Clima – Spiraglio (non ufficiale) dalla Cina

441
Tempo di lettura: 3 minuti

> Su Durban l’ombra degli indignati del clima

Continua il summit di Durban, in Sud Africa, nel tentativo di trovare una via d’uscita per il post Kyoto e bloccare le emissioni mondiali di CO2 e conseguentemente arrestare l’innalzamento della temperatura del Pianeta.

Mentre procedono le trattative e gli incontri ufficiali, la Cina ha fatto sapere attraverso interviste ai media (e quindi non in modo formale ed ufficiale durante le sessioni negoziali) di essere favorevole ad assumere impegni legalmente vincolanti, ma solo dopo il 2020 ed a certe condizioni. L’Unione europea continua a cercare supporto per arrivare con un’apposita «road map» ad un accordo globale legalmente vincolante già dal 2015, ma l’unico supporto viene dagli Stati delle Piccole isole che spingono per decidere sulla seconda fase del Protocollo di Kyoto legalmente vincolante e su un accordo globale legalmente vincolante già in questa sessione negoziale di Durban. L’atmosfera generale è, comunque, di forte attesa per quello che diranno i ministri e capi di governo nella sessione ministeriale che sta per iniziare anche se serpeggia la sensazione che a Durban si deciderà di decidere nel 2015 o nel 2020.

Nella mattinata di ieri si è tenuta l’assemblea plenaria del gruppo Agw-Lca per discutere il documento «amalgamato» redatto dal Presidente Reifsnayder, sulla base dei documenti tematici e di coordinamento tematico, prodotti dai numerosi «informal groups» e «contact groups». Sono stati così definite le questioni riguardanti il «technology executive committee» per la gestione del trasferimento tecnologico e di nuove tecnologie verso i Paesi in via di sviluppo (rimane comunque ancora aperta la questione dei brevetti), e sono state discusse ed approfondite le questioni riguardanti la cooperazione internazionale con i Paesi in via di sviluppo per l’acquisizione di crediti alle emissioni, le questioni relative al «fondo di adattamento», le questioni finanziarie con un approccio di mercato e, infine le possibili strategie di lungo periodo.

Nella discussione sono emerse le seguenti posizioni:

– l’Argentina, la Cina ed il G-77 (Paesi in via di sviluppo del Gruppo dei 77), hanno criticato il documento «amalgamato» perché non riflette il vero stato del negoziato e non può essere usato come base di negoziazione su cui dovranno esprimersi i decisori politici nei prossimi giorni;
– la Svizzera, che ha fatto presente che il documento «amalgamato», per quanto riguarda le possibili strategie future, può essere utilizzato solo nel negoziato attuale, ma se si rimandano le decisioni ai prossimi negoziati o si inizia una nuova «road map» negoziale, come sembra probabile, bisognerà ridefinire il tutto in relazioni alle nuove prospettive;
– l’Ecuador, che ritiene del tutto insoddisfacente come è stato trattato il meccanismo Redd+ nel documento «amalgamato» e la Russia, che ritiene del tutto insoddisfacente come sono stati trattati i problemi di verifica e controllo, ma anche i problemi di mitigazione ed adattamento;
– l’Arabia Saudita e l’Iraq, che hanno espresso preoccupazione per la sottovalutazione delle misure di compensazione a cui loro danno molta importanza (nota: per misure di compensazione i paesi produttori di petrolio intendono il risarcimento dei danni per le perdite economiche derivanti dalla minore produzione e commercializzazione di combustibili fossili);
– le Bahamas e gli Stati delle Piccole isole che hanno chiesto una revisione dell’obiettivo di lungo periodo (2°C di surriscaldamento globale rispetto all’epoca pre-industriale) ritenendolo inadeguato per la vulnerabilità e la stessa sopravvivenza delle piccole isole (vorrebbero l’obiettivo di 1,5°C e non quello di 2°C);
– la Nuova Zelanda, che ritiene sottovalutato il ruolo dell’agricoltura, sia ai fini della mitigazione sia dell’adattamento;
– gli Usa, che ritengono il documento «amalgamato» come un ottimo esercizio più o meno accademico, che può essere considerato un buon punto di partenza, ma molto lavoro deve ancora essere fatto perché il documento è abbastanza sbilanciato.

Dopo questi commenti, il Presidente Reifsnayder ha concluso l’assemblea plenaria, informando che apporterà le opportune modifiche e variazioni nel documento «amalgamato» e che domani mattina presenterà la nuova bozza di documento «amalgamato». Su questa nuova bozza che, a questo punto dovrebbe essere definitiva, sarà coinvolto anche il Presidente della Cop-17 (la ministro degli Esteri del Sud Africa) per le opportune interazioni con i decisori politici.

Nel frattempo è stato discusso da un apposito «informal group», la proposta presentata da Papua Nuova Guinea di emendamento della Convenzione Unfccc per la parte riguardante l’acquisizione del consenso per adottare le decisioni. Attualmente, si utilizza la regola delle Nazioni Unite e cioè la Sessione plenaria decide su un certo argomento su base consensuale. Se un solo Paese è dissenziente, le decisioni non possono essere adottate fino a quando non si rimuovono le cause del dissenso. La proposta di Papua Nuova Guinea intende introdurre il sistema decisionale basato su votazioni: le decisioni vengono adottate sulla base di una votazione a doppia maggioranza (maggioranza del numero dei Paesi che rappresentano la maggioranze della popolazione mondiale). A questa proposta si oppongono fortemente l’Arabia Saudita, la Bolivia ed il Venezuela. (V. F.)