Il Dna conferma: Siamo immigrati africani… ma il sito del paleolitico è in pericolo

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Una parete della grotta Paglicci, in Puglia, i cui reperti hanno consentito questa ricerca, rischia di cadere e bloccare ogni tipo di ulteriori indagini archeologiche

Rischia di crollare la grotta più importante del Paleolitico in Europa. È la grotta Paglicci, nel parco del Gargano.
E proprio qualche giorno fa, uno studio italiano diretto da Guido Barbujani del Dipartimento di Biologia dell’Università di Ferrara e David Caramelli dell’università di Firenze, pubblicato sulla rivista Plos One, rivela che nel nostro Dna mitocondriale (mtDna) ci sono tracce del mtDna dell’Uomo di Cro?Magnon.
La scoperta è stata possibile grazie all’esame di resti di ossa rinvenuti cinque anni fa in Puglia nella grotta Paglicci presso Rignano Garganico, nel Parco nazionale del Gargano.
L’Uomo di Cro?Magnon, giunto dall’Africa 45mila anni fa, viveva nell’Europa occidentale e meridionale e rappresenta una tappa cruciale nell’evoluzione dell’Homo sapiens.

Dagli studi fatti risulta che il Cro?Magnon era geneticamente molto simile a noi. «Questa è la prova che in 25mila anni non siamo cambiati – ha dichiarato Barbujani – siamo arrivati dall’Africa esattamente così come siamo oggi, mentre i ?veri europei?, ovvero i Neanderthal, non sono più tra noi. Gli immigrati africani siamo noi dunque».
Gli studiosi si apprestano ora a continuare le ricerche analizzando il Dna nucleare che consentirà di studiare i tratti anatomici e scoprire dai geni del colore della pelle se l’Uomo di Cro?Magnon, arrivato in Europa, era nero o bianco, e se possedeva un linguaggio.

La grotta Paglicci si conferma quindi uno dei più importanti siti paleolitici d’Europa. Ha restituito, in quarant’anni di scavi da parte dell’Università degli studi di Siena, oltre 45.000 reperti, databili tra i 500.000 e gli 11.000 anni da oggi (Paleolitico Inferiore, Medio e Superiore). Tantissime le testimonianze artistiche, quasi tutte riferibili al Paleolitico Superiore e alla cultura di Cro-Magnon.
Ma questo autentico tesoro è tenuto dalla Puglia ancora in uno stato precario: non lo si è acquisito al patrimonio dello Stato e la parete esterna rischia di crollare. Una trascuratezza antica e vale appena ricordare le battaglie per far rientrare la grotta Paglicci nei confini del Parco…
Il Centro studi Paglicci, praticamente il vero tutore di questo sito, ha da sempre segnalato e denunciato le carenze ma, purtroppo, inascoltato. «Il sito di grotta Paglicci ? ci dice in un’accorata dichiarazione il responsabile Enzo Pazienza ? è tutt’ora di proprietà di privati, attualmente il Comune si dovrebbe impegnare per la procedura immediata dell’esproprio, essendo il Comune più piccolo del Gargano, non può far fronte a ulteriori spese, perciò si chiede l’intervento immediato delle altre istituzioni, dal Parco Nazionale del Gargano, Comunità Montana, Provincia, Regione e Ministero. Si è cercato una transazione con i proprietari dei terreni, ma ciò comporta ancora altro tempo. Inoltre una parete adiacente all’entrata della grotta è pericolante, molto pericolosa, e ciò bloccherà l’accesso degli studiosi che si presteranno a ottobre per la campagna di scavo, il sito va messo tutto in sicurezza».
La messa in sicurezza della parete è quindi la condizione essenziale per poter continuare gli studi. Nei giorni scorsi, Annamaria Ronchitelli, archeologa dell’Università degli Studi di Siena, aveva dichiarato: «se si deve ritornare a scavare nella grotta si deve mettere in sicurezza la struttura e garantire l’incolumità degli archeologi. Ora i tempi per un ritorno dei ricercatori si allungano e di molto».
(17 Luglio 2008)