Petrolio, circolazione di auto e di… idee

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Il rincaro dei carburanti non è più una novità, sarà sempre più una costante dovuta all’assottigliamento delle riserve. È gravemente colpevole la mancanza delle iniziative per trovare un sostituto all’oro nero

L’utilizzazione delle notizie a scopo elettorale raggiungerà in questo periodo in Italia il massimo storico. Non è una previsione, è semplicemente la constatazione di un costume purtroppo diffuso che trova nella poca professionalità giornalistica una sponda facile.
L’ultimo esempio viene dall’aumento del prezzo dei carburanti.
Alla politica piace vincere facile e l’informazione asseconda. La benzina aumenta e via con interviste in tutte le salse per dare in testa al malgoverno di sinistra come ieri si dava in testa a quello di destra.
Seguiranno certamente i confronti con i costi all’estero, i conti con quanto paghiamo di tasse e giù di lì ad avvitarci nel dolore e nell’invettiva contro la malasorte che ci ha fatto nascere in Italia.
Nessuno che si sforzi di spiegare ed individuare le vere colpe nelle scelte politiche anacronistiche.

È dal ’73 che si fanno i conti di quanto petrolio ci resta. Ma i petrolieri, che sono di gran lunga più preparati, fanno i conti dal ’63.
È noto che la domanda globale di petrolio è in continua crescita e il suo consumo è in aumento soprattutto nei paesi in via di sviluppo. Questo vuol dire che in attesa delle alternative all’oro nero, i paesi dell’Opec (quelli che producono il petrolio) aumenteranno la loro quota di mercato con un conseguente aumento dei prezzi.
La curva della produzione è considerata in calo quando l’estrazione di petrolio giunge alla metà della produzione di un giacimento. A livello globale il calcolo finale è difficile perché vi sono nuovi paesi che iniziano le estrazioni, nuovi giacimenti che si scoprono e variazioni nei consumi. Le guerre, ad esempio, come è stato con quelle del Golfo, sono elementi di incertezza nel calcolo.
Si prevede che intorno al 2010 i paesi mediorientali sorpasseranno il picco della produzione e questa dovrà calare.
Le passate previsioni erano: Nel 1963, le riserve di petrolio erano stimate in 48 miliardi di tonnellate. Era previsto un esaurimento per il 1999. Nel 1980 le riserve stimate erano di 89 miliardi di tonnellate. Esaurimento previsto per il 2011. Nel 1999 le riserve stimate erano di 225 miliardi di tonnellate. Esaurimento previsto per il 2040, o, in una ipotesi ottimistica, 2070. L’Italia consuma all’anno 94 milioni di tonnellate di petrolio. Nel mondo si consumano 3.200 milioni di tonnellate.

Dov’è il clamore? Non nel prezzo, ma nel fatto che la politica nazionale e mondiale, ben sapendo da anni di queste previsioni, sta ancora a discutere fra destra e sinistra, repubblicani o democratici, conservatori o laburisti… con la benedizione dei petrolieri e con l’occhio comprensivo di certa stampa che macina interviste inutili e non grida alle inefficienze politiche.
Non quelle del controllo dei prezzi che in questo caso sono vane, ma nella mancanza di scelte innovative che pure la ricerca ha messo a disposizione. (I. L.)
(20 Febbraio 2008)