Le spiagge arretrano, mare ok, occhio ai depuratori

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Nonostante la Regione Puglia si sia dotata di strumenti pianificatori di settore molto importanti come il Putt/Pba, e abbia gettato le basi per una pianificazione maggiormente coordinata con il Drag e i Ptcp, questi strumenti non prevedono la necessità di andare verso una Gestione integrata delle zone costiere
I depuratori più critici sono quelli che recapitano direttamente in mare, concentrati lungo la costa barese e la Testa del Gargano. Qui la situazione potrebbe aggravarsi nei mesi estivi. Non si può fare un completo bilancio depurativo perché mancano dati precisi sugli abitanti equivalenti, oltre ai residenti, serviti dai depuratori, essenzialmente: presenze turistiche e abitanti equivalenti dei settori industria e servizi

I quasi 900 km di costa della regione Puglia costituiscono circa il 12% degli 8.000 km italiani, e sono caratterizzati da un’elevata diversità ambientale, sia naturalistica sia morfologica.
I controlli sulle acque marino-costiere, per quanto riguarda la balneazione, sono da molti anni garantiti dagli ex Pmp provinciali, ora Dap dell’Arpa Puglia, facenti capo al Sistema informativo sanitario del ministero della Salute. È quindi possibile far riferimento ad una notevole mole di dati, esaustiva anche dal punto di vista della copertura temporale. Per quanto riguarda altri parametri e controlli ambientali, dal 1996 il Servizio difesa del mare del ministero dell’Ambiente, ha delegato alle Regioni l’attuazione di programmi triennali di monitoraggio (1996-1998 e 1999-2001) con trasmissione in via telematica dei dati alla banca dati SiDiMar.
Gli studi preliminari alla redazione dei Piani di Bacino regionali, realizzati dalle università e da istituti di ricerca pugliesi, completati all’inizio del 2000, costituiscono una buona base per lo sviluppo delle conoscenze riguardo lo stato della dinamica costiera, avendo individuato gli ambiti critici nei quali verranno concentrati gli interventi di difesa delle coste previsti dallo stesso Por Puglia 2000-2006.
Si può affermare, quindi, che per quanto riguarda le sottotematiche sullo stato di qualità delle acque marine e delle coste, si dispone di una copertura territoriale dei dati abbastanza omogenea, infatti le banche dati del Si.Di.Mar. e del ministero della Salute, con i piani di monitoraggio attuati dai Dap, coprono tutto il territorio regionale. Il lavoro delle università e degli istituti di ricerca inoltre contribuisce a dare uno spessore scientifico notevole alle indagini e agli studi sulle aree costiere, patrimonio informativo di grande valore che andrebbe comunque utilizzato in maniera più ampia, abbandonando gli ambienti esclusivamente scientifici.
I dati sulle risorse ittiche e la pesca peccano di un livello di dettaglio che non va oltre quello regionale. Mancando studi di settore, le uniche informazioni reperibili sono quelle statistiche del ministero delle Politiche Agricole e Forestali, competente in materia. Risulta difficile soprattutto recuperare informazioni attendibili sugli stock ittici, al fine di poter valutare le pressioni dell’intero settore.
Gli indicatori selezionati per poter valutare le pressioni antropiche sono senza dubbio quelli più difficilmente popolabili. Non è stato un problema localizzare le infrastrutture portuali, associandovi il numero di posti barca da diporto, manca invece l’informazione relativa al settore pesca. In effetti le Capitanerie di Porto e i Circomare contattati non sono stati in grado di fornire il numero di imbarcazioni da pesca operanti in ciascuna struttura.
Altra informazione difficile da reperire è quella relativa alle presenze turistiche nei comuni costieri, sebbene l’altro indicatore «Densità di popolazione» possa esprimerlo in modo indiretto.
Per quanto concerne il bilancio depurativo la maggiore lacuna informativa è quella relativa agli abitanti equivalenti imputabili all’industria e ai servizi. Ad esempio per alcune industrie alimentari gli abitanti equivalenti arrivano ad assumere un rapporto di 200 a 1. Appare chiaro quindi come la mancanza di queste informazioni sia un punto di debolezza estremamente critico nella valutazione degli impatti reali del comparto depurazione.
A livello più generale, un grande punto critico si riscontra nell’ambito della pianificazione territoriale. Nonostante la Regione Puglia si sia dotata recentemente di strumenti pianificatori di settore molto importanti come il Piano urbanistico territoriale tematico Paesaggio e beni ambientali (Putt/Pba), e abbia gettato le basi per una pianificazione maggiormente coordinata con il Documento Regionale di Assetto Generale (Drag) e i Piani territoriali di coordinamento provinciali (Ptcp), proprio questi strumenti non prevedono specificamente la necessità di andare verso una Gestione integrata delle zone costiere (Gizc).
Lo stato di qualità delle acque marine e delle coste risulta essere abbastanza positivo, fatta eccezione per il progressivo arretramento che sta caratterizzando queste ultime già da alcuni decenni. Le maggiori criticità sono quindi imputabili alle pressioni antropiche, tra sfruttamento delle risorse ittiche, impatti del sistema di depurazione regionale e densità di popolazione nonché presenze turistiche.
Di seguito viene descritta in maniera sintetica la situazione attuale dell’ambiente marino costiero in Puglia, inquadrandolo in alcune sottotematiche ambientali alle quali fanno capo una serie di indicatori. Nell’ottica di un approccio integrato ai problemi delle zone costiere, si è ritenuto importante considerare non solo lo stato delle acque marine, tra balneazione e qualità, ma anche l’uso del suolo, la pianificazione territoriale, la naturalità delle coste.

Stato di qualità delle acque marine costiere

Costa non balnenabile per inquinamento – Per quanto riguarda la costa non balneabile per inquinamento il Rapporto annuale sulla qualità delle acque di balneazione, a cura del Sistema informativo sanitario del ministero della Salute, fornisce dati ufficiali sulla balneazione in maniera puntuale, permettendo di ricostruire lo stato delle acque marine per tutta la costa pugliese.
La situazione a livello regionale è abbastanza positiva, con un 9,3% della costa controllata interdetta alla balneazione, dato in lieve miglioramento rispetto al 2001 in cui tale percentuale era dell’11,9%. Le condizioni maggiormente negative si riscontrano per lo più in corrispondenza di immissioni in mare di canali, corsi d’acqua e simili, o centri abitati costieri di medie-grandi dimensioni (oltre i 50.000 abitanti), come lungo la costa barese fino al Golfo di Manfredonia.
In Fig. 1 è apprezzabile il rapporto tra costa balneabile e non balneabile per ogni provincia pugliese riferiti al 2002 (Fonte dei dati: Ministero della Salute., Sistema informativo sanitario, 2001).

Altro indicatore preso in considerazione per la qualità delle acque marine è l’indice Trix. L’indicatore, pubblicato annualmente dal Servizio difesa del mare del ministero dell’Ambiente a partire al 1996, fornisce informazioni sullo stato trofico delle acque marino costiere.
I dati relativi al triennio 1996-1999, che comunque coprono anche l’intera annualità 2000, hanno «promosso» la Puglia che, assieme alla Sardegna, possiede il livello trofico (indice adimensionale Trix) più basso d’Italia: 2,68. Naturalmente si tratta di un valore medio calcolato su tutti gli 865 km di costa regionale, che non esprime alcune situazioni critiche locali, pur presenti in Puglia, come messo in evidenza dai dati sulla balneazione.
La Regione Puglia ha rinnovato, di concerto con il ministero dell’Ambiente, il piano delle attività di monitoraggio del Si.Di.Mar. per il triennio 2001-2003.

Acque designate idonee alla vita dei molluschi – Strettamente connesse all’indice di eutrofizzazione, le acque designate idonee alla vita dei molluschi definiscono la situazione sul livello di qualità che le acque marino costiere e salmastre possiedono. In Puglia, particolare attenzione meritano le due lagune di Lesina e Varano e il tratto di costa nei pressi di Taranto, sede di impianti di molluschicoltura.
Le indagini più recenti, coordinate dall’Apat, risalgono al 1999 e mettono in evidenza una situazione positiva, sebbene i tratti di costa per i quali sono disponibili i dati siano limitati alla parte settentrionale del Gargano e al Golfo di Manfredonia. Su 19 punti di controllo designati, dei quali 1 di acque salmastre e 18 marine, sono tutti conformi secondo i parametri previsti dal D. Lgs. 131/92 di attuazione della direttiva CEE n. 79/923 relativa ai requisiti di qualità delle acque destinate alla molluschicoltura.

Stato di qualità delle coste

Percentuale di costa protetta – Lo stato di qualità delle coste pugliesi è stato espresso come percentuale di costa protetta sul totale di 865 km. In realtà, l’unico dato disponibile al momento per esprimere tale indicatore è quello relativo ai Siti di importanza comunitaria proposti (pSic), recentemente istituiti anche in Puglia, in attesa di essere ratificati dalla DG XI Ambiente della Comunità Europea. I pSic, in effetti, si sovrappongono anche ad altre aree marine protette precedentemente istituite, riuscendo ad esprimere in tal modo un indicatore abbastanza completo. La costa pugliese sottoposta a forme di tutela ammonta a circa 650 km, ben il 75% del totale, sebbene si tratti per la gran parte di zone a mare dei Sic.
Percentuale di costa in erosione – Grazie al rilevamento geomorfologico effettuato su buona parte della costa pugliese nell’ambito degli Studi preliminari ai piani di bacino della Regione Puglia, sono state individuate zone particolarmente critiche. Le problematiche relative alle aree critiche sono risultate diverse e comunque riconducibili a spiagge «sabbioso-ghiaiose» in arretramento e a coste rocciose con falesie in rapida evoluzione.
Le aree sono state raggruppate nei seguenti ambiti :
Ambito omogeneo Gargano, compreso tra Mattinatella e foce Candelaro ? Uno dei problemi principali delle coste garganiche, tutte di tipo alto, è l’instabilità delle falesie «sabbioso-conglomeratiche» nelle aree di Mattinatella ma soprattutto di quelle poco più a nord di Manfredonia.
Ambito Subappennino Dauno, localizzato tra foce Candelaro e foce Ofanto ? Si tratta di spiagge sabbiose, attualmente in forte arretramento, un tempo protette da una serie di dune nel tempo smantellate dall’uomo a vantaggio dell’agricoltura qui altamente specializzata. Le aree più colpite sono quelle del delta dell’Ofanto, del tratto subito a nord del porto di Margherita di Savoia e della zona tra Torre di Pietra e Zapponeta.
Ambito litorale Barese, ubicato nei tratti tra foce Ofanto-Bisceglie e Torre Canne-Rosa Marina ? Qui l’area che mostra i maggiori problemi è quella compresa fra Barletta e Trani, più precisamente la cuspide sabbiosa dell’Ariscianne con i sottostanti e retrostanti depositi torbosi e palustri che oppongono una minima resistenza all’arretramento. Particolarmente critici anche i tratti relativi alla falesia carbonatica a nord di Bisceglie, nei pressi di insediamenti residenziali, con i suoi recenti interventi di protezione; alle falesie in arretramento del litorale a sud di Trani in depositi misti terrigeni e carbonatici quaternari; alla costa sabbiosa ubicata a sud di Monopoli, fra Torre Canne e Masseria Pilone.
Ambito Salento, localizzato fra Torre Rinalda e Otranto e fra Torre Borraco e Torre dell’Inserraglio ? I tratti critici di questo ambito interessano sia il litorale adriatico che quello jonico. Il lato adriatico si estende per 50 km fra Torre Rinalda e Otranto, comprendendo sia spiagge, generalmente sabbiose, bordate da cordoni dunari notevolmente degradati che mostrano evidente erosione specialmente nel tratto delle Cesine, sia coste rocciose intagliate in litotipi poco resistenti quali argille e sabbie o calcareniti plio-pleistoceniche, soggette perciò ad una evoluzione molto rapida. Il lato ionico, 30 km, è compreso fra Torre Borraco e Torre dell’Inserraglio, includendo quindi l’area di Porto Cesareo di importanza naturalistica rilevante;
Ambito Arco Jonico, compreso fra Capo San Vito e foce Bradano (la fascia costiera è costituita da spiagge sabbiose, bordate da cordoni dunari notevolmente degradati, che mostrano i segni di un’erosione molto rapida).

Risorse ittiche e pesca

Allevamenti di acquacoltura – Per ciò che concerne l’acquacoltura, in generale il numero di imprese regionali operanti nel settore, soprattutto molluschicoltura, supera le 50 unità, in particolare gli impianti sono concentrati essenzialmente nelle aree del Golfo di Taranto e del Gargano.
In Puglia, al 1998 risultano operanti 22 impianti, di cui 5 in gabbie galleggianti, con una produzione pari a 2.000 tonnellate. Questa realtà rappresenta circa il 28% del numero di impianti nazionali e circa il 20% della produzione nazionale. Orate e spigole rappresentano le due più importanti specie marine allevate. Le produzioni di queste due specie hanno saputo mantenere un trend di costante crescita, sia per l’aumento di produttività degli impianti esistenti sia per l’apertura di nuovi siti produttivi, in particolare impianti di gabbie off-shore.
La localizzazione e la tipologia degli impianti di acquacoltura costituisce la base informativa sulla quale valutare le Pressioni derivanti da queste attività. L’indicatore è connesso direttamente al Trix, in quanto gli allevamenti di specie ittiche hanno come impatto potenziale l’immissione di nutrienti nelle acque marine, che portano inevitabilmente ad un aumento potenziale dell’eutrofizzazione.
Sforzo di pesca – Il settore della pesca pugliese si colloca al secondo posto nella realtà nazionale, dopo la Sicilia, con quasi 73.000 tonnellate di produzione tra pesce, molluschi e crostacei nel 1999, pari al 18% della produzione totale. Il potere di cattura pari a 2,25 ton/TSL (Tonnellaggio di Stazza Lorda) è leggermente superiore alla media nazionale.
Per quanto riguarda lo sfruttamento delle risorse ittiche, gli unici dati disponibili sono quelli del ministero delle Politiche Agricole e Forestali (MiPAF), espressi in quantità di specie catturate e sforzo di pesca. Gli indici di sfruttamento e quello di abbondanza per le specie bersaglio, entrambi in grado di esprimere la pressione sulle risorse disponibili, si potrebbero popolare solamente sulla base di informazioni riguardanti gli stock ittici, attualmente non reperibili.
I tre maggiori segmenti di pesca sono rappresentati dallo strascico, dalla piccola pesca e dalle modalità di pesca polivalenti.

Per quanto riguarda le pressioni dirette, va considerato lo sforzo di pesca, inteso come la potenzialità di sfruttamento delle risorse ittiche da parte della flotta peschereccia. Esso è stato calcolato per i tre maggiori segmenti di pesca, sulla base del tonnellaggio della flotta peschereccia e dell’attività annuale.
Naturalmente è lo strascico, caratterizzato dal più elevato rendimento, che esercita il maggior sforzo di pesca (50%), con una flotta peschereccia capace di più di 18mila TSL, ma anche la piccola pesca (imbarcazioni sotto i 12 metri di lunghezza e 10 TSL) riesce ad avere un elevato sforzo di pesca (34%). Difatti, a fronte di una pur bassa stazza totale (poco meno di 4.000 ton) c’è l’elevato numero di imbarcazioni e la conseguente elevatissima attività annuale (più di 285mila giornate/anno totali).

Pressioni antropiche

Infrastrutture portuali – Le informazioni sulle infrastrutture portuali, sia mercantili sia turistiche, sono state fornite dalle Capitanerie di Porto pugliesi. I dati interessanti ai fini della VeA sono essenzialmente la localizzazione, la tipologia delle attività di ciascuna struttura, il numero di posti barca e il traffico. I porti sono un forte elemento di Pressione, con un impatto potenzialmente molto negativo sulle componenti suolo, acqua e biodiversità.
Per quanto riguarda il diporto nautico, i posti barca totali in Puglia sono 7.855, così suddivisi per provincia: Bari 2.194; Brindisi 584; Foggia 1.065; Lecce 3.425; Taranto 587. Le zone costiere più attrezzate sono la costa adriatica barese e il Salento leccese.
Il dato sulla distribuzione dei pescherecci in Puglia risulta incerto, in quanto le Capitanerie di Porto non sono in possesso di dati precisi sul numero delle motobarche iscritte. Anche in questo caso le informazioni sono parecchio incomplete e poco aggiornate. Si renderà necessario contattare le associazioni di categoria del settore per tentare di ottenere informazioni maggiormente aggiornate. Al momento, risulta pertanto non opportuno scendere in considerazioni di dettaglio con dati aggregati solo a livello regionale.

Densità di popolazione e presenze massime turistiche lungo la fascia costiera

La densità di popolazione lungo la fascia costiera di 1 km, è basata sulla distribuzione delle località abitate, censite dall’Istat. Ponendo l’accento sulla sola urbanizzazione, intesa come estensione delle aree edificate, residenziali, commerciali e industriali, e tralasciando gli altri usi del suolo a valenza antropica (essenzialmente agricoltura), appare chiaro l’impatto che essa ha sulle zone costiere.
Le aree maggiormente critiche sono senza dubbio la costa della provincia di Bari, quella della penisola salentina e l’arco jonico, situazioni che meritano alcune riflessioni. Lungo la costa barese (poco più di 147 km) si affacciano comuni di notevoli dimensioni, che assieme al capoluogo regionale Bari totalizzano una popolazione residente di circa 500.000 abitanti. Gli impatti che ne derivano vanno dal carico di reflui urbani immessi in mare, agli scarichi delle attività produttive, alla pesca, ampiamente praticata in questa zona. La penisola salentina invece, in particolare la fascia jonica, mostra un’urbanizzazione con una tessitura più discontinua, legata essenzialmente a una residenzialità estiva, di seconde case. Ne consegue che qui gli impatti sono dovuti più che altro alla notevole concentrazione di popolazione durante i periodi estivi, esprimibile con le presenze massime turistiche nei comuni costieri, indicatore che purtroppo non appare facilmente popolabile, mancando informazioni certe.

Bilancio depurativo dei comuni serviti da impianti che recapitano a mare o in corsi d’acqua superficiali

Tra le pressioni più critiche per le zone costiere, vanno considerati senza dubbio i recapiti in acque marine costiere e in corpo idrico superficiale dei depuratori pugliesi. Gli impianti più critici sono certamente quelli che recapitano direttamente in mare, concentrati essenzialmente lungo la costa barese e la Testa del Gargano. Secondariamente sono stati presi in considerazione anche i depuratori che recapitano in corpo idrico superficiale, ad una distanza massima di 10 km dalla costa. Si è supposto, infatti, che oltre tale distanza i liquami sversati dagli impianti nei corpi idrici subiscano una diluizione o comunque un assorbimento da parte del suolo. Tali depuratori sono localizzati nelle poche zone dove è presente un reticolo idrografico anche appena sviluppato: Gargano e costa foggiana, l’area a sud di Brindisi, e l’arco ionico tarantino. I tratti di costa interessati da queste due tipologie di impianti potrebbero potenzialmente subire gli effetti di un bilancio depurativo negativo (capacità depurativa degli impianti inferiore agli abitanti equivalenti da trattare). Situazione che potrebbe crearsi soprattutto nei mesi estivi, da giugno a settembre, durante i quali le presenze turistiche toccano i valori massimi.
L’indicatore che potrebbe esprimere in maniera esaustiva questa criticità è quindi proprio il bilancio depurativo dei comuni serviti da impianti che recapitano a mare o in corsi d’acqua superficiali, ma mancano dati precisi sugli abitanti equivalenti, oltre ai residenti, serviti dai depuratori, essenzialmente: presenze turistiche e abitanti equivalenti dei settori industria e servizi.

Bibliografia

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Università di Bari, Politecnico di Bari, CNR-IRSA, IPRES, 2000 ? Studi preliminari alla redazione dei piani di bacino regionali, Regione Puglia, Bari.

 

A cura dell’Arpa Puglia