cosiddetta Asian Brown Cloud, i valori risultano estremamente elevati: le concentrazioni di PM1 hanno raggiunto un valore massimo di 80 microgrammi/metrocubo rispetto a un valore medio già elevato di 5,4 µg/m3, mentre il Black Carbon ha registrato un massimo di 5 µg/m3 durante episodi acuti d’inquinamento, rispetto a un valore medio di circa 0,4 µg/m3. Durante il periodo monsonico per il PM1 il massimo è stato di circa 10 µg/m3 (la media di 0,3 µg/m3), mentre il BC ha mostrato valori inferiori a 0,05 µg/m3».
«Sebbene le concentrazioni di PM10 abbiano mostrato una certa variabilità giornaliera dovuta all’influenza della circolazione locale, si sono registrati episodi di trasporto di inquinanti e sabbia di origine desertica che hanno fatto rilevare rispettivamente concentrazioni di circa 15,7 µg/m3 e 14 µg/m3 ? aggiunge Sandro Fuzzi, rappresentante EV-K2-Cnr in seno ad Abc ?. Le analisi chimiche sui campioni himalayani, eseguite presso l’Isac di Bologna hanno mostrato un contributo di materiale carbonioso (dovuto a processi di ?biomass burning?, cioè legato all’uso di bruciare sterco di bovino e prodotti del sottobosco), e la presenza, più limitata, di sali inorganici “water-soluble” (solfati, nitrati) oltre, ovviamente, alla polvere minerale».
«Questo avviene sia quando è il vento a trasportare da lontano aria inquinata o particolato dai deserti asiatici o del Sahara, sia quando una massa d’aria percorre la valle del Khumbu ?raccogliendo? le emissioni dei piccoli villaggi e inquinanti dal basso Nepal, dall’India e dal Pakistan: elevate concentrazioni di ?black carbon?, particelle fini ed ultrafini e di ozono caratterizzano infatti queste masse d’aria, facendo ipotizzare che la Valle agisca da ?camino?, trasportandole fino ai ghiacciai dell’Everest ? prosegue Bonasoni ?. Gli aerosol possono assorbire o riflettere la radiazione solare e, quindi, una deposizione di questo particolato sui ghiacciai himalayani può contribuire a ridurne lo strato. Più in generale, lo studio della distribuzione dimensionale dell’aerosol e della sua composizione inorganica ed organica aiuta a meglio definire il ruolo che queste particelle possono giocare nei processi climatici».
Le misure di concentrazione superficiale di ozono iniziate nel febbraio 2006 dall´Abc-Pyramid Observatory hanno mostrato un valore medio annuo di circa 100 microgrammi/metrocubo, con un ciclo stagionale caratterizzato da alti valori durante la primavera (cioè la stagione del premonsone), con una concentrazione media di circa 120 µg/m3, e più bassi durante l´estate (stagione monsonica),circa 72 µg/m3. «Mentre le basse concentrazioni possono essere legate al trasporto di masse d´aria d´origine marittima, il massimo primaverile può essere dovuto sia a processi di produzione fotochimica sul continente eurasiatico e sia a scambi verticali di masse d´aria tra la stratosfera e la troposfera». spiega Bonasoni. «Durante alcuni di tali eventi la concentrazione di O3 ha raggiunto il valore di 180 µg/m3 e sono state rilevate concentrazioni superiori ai 150 µg/m3 durante un episodio nel periodo monsonico con il trasporto per diversi giorni sul sito di misura in Himalaya di masse d´aria particolarmente inquinate provenienti da India e Pakistan».
«Le misure eseguite alla stazione Abc-Pyramid, uniche nel loro genere, contribuiscono a meglio definire il ruolo dell’ozono come gas serra ed agente nella definizione delle proprietà chimiche dell’atmosfera ? conclude Agostino Da Polenza, presidente del Comitato EV-K2-CNR ?. La catena dell’Himalaya rappresenta per elevazione e collocazione un posto ideale per studiare il trasporto di inquinanti e, benché le reti per il monitoraggio si stiano sviluppando nelle città asiatiche, nessun’altra osservazione è disponibile in alta montagna, teoricamente meno esposta all’inquinamento antropico».
(Fonte Cnr)
(30 Aprile 2007)