Autoritratto dell’immondizia

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Abbiamo visto come la città pestilenziale sia stata ampiamente sconfitta. Ma tutte le fatiche e le opere realizzate dai primi anni dell’Ottocento ad oggi rischiano di sembrare un gioco da bambini di fronte alle sfide cui le città dell’Asia, Africa e America Latina sono chiamate

Ed è ancora Rimini, terra che ha accolto la 15° Fiera internazionale di recupero di materia ed energia e dello sviluppo sostenibile meglio nota come Ecomondo, l’artefice di un evento che in sé racchiude la necessità di divulgare, sostenere e realizzare lo sviluppo di una cultura ambientale ed ecosostenibile. Lorenzo Pinna, giornalista, autore televisivo e divulgatore scientifico, autore di molti libri di successo tra cui «Cinque ipotesi sulla fine del mondo» (1995), «La sfida del secolo. Energia» (2006) e «Perché dobbiamo fare più figli» (2008), ha infatti presentato, in occasione della manifestazione internazionale tenutasi, per l’appunto, a Rimini, il suo ultimo libro «Autoritratto dell’immondizia. Come la civiltà è stata condizionata dai rifiuti», andando a definire un problema, quello dei rifiuti, che secondo lo stesso Pinna «non è tanto un problema tecnologico ma una questione di decisioni politiche ed amministrative».

Secondo l’autore dello scritto, per raccontare la storia della civiltà si possono assumere molteplici punti di vista che, smarcandosi dal contesto generale, acquistano carattere puntuale ma altrettanto potentemente descrittivo del percorso dell’umanità.

Così ci sono storici del costume che ci raccontano forme e colori di vestiti. Altri minimalisti che si sono interessati alla vita quotidiana abbandonando l’ottica eroica dei personaggi famosi. Altri ancora, ci raccontano l’evoluzione dell’alimentazione, passando al microscopio, materie prime, ricette, gusti di ogni epoca. Altri, infine, si sono piazzati nei gabinetti per raccontarci che anche dai cessi, dalle deiezioni, dai rifiuti e dall’immondizia si può tracciare un percorso che attraversa tutta l’umanità.

Ed è forse proprio questo l’approccio più coerente, perché, da che mondo è mondo, l’uomo ha prodotto rifiuti ed i rifiuti sono nati con la sua venuta al mondo.

È possibile tracciare, dunque, una storia delle civiltà a partire proprio da quei disgustosi oggetti che accompagnano l’esser vivo di ognuno.

Lorenzo Pinna ci prova a dar conto del peso che i rifiuti hanno per l’umanità, in tutti i suoi periodi storici, con il saggio di storia della scienza e della tecnica applicata avente per titolo proprio «Autoritratto dell’immondizia».

E l’argomento dei rifiuti risulta fortemente connesso a quello dell’acqua in quanto in entrambe le questioni agire in maniera cosciente ed ecosostenibile vuol dire, anche e soprattutto, costruire le basi igieniche per evitare che trattare il problema in maniera superficiale dia inizio ad epidemie, inquinamenti di vario genere a plurime matrici ambientali.

Ma come si sviluppa l’analisi del problema rifiuti nell’arco della storia?

Bene agli albori della civiltà, la popolazione era scarsissima, l’attività prevalente era la caccia e la vita nomade di piccoli nuclei umani non poteva, neanche volendolo, creare i presupposti del problema.

I primi problemi cominciano con la stanzialità e l’avvio dell’urbanizzazione. Ma l’antichità non ha conosciuto grandi agglomerati urbani e il problema era notevolmente circoscritto a poche realtà come la Roma imperiale, città che arrivò a contare un milione di abitanti e che, date le sue dimensioni, cominciò ad avere seri problemi per lo smaltimento dei rifiuti.

Problemi che si tentò, in modo soddisfacente, di risolvere, da un lato con la costruzione della grande rete fognaria cittadina e dall’altro con lo sviluppo degli approvvigionamenti idrici di acqua potabile che servivano, oltre che le Terme anche le 1.352 fontane disseminate per i 14 quartieri cittadini.

Ma tutto questo sparì con la caduta dell’Impero, momento in cui Roma si cominciò a spopolare dando origine alla creazione di nuove città di dimensioni sì inferiori ma caratterizzate da una crescita convulsiva, caotica e assolutamente priva di ogni gestione sanitaria/ambientale adeguata. Importante è sottolineare il punto di svolta nella lotta a quanto per anni, a causa di questa gestione assolutamente priva di qualsivoglia dettame, aveva causato pestilenze, epidemie, ecc.; bene, questo momento della storia lo si fa coincidere con la Rivoluzione industriale, epoca che provocò da un lato una brusca impennata della dimensione delle città e dei suoi problemi igienici, dall’altra tutta una serie d’innovazioni che portarono ad affrontare il problema rifiuti adottando un approccio teso alla risoluzione del problema.

È il caso di Joseph Bazalgette, ingegnere capo del Metropolitan Board of Works e di George Eugène Hausmann, Prefetto della Senna. Il primo costruì il sistema fognario di Londra, il secondo quello di Parigi, intorno al 1850.

È un approccio moderno, fatto di progetti funzionali, di appalti trasparenti, di controlli rigorosi dei materiali utilizzati che uniti alle conoscenze in campo medico e igienico, frutto delle nuove tecniche sviluppate durante la Rivoluzione industriale, permise una risoluzione concreta del problema.

Di contro l’autore cita il caso di Napoli e di come alla fine dell’Ottocento un approccio premoderno, già compromesso con la camorra, con le tangenti, con le opposizioni di potentati locali, portò un analogo progetto alla più clamorosa delle sconfitte.

In definitiva, è chiaro cosa Lorenzo Pinna vuole far emergere dal suo scritto; il problema delle città «pestilenziali», dei rifiuti e delle deiezioni è stato risolto, ad esempio, a Londra e a Parigi perché affrontato in modo scientifico, moderno, in cui il progresso industriale ha sì portato un aumento delle merci e dei rifiuti da gestire ma ha anche definito strumenti e conoscenze adeguate per affrontare il problema.

La situazione di molte città dell’Asia, dell’Africa e dell’America Latina potrebbe esser molto vicina a quella che nel periodo preindustriale coinvolgeva la società industriale moderna. Ormai più del 50% dell’umanità vive nelle città e quello che avviene in Asia, in Africa e in America Latina, è spesso un’urbanizzazione senza industrializzazione. Il risultato di queste colossali migrazioni sono baraccopoli, sterminate distese di casupole costruite con il cartone, le assi di legno, la paglia, i mattoni cotti male e gli ondulati di lamiera, addossate lungo stretti vicoli sterrati e fangosi che crescono a dismisura intorno alle città. La città «pestilenziale» con tutto il suo corteo di orrori è l’immagine di un passato che bussa alla porta.

E allora non basterà fare come si è fatto nell’800 a Londra. Forse perché proprio Londra, insieme a tante altre realtà forti dell’attuale, oggi, per tenere pulito il giardino di casa sua, non si fa scrupoli a scaricare la sua immondizia eccessiva, crescente e sempre più pericolosa nel giardino del vicino.

E questa è la solita storia!