Ripresa sì ma di cosa?

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Riprendere non sia riavviare il motore in panne già posseduto, ma avviare la conquistata capacità di silenzio e di solitudine nella solidarietà che diventa coro di voci in armonia, non gridate caotiche a soppressione dei suoni spontanei che agognano la libertà

Riprendere è l’attesa e la generale speranza. Eravamo forse contenti di tutto e in tutto? Credo che ciascuno già prima si aspettasse il cambiamento. Per esempio nella conduzione della politica, nei suoi ideali, nei progetti di società più giusta, nel rispetto del territorio, nella purificazione dell’aria, nel rispetto dell’acqua, nel riciclaggio dell’usato; e ancora: nella scuola, come operatrice di promozione, nel governo dell’inclusione degli emarginati, nelle relazioni fondate sulla dignità per il dominio contro le violenze, nella giustizia più equa e veloce.

Tuttavia la gestione dell’emergenza drammatica sta mettendo in luce operazioni di sottofondo miranti a nuove sopraffazioni: vedi nella politica tra partiti avversi a confondere a bella posta liberazione e tirannide; vedi nella religione come vanto di ortodossia accusatoria dell’Ortodossia, religione che si affanna nell’accusa mentre avrebbe di che chiedere perdono per sé e per le vicende inumane del mondo, che approfitta della pasqua per suonare a morto campane di accuse contro l’Uomo Bianco solo e orante, implorante la pace e la misericordia!

Riprendere non significa mischiare ma un innovato «prendere». E che cosa? Non l’acchiappare a man bassa, non primeggiare per sopraffare ma… ecco: disporsi al cambiamento, essere capaci di attendere, prendere coraggio di reinterpretare, fondare canali di relazione per ammirare il capolavoro che è nascosto in ogni essere, trasformare il giudizio in osservazione, curare il gruppo-classe come società di figli amabili, rispettabili per incuriosirli, motivarli, poggiarli sulla speranza e non sulla caccia all’errore o sull’imprecisione misurata, piuttosto sulla scoperta del punto di leva per sollevare il fantastico e sorprendente anelito al bene e al meglio.

Riprendere non sia riavviare il motore in panne già posseduto, ma avviare la conquistata capacità di silenzio e di solitudine nella solidarietà che diventa coro di voci in armonia, non gridate caotiche a soppressione dei suoni spontanei che agognano la libertà. Ora comincia il lavoro, quello dentro di noi, per l’amicizia che sia fondata su «comunanza di idee e discorsi»: pensiero e dialogo (ancora una volta vale la pena rispolverare Aristotele!).

 

Francesco Sofia