Fermare l’attività venatoria in Italia

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caccia foto di Massimo Marracci
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I dati meteoclimatici indicano che il 2017 è stato caratterizzato, già a partire dagli inizi dell’anno, da una situazione meteorologica decisamente critica, caratterizzata da temperature massime assai elevate e prolungati periodi di siccità, che ha determinato in tutta Italia una situazione accentuata di stress in molti ecosistemi

È stata inviata dall’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra) una nota nota informativa a tutte le regioni italiane, e per conoscenza al ministero dell’Ambiente e al ministero delle Politiche agricole, secondo la quale, a causa degli eventi climatici che hanno colpito il nostro Paese, particolarmente avversi per la fauna, si ritiene che, seguendo il principio di precauzione e in occasione della prossima apertura della stagione venatoria, vadano assunti provvedimenti cautelativi atti ad evitare che popolazioni in condizioni di particolare vulnerabilità possano subire danni, in particolare nei territori interessati da incendi e condizioni climatiche estreme.
L’Istituto assicurando un costante monitoraggio delle variabili meteoclimatiche e idrologiche, anche nell’ambito della collaborazione con gli Osservatori distrettuali permanenti sull’uso delle risorse idriche presenti nei sette distretti idrografici del nostro Paese, pubblica i dati raccolti in bollettini periodici che vengono utilizzati per elaborare ed aggiornare gli Standardized Precipitation Index per l’Italia, pubblicati mensilmente nel sito Ispra.
I dati meteoclimatici indicano che il 2017 è stato caratterizzato, già a partire dagli inizi dell’anno, da una situazione meteorologica decisamente critica, caratterizzata da temperature massime assai elevate e prolungati periodi di siccità, che ha determinato in tutta Italia una situazione accentuata di stress in molti ecosistemi. Tale situazione, anche aggravata da una drammatica espansione sia del numero degli incendi sia della superficie percorsa dal fuoco (+260% rispetto alla media del decennio precedente; dati Effis, European forest fire information system) in diversi contesti del Paese, comporta una condizione di rischio per la conservazione della fauna in ampi settori del territorio nazionale e rischia di avere, nel breve e nel medio periodo, effetti negativi sulla dinamica di popolazione di molte specie.
Infatti, si legge nella nota, il perdurare di condizioni climatiche estreme, soprattutto nel caso di specie che nel nostro Paese raggiungono il limite meridionale del proprio areale, determina un peggioramento delle condizioni fisiche degli individui rispetto a quanto si registra in annate caratterizzate da valori nella norma dei parametri climatici poiché risulta necessario un maggior dispendio energetico per raggiungere le fonti idriche, che si presentano ridotte e fortemente disperse. Ciò può condizionare negativamente il successo riproduttivo ed aumentare la mortalità degli individui giovani e adulti, a causa di una maggior vulnerabilità a malattie e predazione.
Una condizione questa alla quale va ad aggiungersi un impoverimento quali-quantitativo dell’offerta trofica, determinato dal perdurare di condizioni climatiche siccitose.
Una situazione che ha portato l’Ispra a diramare la nota informativa nella quale, richiamando quanto previsto dalla legge n. 157/92, art. 19, comma 1, si consiglia di adottare misure cautelative che vanno dal sospendere l’autorizzazione a svolgere l’attività di addestramento ed allenamento dei cani da caccia sino al venir meno delle attuali condizioni climatiche e al ripristino delle condizioni ambientali, incluse quelle vegetazionali, al divieto di caccia da appostamento, che potrebbe determinare una concentrazione del prelievo in corrispondenza dei punti di abbeverata, dal posticipo, all’inizio di ottobre, dell’apertura della stagione venatoria agli anatidi e agli altri uccelli di palude all’introduzione di eventuali misure atte a limitare il prelievo sulle popolazioni delle specie non migratrici e all’emanazione infine di adeguati provvedimenti affinché il divieto di caccia nelle aree forestali incendiate sia esteso almeno per due anni a tutte le aree percorse dal fuoco (cespuglieti, praterie naturali e seminaturali, ecc.), nonché ad una fascia contigua alle aree medesime.
Una situazione drammatica sottolineata anche dalle associazioni ambientaliste Enpa, Italia Nostra, Lac, Lav, Lipu e Mountain Wilderness che hanno scritto, lo scorso 10 agosto, al Presidente del Consiglio nonché ai ministri dell’Ambiente, dell’Agricoltura e dell’Interno, chiedendo un loro rapido intervento al fine di annullare la stagione venatoria 2017/2018 e definendo tale importante scelta quale un indispensabile atto di responsabilità.
Una richiesta che però ad oggi non ha ancora ricevuto alcuna risposta…