Nonostante coprano solo il 6% della superficie terrestre, esse riescono ad immagazzinare il 35% della CO2 mondiale. Inoltre, molte di esse immagazzinano grandi quantità di metano
Il 2 febbraio si è celebrata, come ogni anno a partire dal 1997, la Giornata Mondiale delle Zone Umide («World Wetland Day») che ricorda l’importanza di questi ecosistemi unici nel giorno dell’anniversario della firma della Convenzione di Ramsar sulle Zone Umide («Convention on Wetlands», ovvero: «Ramsar Convention»), avvenuta appunto a Ramsar (Iran) nel 1971.
In questa occasione, le agenzie governative, le Organizzazioni non governative (Ong) e la cittadinanza intraprendono attività mirate a divulgare e migliorare la consapevolezza del valore della zone umide e dei loro benefici in generale, ed in particolare a far conoscere la Convenzione.
Il tema di quest’anno dedicato a: «Le zone umide, la biodiversità e i cambiamenti climatici» («Wetlands, Biodiversity and Climate Change») con lo slogan: «Prendersi cura delle zone umide: una risposta ai cambiamenti climatici» («Caring for wetlands – an answer to climate change») cattura il senso di urgenza percepito dalla comunità internazionale nell’affrontare le potenziali conseguenze negative dei cambiamenti climatici e sottolinea l’importanza del ruolo che le zone umide possono giocare nell’azione di mitigazione e di adattamento. Inoltre, essendo il 2010 l’«Anno Internazionale della Biodiversità», la gestione delle zone umide assume una speciale rilevanza.
Anche il Segretario generale del Segretariato della Convenzione sulla Biodiversità (Convention on Biological Diversity, Cbd), Ahmed Djoghlaf ha rammentato che «le zone umide sono particolarmente sensibili ai cambiamenti climatici», anticipando che «il terzo rapporto Global Biodiversity Outlook, che sarà pubblicato dalla Cbd nel maggio 2010, confermerà che esse rientrano tra gli ecosistemi maggiormente minacciati».
Nello stesso tempo, «in virtù dei servizi da esse forniti, le zone umide sono in prima linea tra le opzioni di risposta ai cambiamenti del clima». Nonostante coprano solo il 6% della superficie terrestre, infatti, esse riescono ad immagazzinare il 35% della CO2 mondiale. Inoltre, molte di esse immagazzinano grandi quantità di metano. Di conseguenza, secondo Djoghlaf, «avere maggiore cura delle zone umide è una maniera appropriata, e spesso efficiente dal punto di vista dei costi, per ridurre le emissioni di gas serra».
La collaborazione tra la Convenzione di Ramsar e la Cbd continua, dopo il riconoscimento, avvenuto nel maggio 2008 durante il 9° incontro della Conferenza delle Parti della Cbd a Bonn (Germania), dell’esigenza di rafforzare la guida scientifica e politica in relazione al ruolo delle zone umide nel contesto dei cambiamenti climatici e dell’autorevolezza della Convenzione di Ramsar.
(Fonte Focal Point Ipcc per l’Italia)