Xylella, l’alternativa ai fitofarmaci c’è. È polemica

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Scortichini Nardone
A sinistra Marco Scortichini e a destra Gianluca Nardone
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Scortichini risponde a Nardone

La polemica su come intervenire contro l’avanzare della Xylella si infiamma dopo la nostra intervista a Gianluca Nardone, responsabile del Dipartimento Agricoltura della Regione Puglia. Marco Scortichini puntualizza. Il metodo Scortichini è scientifico ed è accettato dalla comunità scientifica. Il caolino si può utilizzare e non necessita di autorizzazioni

L’attenzione sulla diffusione della Xylella in Puglia è forte fra gli operatori del settore e i ricercatori, la prova è che a poche ore dalla pubblicazione dell’intervista a Gianluca Nardone, responsabile del Dipartimento Agricoltura, sviluppo rurale ed ambientale della Regione Puglia, siamo stati sommersi dai commenti. Alle affermazioni fatte da Nardone ha volentieri replicato Marco Scortichini (Council for Agricultural Research and Economics, Crea, Research Centre for Olive). Scortichini è un ricercatore impegnato nel trovare un’alternativa sostenibile nel combattere l’epidemia che sta decimando gli ulivi. Ce ne siamo occupati tempo addietro insieme a tanti altri approfondimenti facilmente reperibili nel nostro sito con l’aiuto del motore di ricerca.

L’impiego di fitofarmaci, l’alternativa offerta dalle ricerche e le domande che vengono dal mondo del biologico sono i punti cruciali a cui si cerca di rispondere. Su questi temi netta è stata la posizione del responsabile del dipartimento Agricoltura della regione Puglia e per questo abbiamo chiesto chiarimenti a Marco Scortichini.

 

Il dott. Nardone afferma che il protocollo da lei proposto non è condiviso dalla comunità scientifica. È vero?

La comunità scientifica è costituita sia dai ricercatori sia dai revisori che controllano i lavori prodotti dai ricercatori quando presentati alle riviste. Infatti, ogni singolo lavoro, per essere pubblicato, deve essere valutato da validi esperti del settore. I nostri 9 studi sul contenimento di Xylella fastidiosa negli oliveti pugliesi hanno passato il vaglio dei revisori ed editori di riviste scientifiche internazionali del settore della patologia e fisiologia vegetale. Se la comunità scientifica internazionale e nazionale non fosse stata d’accordo non avremmo potuto pubblicare ben 9 lavori sull’argomento. Si fa rilevare, al contrario, che la pratica dell’innesto, proposta e finanziata quale soluzione di contenimento verso Xylella negli olivi monumentali, non è suffragata da alcuna evidenza sperimentale e scientifica pubblicata.

Mi risulta che i vostri studi siano stati intrapresi anche in collaborazione con altre istituzioni di ricerca nazionali ed estere?

È bene sottolineare che si tratta di approfonditi studi interdisciplinari condotti insieme ad istituzioni scientifiche nazionali, come l’Università del Salento, oltreché con colleghi californiani esperti di Xylella fastidiosa nonché con agronomi e tecnici del territorio pugliese. È proprio dai risultati convergenti e provenienti da diversi ambiti scientifici che è stato possibile verificare l’efficacia delle azioni proposte. Ad esempio, il primo lavoro del 2018 porta la firma di ben 21 autori.

Come si spiega, allora, questa reiterata indifferenza verso la cura?

Purtroppo, in Puglia, fin da subito è stato diffuso a tutti i livelli, con capillare e ripetuto accanimento, il dogma «Xylella non si cura». Il messaggio recepito da agricoltori, tecnici, politici e media locali e nazionali ha prodotto un abbandono degli oliveti da parte degli agricoltori e denigrazione verso tutti coloro che, in questi anni, si sono adoperati per cercare di convivere con il patogeno con tecniche di contenimento. Si è trattato di un vero e proprio negazionismo delle cure che ha provocato un corto circuito totale sull’argomento cure.

L’utilizzo del caolino ha bisogno di autorizzazione per essere impiegato nei confronti della Sputacchina?

Il caolino è un presidio inerte utilizzabile in molte coltivazioni biologiche, incluso l’olivo e non necessita di autorizzazione.

Proprio ieri sui giornali è stato pubblicato un articolo dove si dice che il Salento «ritornerà verde tra 50 anni» e che solo 1.500 ettari riceveranno i sussidi per i reimpianti. Che ne pensa?

Questo è risultato del combinato tra abbandono degli oliveti e inadeguatezza degli strumenti attualmente a disposizione per fronteggiare l’epidemia. Dopo 8 anni dall’ufficializzazione della malattia e decine di milioni spesi, è molto poco. Se si fossero sostenute tutte le azioni di controllo e cura del batterio, come si fa in tutte la parti del mondo in casi di emergenze fitosanitarie, probabilmente avremmo potuto salvare molti ettari di territorio olivicolo.

È vero che Slow Food ha costituito delle comunità di agricoltori resilienti nei confronti di Xylella fastidiosa?

Esatto. Sono state costituite due comunità di agricoltori pugliesi che si stanno adoperando per proteggere il patrimonio olivicolo tradizionale salentino con protocolli di difesa verso Xylella ecosostenibili. Questi esempi testimoniano la validità e la possibilità di convivere con il batterio, al di là di quanto si afferma.

 

Ignazio Lippolis