Siccità, Prato lancia la sfida del riuso idrico

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Ma aspetta i pareri di legge da tre anni…

Si potrebbero già utilizzare 10 milioni di metri cubi di acqua per industria, agricoltura, pulizia. Ma ci si scontra con ritardi governativi: entro il giugno 2023 l’Italia dovrebbe recepire il regolamento europeo «Regolamento recante prescrizioni minime per il riutilizzo dell’acqua». Alla stesura del regolamento europeo del riuso idrico contribuì anche la città di Prato, tra 2017 e 2018, la Partnership of the EU Urban Agenda on Circular Economy

La città di Prato, terza città dell’Italia centrale con i suoi 200.000 abitanti, che con le sue circa 3.000 imprese tessili è tuttora il più grande polo tessile d’Italia e d’Europa, fedele alla tradizione del riuso che caratterizza la sua produzione tessile, recentemente selezionata tra le 100 città intelligenti europee che sperimenteranno la carbon neutrality entro il 2030, è in questi giorni al centro dell’attenzione per una delle sue buone pratiche: il riuso idrico. La raccolta e depurazione degli scarichi civili e industriali e il suo riuso sono infatti possibili a Prato grazie alla società pubblico privata Gida società nata nel 1981 e partecipata al 46,92% dal Comune di Prato, insieme a Confindustria Toscana Nord (45,08%) e Consiag (8%).

Ogni anno Gida raccoglie (sia da scarichi civili sia industriali) fino a 35 Mmc (milioni di metri cubi) di acque reflue che vengono depurate. Dopo la depurazione, gli impianti di affinamento ne trattato ulteriormente 3,5 Mmc per il fabbisogno delle industrie del distretto tessile, al quale vengono redistribuiti tramite una rete idrica industriale, che misura oltre 75 chilometri e che rifornisce di acqua riciclata adeguatamente depurata e affinata oltre 300 aziende di Prato, di cui circa 70 per il processo industriale e le altre per gli impianti antincendio.

Ma gli impianti di affinamento di Gida spa, che ad oggi trattano solo 3,5 Mmc ovvero la quantità richiesta dalle industrie, potrebbero trattare e redistribuire fino a 10 Mmc se la normativa consentisse poi di riusare quest’acqua anche a scopo irriguo (alimentare o non alimentare) o anche per attività come la pulizia strade. Ad esempio, Gida aveva un’autorizzazione per l’uso irriguo per il verde pubblico: tre anni fa è stata sospesa in attesa di un parere in merito del ministero per l’Ambiente, che ancora non è arrivato. Attualmente quindi, tutte le acque reflue depurate che non vengono affinate per essere distribuite alle industrie, vengono reimmesse nel reticolo idrico superficiale, tramite canali. Si confida anche che il recepimento da parte dell’Italia del regolamento Ue 2020/741 «Prescrizioni minime per il riutilizzo dell’acqua», possa modificare l’impostazione di fondo della gestione delle acque depurate e consentire con più facilità il riuso.

Entro giugno 2023 dovrebbe venire recepito il regolamento Ue 2020/741 «Prescrizioni minime per il riutilizzo dell’acqua», ma alla Legge di recepimento l’Italia sta ancora lavorando. È significativo che alla redazione del regolamento europeo ha contribuito la città di Prato, dentro la Partnership of the EU Urban Agenda on Circular Economy, perché Prato, grazie a Gida, è all’avanguardia nel riuso idrico. Il contesto della siccità di questi giorni obbliga infatti ad interrogarci non solo sui cambiamenti climatici e la scarsità di piogge ma anche sulla capacità di depurare e riusare le acque. Oggi infatti, dai dati in possesso di Arera, solo il 4% delle acque reflue depurate viene riusato; per l’uso agricolo ad esempio, secondo uno studio di Ref ricerche, si potrebbero riutilizzare circa 5 miliardi di metri cubi di acqua depurata l’anno e si potrebbe coprire il fabbisogno di circa il 45% della domanda irrigua nel nostro Paese.

Se Gida ha acquisito un ruolo determinante nel recupero ai fini del riutilizzo delle acque reflue è perché la Città di Prato ha investito sull’economia circolare molto in anticipo sui tempi, oltre 40 anni fa, creando un’alternativa all’approvvigionamento di acqua di falda per gli usi industriali. Infatti il tessile è anche fortemente idrovoro il quarto «tra i settori che utilizzano più materie prime e acqua dopo il settore alimentare, l’edilizia abitativa e i trasporti». Ciò ha garantito nel tempo un equilibrio fra le esigenze dell’industria tessile pratese e i bisogni del territorio. Il recupero, la depurazione, l’affinamento e la redistribuzione delle acque usate potrà permettere di affrontare tempestivamente la carenza idrica, evitando di dover drammaticamente scegliere, in un prossimo futuro, fra consumi civili e industriali.

Oggi Gida gestisce gli impianti di depurazione a servizio dei comuni di Prato, Vaiano, Vernio e Cantagallo, l’impianto di trattamento liquami di Calice e la rete dell’acquedotto industriale. L’azienda è preparata ad accogliere le nuove sfide dell’economia circolare attraverso ricerca e applicazione di tecnologie innovative e a basso consumo energetico, sviluppo del riciclo delle acque usate mediante l’acquedotto industriale, potenziamento della piattaforma di smaltimento di rifiuti liquidi, recupero del potenziale energetico dei fanghi di risulta della depurazione, collaborazione alla realizzazione della fognatura separata per le acque di scarico industriali, ultimo tassello necessario a chiudere questa parte del ciclo di recupero delle acque.

Come spiega il Presidente di Gida, Alessandro Brogi: «Gida ricicla circa 3,5 milioni di metri cubi di acqua che ogni anno distribuisce principalmente alle aziende del distretto tramite l’acquedotto industriale di Prato. Una infrastruttura unica nel suo genere in Europa, che negli ultimi decenni, assieme all’impianto di riciclo delle acque, è stata determinante per preservare la falda idrica del territorio pratese e per garantire l’approvvigionamento idrico per uso produttivo delle aziende anche nei momenti di forte siccità o carenza d’acqua. Ad oggi, purtroppo, l’azienda sfrutta appena un terzo delle sue potenzialità di produzione e distribuzione di acqua riciclata: Gida sarebbe in grado di riciclare e distribuire fino a 10 milioni di metri cubi d’acqua all’anno, ma dobbiamo scontrarci con due diversi ordini di difficoltà. I primi scogli da superare sono di natura culturale: sono ancora pochi coloro che si interessano, ad ogni livello, ai possibili impieghi dell’acqua riciclata e di conseguenza non c’è una grande richiesta di questa risorsa. È vero al tempo stesso che esiste anche un grave ritardo a livello autorizzativo, anche laddove ci siano stati dei tentativi di espandere i possibili utilizzi. Giusto per fare qualche esempio, l’acqua che noi ricicliamo potrebbe tranquillamente essere utilizzata per l’irrigazione del verde pubblico (irriguo non alimentare), ma siamo ancora in attesa di chiarimenti sulle autorizzazioni da parte della Regione Toscana e del Ministero. Ritardi che si sommano a veri e propri vuoti normativi sul tema e che non ci consentono di utilizzare l’acqua riciclata o di riuso per la pulizia delle strade, o per altri utilizzi domestici o agricoli di vario genere, che contribuirebbero a chiudere in maniera virtuosa il ciclo delle acque e a diminuire il consumo di acqua potabile».

 

(Fonte Ufficio Stampa, Trefoloni e Associati)