Record di catastrofi naturali nel 2011

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Sono stati registrati oltre il doppio dei danni rispetto al 2010 e il 43% in più rispetto al precedente anno record, che è stato il 2005 con 265 miliardi di dollari. I danni crescono per l’aumento della vulnerabilità del territorio più che per i cambiamenti del clima

Un’impressionante serie di terremoti devastanti e di catastrofi causate da eventi meteorologici estremi, ha portato il 2011 a essere l’anno record dei disastri naturali, con danni causati che ammontano, a livello mondiale, a circa 380 miliardi di dollari. Queste sono le stime effettuate dalla Munich Re, la compagnia di riassicurazione tedesca che analizza annualmente i dati delle catastrofi naturali.

Nel 2011 sono stati registrati oltre il doppio dei danni rispetto al 2010 e il 43% in più rispetto al precedente anno record, che è stato il 2005 con 265 miliardi di dollari. A questo primato hanno contribuito in modo fondamentale due terribili terremoti: quello della Nuova Zelanda del 22 febbraio 2011 (magnitudo 6,3 della scala Richter) e quello del Giappone dell’11 marzo (magnitudo 9,0 della scala Richter), mentre i disastri legati agli eventi meteorologici estremi hanno prodotto nel 2011 minori danni rispetto ai cinque anni precedenti, grazie soprattutto a un numero molto ridotto di uragani atlantici.

820 sono state invece le catastrofi naturali più rilevanti, con circa 27mila vittime, il 90% delle quali causate da eventi meteorologici estremi (frane, alluvioni, inondazioni, tempeste, cicloni tropicali, ecc.) ed il restante 10% da eventi geofisici (terremoti, tsunami, eruzioni vulcaniche). Sono escluse da questo conteggio le catastrofi causate da conflitti armati e le catastrofi umanitarie, come quelle che hanno colpito il corno d’Africa tra la fine del 2010 ed il settembre 2011, dove un numero imprecisato di persone è morto per fame, malattie e stenti.

Nonostante il maggior numero di catastrofi causate dagli eventi meteorologici estremi, la maggior parte dei danni economici (61%) e delle perdite di vite umane (62%) sono stati, invece, causati dai terremoti. Il resto dei danni è dovuto, invece, alle inondazioni in Thailandia (agosto-novembre), alle alluvioni in Pakistan (agosto-settembre) ai tornado negli Usa (22-28 aprile 2011) e a tutte le alluvioni che si sono abbattute su tutta l’area del Mediterraneo, e che hanno coinvolto anche l’Italia, nel periodo 4-9 novembre 2011. Se si analizzano le elaborazioni su base geografica, si nota che i maggiori danni economici si sono verificati in America (35%) ed in Asia (29%), mentre il maggior numero di morti si è avuto in Asia (ben 85%).

Il numero e la frequenza dei terremoti e degli altri fenomeni geofisici, pur con alcune oscillazioni, sembra mantenersi quasi costante sul lungo periodo, mentre gli eventi meteorologici estremi sono, viceversa, in aumento. Triplicato dal 1980 al 2010 il numero delle alluvioni e inondazioni gravi è triplicato, quasi raddoppiato invece quello delle tempeste violente (tifoni, uragani, cicloni tropicali). Sembrerebbe, quindi, plausibile affermare che l’aumento dei danni che si sta manifestando come tendenza di lungo periodo, possa essere collegato ai cambiamenti climatici e in particolare all’aumento del numero e dell’intensità degli eventi meteorologici estremi. Ma in realtà non è proprio così.

Uno studio sui danni delle catastrofi naturali effettuato da Fabian Barthel ed Eric Neumayer della «London School of Economics», dopo aver «normalizzato» i disastri per tipologia e per area geografica, ha evidenziato, come d’altra parte c’era da aspettarsi, che, a parità di evento catastrofico, i danni su una determinata area sono tanto maggiori quanto maggiori sono il numero delle infrastrutture, il loro valore economico, ma anche la densità della popolazione, ma soprattutto quanto minori sono le misure di prevenzione messe in atto. In altre parole i danni e i morti sono in aumento perché aumenta la vulnerabilità ambientale e territoriale delle aree geografiche più esposte agli eventi meteorologici estremi o, più in generale, alle diverse catastrofi naturali.

L’aumento della vulnerabilità ambientale e territoriale è legato all’antropizzazione ed è causato, da un lato dall’eccessiva urbanizzazione e dalla crescita della popolazione su certi territori e, dall’altro, da inadatte modalità di sviluppo socio economico, delle infrastrutture e degli insediamenti umani.

«L’uso sostenibile del territorio e la prevenzione dei disastri naturali e antropici, costituiscono il fondamento per un mondo più sicuro –  ha detto Ban Ki-moon – e rappresentano una delle 5 priorità che ho posto per il mio secondo mandato quinquennale, che inizia quest’anno, come Segretario Generale delle Nazioni Unite».

(Fonte Caterina Vinci, Enea-Eai)