Energia, a Terlizzi una semplificazione che è un pasticcio

3500
allevamenti intensivi galline
Tempo di lettura: 2 minuti

֎Un impianto di biometano in una zona vocata per altro. Le norme a cui si riferisce l’impianto si applicano ad impianti che utilizzano, sì, fonti energetiche rinnovabili ma che poi producono energia elettrica e non metano֎

La corsa all’uso di fonti rinnovabili per la produzione di energia sta diventando una sciarada nella quale confondere tutto e tutti, procedure ed esigenze. È il caso dell’impianto per la produzione di biometano proposto dalla Sorgenia Bio Power nel territorio del Comune di Terlizzi che ha già acquisito l’autorizzazione unica finale della Regione Puglia. Il Comune di Terlizzi, però, non è convinto che quell’impianto (per la produzione di non più di 500 standard metri cubi/ora di metano liquefatto (bio GNL) da biomasse e pollina) debba essere realizzato proprio lì, in piena campagna ad ulivi e senza alcuna infrastruttura, tra i resti della via Traiana, ed ha impugnato al Tar Puglia, assistito dall’avvocato Beppe Macchione, l’autorizzazione regionale. La discussione sulla richiesta di provvedimento di sospensione cautelare del provvedimento regionale è fissata al 27 giugno prossimo.

L’uso improprio delle norme di semplificazione amministrativa

Il Comune sostiene, tra l’altro, che l’impianto confligge con la destinazione agricola e la tutela paesaggistica di quell’area e che il procedimento amministrativo che ha portato all’autorizzazione unica regionale sia viziato da una serie di «errori» di valutazione.

Su tutti il fatto che si siano utilizzate norme di «semplificazione» (tra cui la localizzazione in deroga al vigente strumento urbanistico) che si applicano ad impianti che utilizzano, sì, fonti energetiche rinnovabili ma che poi producono energia elettrica. Quest’impianto, invece, non produce energia elettrica da immettere nella rete elettrica nazionale ma solo il biocombustibile metano liquefatto, che potrà essere utilizzato per autotrazione, e CO2 anch’essa liquefatta per essere venduta.

Questo motivo di ricorso pare significativo perché evidenzia come dietro la «sostenibilità ambientale» e dietro la «transizione energetica», soprattutto in Puglia, si possano celare sempre più interessi finanziari che prevaricano le questioni ambientali; nel caso del biometano, peraltro, sono in ballo almeno 1,7 miliardi di euro di incentivi stanziati dal Pnrr.

Anzi, le questioni ambientali appaiono rinnegate con il consumo di suolo ed il detrimento paesaggistico e naturalistico. Certo, bisognerà attendere il responso dei giudici amministrativi pugliesi per capire se le doglianze prospettate dal Comune siano fondate o meno. Bisognerà anche attendere le mosse della Procura della Repubblica di Bari cui Legambiente Puglia ed altre associazioni si sono rivolte evidenziando come la capacità produttiva dell’impianto sarebbe più elevata di quella dichiarata. Nel frattempo, pare che in Parlamento ci si stia mobilitando per cercare una soluzione legislativa che consenta anche a questo tipo di impianti, che non producono energia elettrica, di usufruire delle «semplificazioni» amministrative previste per quelli che la producono. Tutto in nome della sostenibilità ma economico-finanziaria, non ambientale.

 

Fabio Modesti