CrossFit, e ti misuri con te stesso

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foto RXD Photography
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Si basa su varietà degli esercizi e alta intensità durante l’esecuzione degli stessi, creando un binomio inscindibile tra movimenti funzionali di corpo libero e sollevamento pesi. E poi bisogna saper nuotare, correre, inerpicarsi sulle funi, mantenersi in equilibrio a testa in giù. Il CrossFit è una grande Community, una famiglia in cui nessuno è tuo nemico, a parte i tuoi stessi limiti»

Al di là dei pregiudizi più comuni che possono riguardare le nuove tendenze in fatto di sport e di benessere psicofisico, cerchiamo di conoscere meglio gli aspetti meno noti di una nuova disciplina sportiva che sta vivendo, ora anche in Italia, il suo momento di massimo splendore, il CrossFit.
Uno sport, in realtà, solo apparentemente «nuovo»: le sue origini, difatti, risalgono agli anni Settanta, sebbene abbia iniziato a richiamare l’attenzione del pubblico soltanto verso la seconda metà degli anni Novanta, quando Glassman fondò la propria palestra a Santa Cruz in California nel 1995. E già nel 2012 si contavano 4.000 box affiliati «CrossFit», in oltre 71 paesi del globo.
Una disciplina particolare, sfaccettata e sicuramente completa che prevede un duro «allenamento del giorno»: il «Wod», il cui programma subisce modifiche quotidianamente.
Il CrossFit si basa su varietà degli esercizi e alta intensità durante l’esecuzione degli stessi, creando un binomio inscindibile tra movimenti funzionali di corpo libero e sollevamento pesi. E poi bisogna saper nuotare, correre, inerpicarsi sulle funi, mantenersi in equilibrio a testa in giù. Uno sport per tutti, dicono. Certo non adatto ai pigri.
Atleti di tutto il mondo si recano ogni anno a Los Angeles per partecipare ai «CrossFit Games» dal 2007. Abbiamo chiesto al barese Giorgio Garofalo, campione 26enne di lotta grecoromana che ha vissuto senza traumi il passaggio al CrossFit, di parlarcene da esperto e seguace.

CrossFit-Garofalo-RHD-PhotographyIl CrossFit è un programma molto variegato di rafforzamento e condizionamento fisico ideato per preparare la persona ad affrontare praticamente qualsiasi sfida fisica. Quanto conta, invece, il fattore mentale in questo sport?
«Parecchio. Il CrossFit insegna la costanza nella disciplina. All’atleta non viene richiesto di eccellere per forza in ognuna delle componenti del Wod, ma di sforzarsi di rendere il più omogenea possibile l’esecuzione dello stesso. Il campione di CrossFit non ha dei picchi, ma mantiene una costanza nella disciplina. Deve saper fare un po’ tutto ed essere contemporaneamente forte, resistente e veloce».

Si dice che sia una disciplina che condiziona lo stile di vita di chi la pratica. Perché?
«Dipende molto da come la pratichi. Se lo fai a livello amatoriale, non più di tanto. Se, invece, diventi un professionista, certo che sì. L’atleta deve necessariamente cambiare le proprie abitudini quotidiane: necessita di riposo e non solo notturno, ma anche settimanale, ossia di due giornate di Rest, in cui il corpo si riposa quasi totalmente. È la fase dedicata al recupero, all’allungamento muscolare e al defaticamento».

Parliamo adesso di abitudini alimentari. Per fare del buon CrossFit serve fare il pieno di proteine?
«Non solo di proteine, ma anche di carboidrati che tentiamo di recuperare il più possibile dalla frutta, alimento sulla cui varietà non creiamo restrizioni. Io, ad esempio, mangio a pranzo 100 gr di riso in bianco, al posto della pasta, come secondo del tonno, o della fesa di tacchino, o bresaola ed infine frutta. Poi, ovviamente, esiste il Cheat Day, ossia il giorno in cui ti concedi il classico “sgarro” alimentare».

Il successo che sta investendo ultimamente il CrossFit secondo te è destinato a durare?
«Il successo sì, non so se si potrà dire lo stesso, invece, di tutti i box di CrossFit che stanno spuntando come funghi in tutta Italia. Ora ci sono più box che atleti. È diventato un business, fiutato da chi vuole fare affari, ma poi subentrerà la logica della saturazione anche in questo settore. Per essere box affiliati bisogna pagare la certificazione alla Reebok ogni anno, poi raggiungere almeno il Level 1 di qualifica basica per abilitarsi all’insegnamento. E poi crescere ancora».

Il CrossFit, secondo te, ha i requisiti necessari per diventare uno sport olimpico?
«Bella domanda. Non so, credo di sì a livello di requisiti. E sicuramente sì, invece, a livello di presa sul pubblico. È uno sport che raccoglie un ampio bacino d’utenza, perché è una disciplina individuale che funziona, però, come una squadra. Vince il fair play, perché in realtà tu stai sfidando prima di tutto te stesso, poi l’avversario. Sta solo a te evitare di non beccarti un No Rep dall’arbitro durante l’esecuzione dell’esercizio, una frase che sancisce il tuo errore. Il CrossFit è una grande Community, una famiglia in cui nessuno è tuo nemico, a parte i tuoi stessi limiti».