Stromboli, segnali precursori nelle eruzioni parossistiche

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Il fianco sud-occidentale di Stromboli interessato dagli incendi innescati dai prodotti caldi emessi durante il parossismo del 3 luglio. In basso sono visibili le abitazioni più alte dell’abitato di Ginostra, anch’esse in parte lambite dalle fiamme. Foto E. Del Bello.
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Nelle eruzioni parossistiche del 2019 identificati possibili segnali precursori. Analizzando una straordinaria quantità di dati multiparametrici, i ricercatori dell’Ingv hanno identificato possibili segnali precursori dei parossismi esplosivi dell’estate 2019 fino a circa un mese prima dell’evento

Attraverso l’analisi approfondita dei dati delle eruzioni parossistiche del 2019, i ricercatori hanno radicato l’ipotesi che i parossismi del vulcano Stromboli manifestino una fase di «agitazione» che può originarsi fino a qualche settimana prima dell’evento e che determina una perturbazione del sistema magmatico. Queste le conclusioni cui sono giunti gli scienziati dell’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia (Ingv) nello studio «Uncoveringthe eruptive patterns of the 2019 double paroxysm eruption crisis of Stromboli volcano» appena pubblicato sulla rivista «Nature Communications».

Partendo dal presupposto che nel 2019 il vulcano Stromboli ha vissuto una delle crisi eruttive più violente degli ultimi cento anni, lo studio (frutto della collaborazione multidisciplinare dei ricercatori dell’Ingv delle Sezioni di Roma 1, di Pisa e dell’Osservatorio Etneo di Catania) ha approfondito i diversi aspetti dell’attività eruttiva dello Stromboli, con l’obiettivo di comprendere la dinamica dei parossismi e individuare i potenziali segnali precursori.

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Sequenza di immagini della telecamera termica dal parossismo del 3 luglio (SPT).

«Abbiamo analizzato, innanzitutto, i dati dei depositi generati dai due parossismi del 2019 grazie ai rilievi eseguiti sul terreno — commenta Daniele Andronico, vulcanologo dell’Ingv e primo autore della ricerca —. Lo studio si è incentrato sulla dispersione dei prodotti vulcanici e sulle loro caratteristiche tessiturali e chimiche. Attraverso simulazioni numeriche, abbiamo poi modellizzato la dispersione dei prodotti esplosivi e stimato i tempi di caduta in alcune zone critiche dell’isola, come, ad esempio, il molo di attracco dei traghetti e la pista per gli elicotteri, giacché particolarmente frequentate durante il periodo estivo».

«L’analisi integrata dei dati di videosorveglianza ha permesso di ricavare i parametri fisici dei due parossismi, quali l’estensione e la velocità di propagazione della nube eruttiva, nonché di descriverne le dinamiche eruttive in dettaglio — spiega Elisabetta Del Bello, vulcanologa dell’Ingv e autrice della ricerca —. Attraverso le immagini delle telecamere della videosorveglianza, inoltre, sono state parametrizzate le condizioni pre-eruttive, rivelando che l’intensità e la frequenza della normale attività esplosiva a Stromboli hanno subito una repentina variazione circa un mese prima del primo parossismo, in coincidenza con la variazione dei parametri geochimici e geofisici rilevati a partire dallo stesso periodo. Tale osservazione indica che la “perturbazione” del sistema magmatico che è poi culminata nelle manifestazioni esplosive di luglio-agosto 2019, è iniziata settimane prima degli eventi parossistici», conclude Elisabetta Del Bello.

«Anche in occasione degli eventi parossistici del 2003 e del 2007 si sono registrati, prima dell’accadimento degli eventi stessi, simili periodi di perturbazione nell’attività ordinaria e di anomalie dei segnali geochimici e geofisici, aprendo quindi interessanti scenari per l’identificazione di precursori comuni a tutti i parossismi di Stromboli — afferma ancora Daniele Andronico —. Riteniamo che attraverso lo sviluppo di nuovi sistemi di osservazione e di monitoraggio dell’attività eruttiva dello Stromboli si possa anche arrivare a offrire informazioni necessarie per la pianificazione territoriale e la gestione della popolazione in caso di crisi, in particolare durante il periodo di alta stagione turistica».

«La ricerca — riferisce Piergiorgio Scarlato, vulcanologo dell’Ingv — è stata finanziata dal Mur nell’ambito del programma di finanziamento di progetti di rilevante interesse Nazionale Prin 2017, e nell’ambito del progetto strategico dipartimentale dell’Ingv “Uno”, aventi come oggetto l’attività eruttiva del vulcano Stromboli».

La ricerca ha una valenza essenzialmente scientifica ed è priva al momento di immediate implicazioni in merito agli aspetti di protezione civile.

 

(Fonte Ingv)