Un motore elettrico grande come una molecola

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È costituito da una sola molecola (il metil-butil-solfuro, noto come «thioetere»), depositata su una superficie di rame, la cui velocità di rotazione può essere controllata, fornendo un’opportuna corrente elettrica. «Si tratta di un raffinato lavoro, quasi avveniristico – ha commentato Piero Morales, esperto di nanotecnologie dell’Enea – e rappresenta un’importante pietra miliare nel settore delle nanoscienze e delle tecnologie di nanofabbricazione»

È stato realizzato dai ricercatori della Tufts University del Massachusetts, il più piccolo motore elettrico mai costruito al mondo. È costituito da una sola molecola (il metil-butil-solfuro, noto come «thioetere»), depositata su una superficie di rame, la cui velocità di rotazione può essere controllata, fornendo un’opportuna corrente elettrica, cioè esattamente come succede nei comuni motori elettrici che conosciamo. Si tratta, infatti, del primo motore elettrico molecolare, le cui dimensioni sono di 1 nanometro (1 milionesimo di millimetro). Per avere idea di queste dimensioni, basta pensare che lo spessore di un capello umano è circa 60mila volte superiore. La ricerca, che annuncia questa inimmaginabile realizzazione, è stata pubblicata on line il 4 settembre 2011 su Nature Nanotechnology.

I motori molecolari non sono una novità. Sono stati già costruiti motori molecolari di vario tipo, che funzionano con la luce o con reazioni chimiche, aventi dimensioni più grandi, ma pur sempre infinitesimali: circa 200 nanometri. Le novità di questa ricerca sono, però, due: innanzitutto quella di aver messo a punto, per la prima volta, un motore molecolare funzionante con la corrente elettrica e, secondariamente, di averlo costruito di dimensioni talmente piccole da rappresentare un record infinitesimale mai prima raggiunto.

La molecola di thioetere, che costituisce questo motore, è una molecola asimmetrica, la cui struttura è tale che quando è ruotata di 180° presenta un’immagine speculare che non è uguale a quella di partenza, una caratteristica questa, importante, perché permette di controllarne la sua rotazione. Per provocarne la rotazione, i ricercatori hanno utilizzato una corrente elettrica ponendo un elettrodo sulla superficie di rame dove la molecola è stata depositata e dove è stata agganciata a uno solo degli atomi che la compongono: quello dello zolfo. In questo modo, l’atomo di zolfo diventa, il perno attorno al quale far ruotare tutta la molecola. Per l’altro elettrodo, i ricercatori hanno scelto di usare, in posizione opposta, un’altra molecola asimmetrica, in particolare un composto chimico di platino-iridio di pari caratteristiche strutturali, indispensabili per avviare e imprimere la rotazione del thioetere.

Quando passa una corrente elettrica da un elettrodo all’altro, il processo di rotazione della molecola di thioetere può essere seguito passo dopo passo e regolato, aumentando o diminuendo la corrente esattamente come si fa, per esempio, con i normali motori elettrici a corrente continua. Siccome siamo a livello molecolare e a dimensioni infinitesimali, la velocità di rotazione risente della temperatura (che causa agitazione molecolare) e dalle condizioni ambientali al contorno di questo dispositivo (altre molecole presenti). Pertanto le migliori condizioni di controllo sulla velocità di rotazione del thioetere mediante corrente elettrica, si raggiungono a temperature molto basse (268°C sotto zero), vicine in pratica allo zero assoluto, e in condizioni di vuoto molto spinto.

Questa è certamente una prima limitazione del suo uso. Una seconda limitazione è costituita dall’elettrodo di platino-iridio, il quale ha dimensioni molto maggiori del motore molecolare che deve far funzionare, un ingombro, questo, che provoca malfunzionamenti del motore quando non è sottovuoto e deve operare realmente in un ambiente complesso di nanomateriali. Ma, l’indubbio vantaggio, a parte quello di aver realizzato un motore elettrico molecolare, è quello di poter localizzare questo motore dove si vuole su un piano cristallino e, quindi, di poterlo inserire in altri sistemi nanotecnologici o di integrarlo in molti sistemi nanotecnologici complessi attualmente allo studio.

«Si tratta di un raffinato lavoro, quasi avveniristico – ha commentato Piero Morales, esperto di nanotecnologie dell’Enea – e rappresenta un’importante pietra miliare nel settore delle nanoscienze e delle tecnologie di nanofabbricazione. I ricercatori di questa Università del Massachusetts hanno dimostrato notevoli capacità di manipolare le più avanzate tecnologie, permettendo di accedere a un settore di indagine scientifica e conoscitiva impensabile fino a pochissimi anni or sono. E le ricadute sono già in atto – ha concluso Piero Morales – ma lo saranno ancor più in futuro, in tutti i settori dell’innovazione tecnologica con sviluppi davvero imprevedibili».

(Fonte Enea-Eai)